L’amico Giacomo Bertella di Toscolano, valido collaboratore dell’Associazione Storico Archeologica della Riviera, mi ha segnalato che alcuni giornali hanno pubblicato, nell’ottobre 2008, la notizia del ritrovamento a Roma, dopo oltre 1800 anni, del monumento funerario dedicato al Generale Marco Nonio Macrino, vissuto nel II secolo d.C. in buona parte a Toscolano.
Poiché tale importante notizia mi era sfuggita, da internet ho attinto notizie più dettagliate sia del monumento funebre ritrovato che del personaggio al quale era dedicato.
Per noi gardesani è una notizia d’importanza storica e locale perchè Marco Nonio Macrino visse con la moglie Arria, anch’essa appartenente alla nobilissima famiglia dei Nonii-Arrii, nella splendida villa romana costruita a Toscolano nel 2° secolo d.C., i cui resti sono venuti alla luce il 1° febbraio 1967, durante i lavori di scavo per la posa della fognatura nei pressi della cartiera di Toscolano, Egli era anche proprietario del “Vicus Macrinus” dal quale prese il nome la frazione di Maclino.
I giornali si sono buttati a capofitto su questo ritrovamento e la notizia ha fatto il giro del mondo, solo perché il Generale Macrino sembra abbia ispirato il regista Ridley Scott per creare Massimo Decimo Meridio, cioè il “Gladiatore”, dell’omonimo film interpretato da Russel Crowe. Recentemente, però, Alfredo Valvo, docente di Storia Romana all’Università Cattolica, esclude che il monumento ritrovato sia quello dedicato al Gladiatore, ma quello del Console bresciano Marco Nonio Macrino, che non fu certo un gladiatore.
Ma non è di questo che intendo soffermarmi, ma bensì del modo in cui è stato ritrovato il monumento e del personaggio al quale è dedicato, che è strettamente legato alla storia di Toscolano e di Maderno.
Nello scorso mese di ottobre 2008. al chilometro ottavo della Via Flaminia a Roma, poco distante dal fiume Tevere, ora divenuta una zona di grande pregio, nel corso di scavi preventivi effettuati in previsione della costruzione di alcune palazzine, venne alla luce questo monumento funebre. Secondo i primi rilievi effettuati dall’archeologa Dott.ssa Daniela Rossi della Sovrintendenza speciale di Roma, pare che questa tomba, trovata a sette metri di profondità, sia stata edificata sopra uno strato di sedimenti limacciosi e sia crollata su sè stessa finendo interrata e sommersa dalle acque del Tevere e quindi al riparo dai saccheggi e dalle spoliazioni. Sono state ritrovate intere colonne, parti del timpano, fasci littori ricoperti dal fango del fiume che li ha “protetti” per tutto questo tempo. L’identificazione del titolare di questo lussuoso ed imponente mausoleo è stata piuttosto facile: una gigantesca iscrizione è stata ritrovata insieme alle altre parti marmoree che rivestivano il mausoleo, nella quale è indicato il nome di Marco Nonio Macrino.
Parliamo ora del personaggio al quale il figlio, alla fine del secondo secolo d.C., innalzò questo magnifico documento. Era un membro della Tribù Fabia, alla quale era stato assegnato il territorio bresciano e sposò Arria, appartenente alla stirpe degli Arrii. Entrambi abitarono nella villa di Toscolano. Fu uno degli uomini più ricchi della zona del lago di Garda ed apparteneva ad una nobile famiglia di Brescia, senatore, figlio e padre di senatori. Nato presumibilmente a Brescia tra il 115 ed il 120 d.C., fu Console sotto Antonino Pio nel 154, Proconsole d’Asia nel 179-171 sotto Marco Aurelio del quale fu intimo amico, dimorò anche in Efeso (ora Turchia), Sacerdote “Quindecimo” per la custodia e l’interpretazione dei Libri Sibillini e del DivoLucio Vero, luogotenente e compagno dell’Imperatore Marco Aurelio, Governatore consolare della Pannonia superiore ed inferiore, curatore delle acque del Tevere, luogotenente della XIV^ Legione Gemina, Pretore, Tribuno, Governatore in Asia, Questore, Tribuno della Legione XVI^ e Presidente di sezione del collegio giudicante di eredità e di tutela. Ebbe diversi figli, tra cui: Marco Nonio Arrio Cuciano e Marco Nonio Arrio Paolino Apro, entrambi Consoli sotto Settimio Severo. Morto Aurelio gli successe il figlio Comodo il quale, desideroso di liberarsi degli ingombranti amici del padre, esiliò in Africa Marco Nonio Macrino, dove, probabilmente, morì.
La superba villa romana di Toscolano era la dimora abituale dei Nonii i quali avrebbero attribuito il nome di Tusculanum (luogo di delizie campestri), arrivato a noi modificato in quello di Toscolano. Oltre la villa di Toscolano, questa famiglia possedeva proprietà in varie zone del bresciano e perfino nel trentino. A Maderno, invece, possedevano il “Vicus Macrinus” dal quale prese il nome la frazione di Maclino.
Poiché, come è stato sopra specificato, fra i vari incarichi ricoperti dal Gen.le Macrino, vi fu anche quello di “curatore alle acque del Tevere”, viene da pensare che il monumento funerario a lui dedicato non sia stato posto a caso nel luogo in cui è stato recentemente ritrovato.
Ad ulteriore conferma della presenza a Toscolano di questo personaggio, è bene ricordare che nel 1745 l’archeologo Scipione Maffei trovò nella primitiva parrocchiale di S.Andrea di Toscolano, dedicata più tardi a S.Domenico, che era sorta sulle rovine del tempio di Bacco nell’area della villa romana, una lapide che Marco Nonio Macrino dedicò alla salute recuperata della moglie Arria, la quale era soggetta a frequenti malori
Nel IV secolo d.C. la stirpe dei Nonii-Arrii si estinse e le loro ingenti proprietà passarono nel demanio prima dei Goti, poi dei Longobardi ed, infine, a quello dei Franchi.
04.03.2013 Andrea De Rossi
P.S.
Più che una tomba si tratta di un cenotafio, cioè di un monumento funerario che non contiene le spoglie del defunto Marco Nonio Macrino, ex nostro concittadino di 1800 anni fa. Dalle notizie giornalistiche sembrerebbe che tale monumento sia stato innalzato dal figlio alla fine del secondo secolo d.C.
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