LANDI ANGELO
(Salò 17.6.1879 – 16.12.1944)
Fin dalla fanciullezza il Landi fu un appassionato di disegno ed ebbe come primo maestro Carlo Banali. Il padre, contrario alla carriera d’artista del figlio, lo conduce a Venezia a 17 anni e lo iscrive all’Università, con il progetto di farne un diplomatico. Abbandona quasi subito gli studi e si rifugia a Milano con pochi quattrini. Riesce ugualmente a campare eseguendo decorazioni per un mercante di mobili e di letti metallici, sulle cui testiere dipinge composizioni floreali o vedute paesaggistiche. Nel frattempo frequenta i corsi serali a Brera.
Inizia la sua lunga carriera artistica con la partecipazione a numerose esposizioni. Nel 1901 si sposta per un breve periodo a Venezia dove frequenta lo studio di Augusto Cezanne. Diventa un apprezzato affreschista e nel 1903 inizia a lasciare le sue preziose tracce nella chiesa di Padenghe, nella Cappella del Cimitero di Tremosine, nel soffitto di una sala dell’Hotel Victoria di Salò, a Villa Simonini e sul soffitto del palazzo municipale di Salò ed in quello del salone delle feste dell’Hotel Savoy di Gardone. Continua intanto ad esporre i suoi lavori nelle varie mostre, nonché alla Biennale internazionale di Venezia. Ora parte delle sue centinaia d’opere sono custodite nella Galleria d’Arte Moderna di Roma, nelle quadrerie reali del Comune di Milano e nel Museo del Risorgimento di Roma.
Subito dopo la prima guerra mondiale ritorna sul Garda e si stabilisce a Gardone, riprendendo a lavorare con gran lena e partecipando anche a numerose esposizioni nazionali ed internazionali.
Il momento di maggior fama come affreschista giunse nel 1940, quando vinse il concorso nazionale per l’affresco della cupola del nuovo Santuario di Pompei. Lavoro importante e di grandi dimensioni, se si pensa che il Landi affrescò sulle due cupole del Santuario ben trecentoventisette figure.
L’ultimo suo lavoro, si dice incompleto a causa della morte che lo coglie all’improvviso, rimane l’affresco per la villa Bianchi di Maderno, ora Albergo Golfo, che raffigura la “Leggenda d’Engardina”, la mitica regina dai capelli azzurri rapita da Nettuno, che s’immerge col dio nel Benaco donando alle acque del lago lo splendore delle sue chiome.
Anche se quest’ultimo suo lavoro, eseguito nel 1942/43, lo avesse voluto completare, non sarebbe stato possibile perché dall’ottobre 1943 all’aprile 1945 lo stabile fu occupato ed adibito a sede del Partito Fascista repubblicano il cui capo fu Alessandro Pavolini.
Andrea De Rossi
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