lunedì 18 giugno 2018

QUADRI DEL CELESTI NELLA CHIESA DI TOSCOLANO



Nell’area dove un tempo si trovava il tempio di Bacco che era inserito nella villa romana, fu costruita la chiesa di S.Andrea, abbattuta quasi interamente nel ‘500, salvando solo la sacrestia. Il nuovo edificio che l’ha sostituita, il cui disegno di stile lombardo, fu suggerito da Carlo Borromeo, fu dedicato, invece, ai SS. Pietro e Paolo, patroni di Toscolano. La prima pietra fu posata il 16 marzo 1584 dal Vescovo di Brescia che concorse, anche personalmente, alla spesa. Frate Andrea da Toscolano afferma che l’architetto fu il maestro Bertoldo da Toscolano. Tre portali, uno più grande centrale e due laterali, introducono alle tre navate interne, sostenute da un elegante colonnato dorico con capitelli dorati, ed il pavimento è lastricato da grosse pietre romboidali di marmo veronese rosso e bianco. Ai lati della porta centrale si trovano due grosse colonne di marmo rosso, rabberciate, recuperate nel vicino campo della parrocchia dove sorgeva la villa romana, fasciate di bardiglio chiaro lavorato a panneggiamenti e festoni per mascherare alcune rotture. Sopra l’architrave c’è un complesso marmoreo di tre statue: al centro, in piedi, S.Pietro con le chiavi e, più in basso, due angeli seduti. All’interno della chiesa, numerose sono le opere di valore artistico: dipinti, intarsi e vetrate. Nel ‘600 operò a Toscolano il pittore veneziano Andrea Celesti rifugiatosi sul Garda intorno al 1688, pare, per aver pubblicamente dileggiato il doge Alvise Contarini. A Venezia, in Piazza S.Marco, nel giorno dell’Ascensione, era consuetudine che gli artisti esponessero le loro opere: quella del celesti, non se ne conosce il motivo, fu molto criticata dal Doge e allora il pittore per vendicarsi, espose un secondo quadro nel quale raffigurò il Serenissimo con delle sproporzionate orecchie d’asino dall’indubbio e chiaro significato. Conoscendo i tempi e gli uomini, dopo questo affronto, pensò bene di allontanarsi il più possibile dalla città lagunare per riparare a Toscolano, dove rimase confinato fino alla sua morte.

Scolaro del manierista Matteo Ponzone e poi di Sebastiano Mazzoni, preparatore dell’arte settecentesca, è assai noto per i pregevoli dipinti sparsi nelle case patrizie di Venezia, del veneto ed anche all’estero: basti citare le sue opere nel monastero di San Floriano presso Linz, eseguite dal 1697 al 1699 e male restaurate nell’Ottocento. Ancora lo troviamo nelle gallerie di Kassel, Nantes e Bordeaux, a Dresda e Postdam, oltre, naturalmente, in numerose chiese della riviera bresciana. Le facoltose famiglie Turazza, Delay e Sgraffignoli gli commissionarono le grandi pale del coro, quella dei Consolini il presbiterio, quella dei Colosio le lunette della navata centrale, mentre il comune si assunse la spesa della tela sopra in portale centrale riproducente la strage degli innocenti, capolavoro del Celesti che, purtroppo, ora ha la necessità di essere restaurata, com’è stato fatto, con ottimi risultati, alcuni anni fa per diverse altre tele dello stesso autore. L’iniziativa fu presa dall’Associazione Andrea Celesti, sorta per la valorizzazione delle opere dell’artista. Grazie all’aiuto economico di enti e privati, tale incarico fu affidato a G.Maria Caselli, che ha così restituito il primitivo splendore a queste opere d’arte. 

Il trittico che copre le pareti dell’abside, mirabile opera d’età matura dell’artista e che porta la data dl 1668, raffigura: 
  • · Sulla tela sinistra, la sfida di Simon Mago di fronte all’imperatore, tra i labari delle legioni e uno stendardo romano e, in posizione inferiore, due santi raccolti in preghiera; 
  • · Sulla tela centrale, la consegna delle chiavi, simbolo della potestà spirituale, a S.Pietro; 
  • · Sulla tela destra, il martirio di S.Pietrro e la decapitazione di S.Paolo. 
  • · Sopra gli archi della navata centrale sono inoltre illustrati dieci episodi della vita pubblica di Gesù. Fra questi, sul lato sinistro, si può osservare il dipinto riguardante la Resurrezione di Lazzaro. 
  • · Altre opere del Celesti, il cui mantenimento era affidato alla devozione e alla generosità di patrizi toscolanesi, adornano alcune cappelle: quella della Madonna del S. Rosario (in fondo alla navata destra) con una pala raffigurante 
  • · la Vergine che consegna il Rosario a S. Domenico e a S. Caterina, affidata ai Colosini; quella di S. Giuseppe (la prima della navata sinistra), con un pala raffigurante appunto S. Giuseppe in gloria ed, a sinistra in basso, S. Carlo Borromeo, S. Filippo Neri ed altri due Santi, affidata ai Fossati; 
  • · quella del S.Crocefisso (la seconda della navata sinistra), con una pala raffigurante la crocifissione con S. Rocco (S. Giuseppe d’Arimatea secondo C. Giunta), S. Maddalena e S. Giovanni Battista, affidata ai Delay; 
  • · quella di S. Cristoforo (la prima della navata destra), affidata ai Calcinardi, annovera in dipinto di scuola veneta riproducente S. Cristoforo e S. Antonio Abate; 
  • · quella della deposizione o della Santa Croce (in fondo alla navata sinistra), affidata ai Pilati, conserva un’opera del salmodiano Santo Cattaneo detto il “Santino”, che raffigura la deposizione; 
  • · quella della Madonna del Carmine (la seconda della navata destra) è arricchita da una pala d’autore ignoto, o di Pase Pace, secondo Antonietta Spalenza. 

Secondo Gaetano Panazza ed altri autori, nella sacrestia si troverebbe custodito un dipinto di Domenico Riccio detto “Brusasorci” (1516-1567), noto pittore veronese che subì l’influenza di Tiziano, del Giorgine e del Parmigianino, già pala di S. Domenico, proveniente dalla primitiva chiesa. E’ curioso notare che il soprannome di questo artista deriva dal fatto che il padre, maestro di intagli di legno, fu anche l’inventore della trappola per i topi. Donato Fossati, invece, attribuisce tale dipinto alla sorella del “Brusasorci”, anch’essa pittrice. Il legno, specialmente quello di noce, fu ampiamente usato ed arricchito d’intarsi e incisioni per costruire il coro (con 25 stalli e 13 statuette sul cornicione), diversi confessionali lungo le navate laterali, la maestosa cattedra vescovile del 1612 ed, infine, l’imponente pulpito rivolto verso i fedeli. 

Belle sono le vetrate policrome eseguite ai primi del ‘900 dalla vetreria Balmet di Grenoble, a partire da quella sul rosone centrale che rappresenta la glorificazione della Madonna assunta in cielo, e le due più piccole dove sono inserite le effigi di S. Pietro e S. Paolo, patroni di Toscolano. 

Sui lati del tempio e sull’abside ve ne sono altre che raccontano i momenti più significativi della vita di Cristo: la presentazione al tempio, il battesimo, l’amore per i fanciulli, l’ultima cena, la resurrezione e l’ascensione. 

Sulle pareti dell’abside, poco prima della grandiose tele del Celesti, ritornano le immagini dei Santi protettori: S. Paolo nel momento della sua conversione, accecato da Dio e caduto da cavallo e S. Pietro pescatore nell’incontro con Cristo. Poco oltre l’ingresso sono murate tre eleganti lapidi nere con scritte in oro, volute dalla municipalità per celebrare la grandezza d’illustri toscolanesi vissuti nei secoli XV e XVI: Don Cristoforo Pilati, cui si deve la costruzione della chiesa, Andrea Grazioli, medico e filosofo il cui impegno e sapere ebbero un grande successo nella lotta con un’epidemia di peste petecchiale a Desenzano nel 1567, ed, infine, Gabriele di Pietro, Paganino Paganini ed il figlio Alessandro, stampatori. 

Il campanile fu costruito successivamente, nel 1727, per volontà di Bortolo Candellini. La base quadrata è ornata da grosse pietre bianche squadrate ed alla sommità, sopra il vano delle campane, da una merlatura in pietra bianca. Nel 1733 furono poste le campane, fuse da Pietro Olmo da Como. Sulle pareti della base sono murate sei lapide romane, di cui una proveniente dalla scomparsa chiesa di S.Antonio. 

Per chi fosse interessato a conoscere meglio i vari particolari artistici di questa Chiesa e dei suoi preziosi dipinti, segnalo un recente interessantissimo opuscolo a cura di Antonietta Spalenza “La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo in Toscolano” edito nel 2000 dalla Fondazione Civiltà Bresciana e stampato dalla Tipografia Giovanelli di Toscolano. La Spalenza, che ha antiche radici toscolanesi, è artefice di una brillante tesi di laurea su quest’argomento.

mercoledì 13 giugno 2018

LA CHIESETTA DI SUPINA


     Foto estratta dalla copertina del libro "Santa Maria di Supina" di  Letizia  Erculiani  e Elena Rocca Galli


La chiesetta dedicata a Santa Maria di Supina si trova su una collina di ulivi e allori a pochi passi dal confine con il comune di Gargnano, sopra il campo di golf ed è di proprietà comunale.
 Da tempo era in stato d’abbandono e grazie all’interessamento dell’Associazione “Amici del Santuario di  Supina” fondata nel 1992, il comune ha provveduto ai lavori di restauro, compreso il rifacimento del tetto che si trovava in condizioni disastrose. L’inaugurazione di queste opere è avvenuta nel giugno 1997. La stessa Associazione ha effettuato ricerche storiche per conoscerne le origini e la sua lunga storia pubblicando il libro “Santa Maria di Supina” scritto da Letizia Erculiani e Elena Rocca Galli nel 2001. Da documenti conservati presso l’Archivio Vescovile di Brescia è confermata la notizia che G. Battista e Ippolito Sgraffignoli, proprietari di cartiere a Toscolano, furono dei generosi benefattori che nel 1590 finanziarono i lavori di abbellimento della chiesa. Ne fa fede l’iscrizione dei loro nomi posti vicino all’altare maggiore . L’interno è costituito da una sola navata , da un’abside e da due cappelle laterali, mentre il soffitto è composto da settantadue formelle lignee dipinte. Si può ammirare la statua in legno della Madonna che risale al XV secolo.
Ogni prima domenica di agosto, dopo la partecipazione alla S.Messa, i fedeli si ritrovano presso la vicina località “Palada” per festeggiare insieme. Nel tempio la Messa è celebrata la prima domenica di ogni mese, con l’esclusione di Novembre che slitta invece alla seconda domenica. La celebrazione della Messa avviene anche il lunedì dopo Pasqua, il 15 agosto, il 26 dicembre ed il 25 marzo. L’orario estivo (da aprile a settembre) è alle ore 16, alle 15 nei mesi invernali. La chiesa rimane aperta solo in occasione della celebrazione della Messa.
Si può giungere al Santuario sia da Gaino, sia da S. Giorgio e da Cecina seguendo le frecce poste sul percorso.


sabato 9 giugno 2018

TRAGICO EPISODIO A FINE GUERRA 1945

Da pochi giorni era terminata la guerra e subito si sono scatenate le prime violente ed efferate epurazioni politiche. Questo tragico episodio, che ha colpito anche il nostro comune, è avvenuto l'8 maggio 1945  e ce lo ricorda Don Emilio Verzelletti, ex Parroco di Toscolano nel suo opuscolo "Ricordi degli anni 1943-45 a Toscolano" edito nel 1964 dalla Linotipografia Squassina di Brescia. Nel capitolo "Corriere per S.Eufemia" così afferma: ".........ma Toscolano doveva portare il suo contributo per ingrossare i rivi di sangue umano versato in quei giorni. Non parlo degli automezzi fatti partire, portanti donne e bambini, che trovarono la morte verso Milano, parlo della mia gente, prelevata in pieno giorno e caricata su due corriere. Le corriere avevano come meta: S.Eufemia. La prima, denominata "Corriera della morte"faceva la sua ferale partenza l'8 maggio 1945, alle ore 18 (arrivo a S:Eufemia alle ore 21). I deportati più non tornarono, eccettuati due: Spidalieri Beniamino e Castellini Bortolo:
Ecco l'elenco:
1) Spidalieri Beniamino, da Messina; Bir el Gobi
2) Del Piano Amedeo, da Napoli, guardia scelta P.S.
3) Ferrari GiovanBattista, da Toscolano
4) Natalin Eugenio , Triestino, Brigadiere di P.S.
5) Righettini Silvio da Fasano, meccanico
6) Fantini Dott.Aldo, da Trieste, Segretario particolare di Bonino
7) Del Corona Mario, da Roma, Col, della Milizia
8) Tebaldi Rino da Bologna, guardia di P. S.
9) Castellini Bortolo da Gargnano: squadrista, capitano d'aviazione

La seconda corriera partì l'11 maggio 1945 (venerdì) alle ore 10,30 (arrivata a S.Eufemia alle 18): i deportati ebbero miglior fortuna e tornarono dopo aver trascoro le notti e i giorni nel locale "caldaia" delle scuole di S:Eufemia. Ecco il secondo elenco:
Ciscato Giovanbattista da Toscolano, Crescini Davide da Toscolano, Bugna Giuseppe da Maderno, Ceruti Giuseppe da Toscolano, Erculiani Antonio, Erculiani Filippo, Erculiani Giuseppe, Tondini Uccidelmo da Maderno, Ceriali Flaviano da Toscolano, Ferrari Beppino da Toscolano, Montresor e altri da Gargnano.
Pochi sapevano che a S.Eufemia si trovava il partigiano Tito e che Tito Tobagia era il nome di battaglia di Luigi Gatti, capo della 122^ Brigata Garibaldina che aveva operato nella zona della Val Trompia. Al termine della guerra il C.LN. e gli alleati ordinarono lo scioglimento delle unità partigiane. Alcuni gruppi non aderirono e, fra questi, ci saranno stati forse anche gli autori di questo triste episodio che rimarrà, per sempre, nella mente dei Tosco-Madernesi e non solo di quelli.


domenica 6 maggio 2018

RIPRISTINO VECCHIA LAPIDE A RICORDO DEL 1859


Recentemente l'amico Anselmo Sinibaldi,  pittore e appassionato storico, ha avuto l'iniziativa e la volontà di ripristinare personalmente la vecchia lapide murata sulla casa ex Arrighi sulla strada statale a Maderno che ricorda un importante avvenimento storico avvenuto nel 1859 che reca la seguente dicitura che era divenuta illeggibile:

IN QUESTA VIA IL 24 GIUGNO 1859 FRA L'ANSIA E L'ESULTANZA DEL POPOLO ACCLAMANTE NELLA FEDE DEI NUOVI DESTINI D'ITALIA ENTRAVA IN MADERNO IL 3° BATTAGLIONE DEL 16° REGGIMENTO ARALDO DI CIVILTA' PER LA RIVIERA ALL'IDEALE EDUCATA DA VENEZIA MADRE GLORIOSA.

Questa lapide fu collocata certamente molti anni dopo questo avvenimento dal Cav.Matteo Elena, allora proprietario dello stabile e dettata dall'Avv.Donato Fossati, illustre storico locale, per ricordare l'ingresso a Maderno nel 1859 del 16° Reggimento Fanteria che partecipò successivamente alla gloriosa battaglia di S.Martino e Solferino.
Lo storico Francesco Stampais, in un suo volumetto, ricorda che in realtà i soldai giunsero a Maderno il 18 Giugno, ma la data fu volontariamente posticipata di sei giorni per farla coincidere con quella della vittoria di S.Martino e Solferino. Si sa che i militari giunsero con musica e tamburi e, dopo la vittoriosa battaglia, gli stessi ritornarono a Maderno e vi rimasero sino alla fine di settembre. I soldati furono ospitati in case e cortili mentre gli Ufficiali trovarono sistemazione  presso le famiglie più altolocate.
Fu trovato anche un locale idoneo per la scuola di musica militare presso la casa del sig. Vincenzo Gaioni.
Ogni sera i trentasei tamburi della banda facevano il giro delle contrade, accolti con entusiasmo dalla popolazione.
Il Capitani piemontese Capello, appartenente al suddetto Reggimento, fu ospite della famiglia Brunati, ne sposò la figlia Marta e fu padre del Generale d'artiglieria Giuseppe Capello morto a Brescia nel 1929. S'imparentavano poi con la famiglia Bulgheroni.
Anche il sergente maggiore e capo tamburino Giuseppe Salvi, si fermò successivamente a Maderno dove si sposò e per diversi anni  fece l'istruttore a molti giovani amanti di questo strumento.




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domenica 29 aprile 2018

PRANZO OFFERTO DA G.ZANARDELLI AI POVERI


Era consuetudine che Giuseppe Zanardelli, allora primo ministro, offrisse ogni anno un pranzo ai poveri di Maderno nel suo giardino a lago. La foto è stata scattata intorno al 1900 e si vedono i ventiquattro ospiti intorno al tavolo

mercoledì 25 aprile 2018

RIAPERTURA CARATTERISTICA PASSERELLA SUL TORRENTE TOSCOLANO





                            La bellissima passerella dopo Luseti

  quando c'era la ringhiera in legno


quando era in cemento

Il  2 aprile 2018 è stata riaperta la passerella di Covoli in Valle delle cartiere che si congiunge alla valle delle Camerate ed alla frazione di Gaino il cui lavoro è stato cofinanziato dalla Regione Lombardia. Questa passerella fu costruita qualche secolo fa e fu più volte parzialmente danneggiata da frane  e altrettanto ripristinata (era chiusa da sei anni). Anticamente era costruita con pali di legno, poi sostituiti con quelli in cemento ed, infine, venne posta l’attuale ringhiera di ferro. Alla cerimonia della inaugurazione erano presenti il Sindaco, sig.ra Delia Castellini, gli Amministratori e numerosissima folla. Il giorno precedente fu perfino visitata anche da Vasco Rossi. 
Trattasi di un percorso ciclo-pedonale sotto il quale scorre il torrente Toscolano. Veramente un magnifico posto  che è difficile trovare altrove . Questa passerella si raggiunge attraverso la Valle delle Cartiere e si trova dopo la località Luseti dove un tempo sorgevano numerose cartiere e dove c’è un piccola chiesetta edificata nei XVI secolo  dalla famiglia Tamagnini che possedeva alcune cartiere. Anticamente serviva per il passaggio degli operai di Gaino che lavoravano nella valle. Ora è un percorso ciclo pedonale bellissimo  e tranquillo .L’unico fruscio che si ode è  l’acqua  del torrente che scorre sotto. Questa bellissima passerella si raggiunge attraverso la valle delle cartiere e si trova dopo la località di Luseti.              


                           Luseti alla fine dell'800


                                                    


sabato 14 aprile 2018

IL MUSICISTA CATALANI A MADERNO




Il celebre musicista e compositore Alfredo Catalani, nato a Lucca nel 1854 e morto a Milano nel 1893, era affetto da tisi come lo furono il fratello e la sorella, per cui negli ultimi anni della sua vita venne a Maderno per due anni successivi per ragioni di salute. Fu ospite nell’antica Farmacia Podestini che in quel tempo era ubicata di fronte all’ex macelleria Vassalini in Via Benamati, come afferma Guido Lonati nel suo volume la Pieve ed il comune di Maderno. Le sue opere teatrali furono ELDA rappresentata a Torino nel 1880. Seguirono DEJANICE, EDMEA, LORELEY e WALLY (1892). Queste due ultime le ha certamente elaborate a Maderno, quando veniva per curare la sua malferma salute. Catalani, in punto di morte, raccomandò la sua Wally, ad Arturo Toscanini perché ne avesse cura. Toscanini diede perfino il nome di Wally ad una delle sue figlie.

venerdì 6 aprile 2018

BOMBACCI NICOLA A MADERNO








Fra i vari gerarchi che la R.S.I. portò con sé a Maderno nel 1943 vi fu anche il famoso BOMBACCI NICOLA ex fondatore del partito comunista, amico e collega  di Mussolini  quando esercitavano l’attività di Maestri di scuola. Entrambi militarono nel partito comunista  agli inizi del ‘900 per poi dividersi politicamente .Quando Bombacci   si trovava nelle file del comunismo , gli squadristi – riferendosi alla sua barba  ne volevano  farne “uno spazzolino per pulire gli stivali di Benito Mussolini.
Con la sua famiglia (moglie e figlia) abitò in un primo tempo a Gargnano per poi trasferirsi a Maderno. In un primo tempo fu ospite del Albergo Maderno, poi si trasferì nella frazione di Gaino presso la famiglia G:B: Spagnoli (fornaio) e successivamente presso la famiglia dei fratelli Mario e Lino Zanini dove coabitò fino all’aprile 1945.
Inizialmente non aveva compiti precisi e si occupava di questioni sociali .Poi ebbe un Ufficio a Maderno presso il Ministero dell’interno  ed in fine divenne consigliere personale di Mussolini partecipando alle riunioni del Consiglio dei Ministri che si tenevano a Villa Bettoni a Gargnano.
Quando il 18 aprile 1945 Mussolini con la sua vecchia Alfa abbandonò Gargnano per recarsi a Milano, Bombacci lo accompagna sullo stesso mezzo. Nella fuga verso la Svizzera il Bombacci fu sempre nella stessa auto di Mussolini. Poi i partigiani lo prelevarono ed assieme ad altri lo fucilarono a Dongo. Il suo corpo fu esposto insieme agli altri gerarchi e a Mussolini in Piazzale Loreto a Milano, La salma fu poi sepolta nel Cimitero di Musocco.

mercoledì 4 aprile 2018

KAPPLER A MADERNO



 Come è noto dalla fine del 1943 all’Aprile 1945, quando fu proclamata la Repubblica Sociale Italiana, la cosidetta R.S.I., anche a Maderno furono posti diversi importanti Uffici della nuova Repubblica. Presso l’Albergo Golfo  fu collocata la Sede del PartitoFascista Repubblicano con a capo Alessandro PAVOLINI  mentre nell’edificio scolastico si installò il Ministero dell’Interno nel quale si sono alternati due Ministri: BUFFARINI e ZERBINO. Però non furono soli perché accanto al loro Ufficio si mise HERBERT KAPPLER Tenente Colonnello delle SS e già Comandante della Gestapo di Roma il quale, in sostanza, rappresentava Hitler, per cui i Ministri erano soggetti al suo controllo.Questo Ufficiale tedesco della SS divenne in quel tempo noto per aver dato ordine di trucidare 335 civili a Roma presso le Fosse Ardeatine come rappresaglia per l’attentato dei GAP in Via Rasella a Roma dove persero la vita  33 soldati tedeschi che stavano sfilando per quella strada.
Allo stesso Kappler gli venne attribuito l’operazione  della scoperta del luogo dove era detenuto Mussolini  e della sua successiva liberazione, della cattura di Galeazzo Ciano e Mafalda di Savoia, nonché l’asportazione di oro dalla Banca d’Italia a Roma.
Egli durante il soggiorno a Maderno fu ospite presso la Foresteria del Ministero dell’Interno che si trovava presso l’ex Istituto Cremonese sul Lungolago di Maderno .

Fece annullare tutti i permessi di circolazione dei militari e dei civili perché non contenevano la sua firma. Gli stessi permessi furono rifatti con la firma del Capo della Polizia ed anche quello dello stesso Kappler.            

sabato 3 marzo 2018

UN PICCOLO RICORDO PERSONALE DELL'ULTIMA GUERRA


Il palazzo della Società Montecatini di Milano bombardato dagli aerei dopo il febbraio 1943


Sono nato nel 1925 ed ho sempre vissuto a Maderno sul Garda. In quel tempo, avevo da pochi mesi compiuto i 17 anni, ero impiegato presso la Montecatini-Duco di Milano e ad ogni fine settimana ritornavo a casa con il treno ed il battello, non solo per ritrovare la mia famiglia, ma anche per fare la scorta di viveri, dato che quello che passava la mensa era limitatissimo. Il ritorno a Milano avveniva la domenica pomeriggio. Con il battello arrivavo a Desenzano e, per giungere alla stazione ferroviaria, c’era, quando era possibile salirci, una piccola e sgangherata corriera che funzionava a carbonella la quale, a fatica nella ripida salita, riusciva ad arrivare alla stazione ferroviaria.
            La sera del 14 febbraio 1943, come di frequente accadeva, il treno proveniente da Venezia giunse con un’ora di ritardo. Era così affollato di gente che l’unica possibilità di salirci sopra era quella di introdursi attraverso i finestrini come spesso capitava.  Giungemmo a Brescia alle ore 22,30 e nella nostra carrozza, dove ci trovavamo già pressati uno contro l’altro come tante acciughe, riuscirono ad introdursi altre quattro persone. Da loro apprendemmo che da un quarto d’ora era suonato l’allarme aereo. Con ripetuti sforzi della locomotiva, dato il forte carico, il treno riuscì ad avviarsi verso Milano. Dopo alcuni chilometri, un soldato che si trovava inchiodato contro un finestrino ci disse che in direzione di Milano si vedevano scoppi d’artiglieria antiaerea. Man mano che il treno proseguiva verso il capoluogo lombardo, ci rendemmo conto che si trattava di un grande attacco aereo. Dopo molti sforzi e gomitate riuscii a giungere vicino al finestrino in modo da poter vedere ciò che stava accadendo. Nel cielo si osservavano numerosi scoppi di artiglieria antiaerea che si accendevano a forma di piccoli globi per spegnersi subito. Quello che più impressionava erano i numerosissimi razzi illuminanti che venivano lanciati dagli aerei. Ci fu poi un momento di stasi quando giungemmo nei pressi di Rovato, ma poi tutto d’un tratto riprese con più violenza. Evidentemente si trattava di un’altra ondata d’aerei giunti sulla città. Alla stazione di Rovato il treno si fermò ed i passeggeri, che erano pigiati negli scompartimenti, ne approfittarono per scendere sul marciapiede sia per vedere lo spettacolo che per sgranchirsi e per .respirare un po’ d’aria. Dopo circa mezz’ora la locomotiva lanciò un fischio per avvertire che il treno era in partenza. Naturalmente ci volle un bel po’ di tempo per riuscire a starci tutti.
            Il viaggio proseguì e, dopo Chiari, la sparatoria cominciò a diminuire fino a cessare completamente. Erano le 23,30. Giunti a Treviglio venimmo a conoscenza che c’era ancora l’allarme aereo ma che l’attacco su Milano era terminato. Pensammo perciò di poter giungere presto alla stazione centrale. Dopo Melzo e precisamente a Pioltello il treno si fermò nuovamente, poi retrocesse un po’. Solo dopo la partenza ci fu detto che le carrozze erano state poste su un binario morto, mentre la locomotiva era andata avanti per verificare le condizioni della linea ferroviaria.
            Passarono alcune ore prima che il treno ripartisse. Io avevo solo un piede appoggiato a terra così come lo aveva una signora di fronte a me. Decidemmo, a turno, di occupare con l’altro piede l’unico spazio libero disponibile. Dato che l’attesa si faceva lunga e che eravamo a meno di otto chilometri da Milano, nonostante il freddo, molti viaggiatori cominciarono a scendere ed avviarsi a piedi verso la periferia della città. Fu allora che potei  finalmente scendere a terra. Uno spettacolo impressionante mi si presentò davanti agli occhi. In tutte le direzioni si vedevano grossi incendi che illuminavano il cielo. Dalla stazione di Pioltello non ci furono comunicate notizie circa la situazione ferroviaria perché tutte le linee telefoniche erano interrotte. Ci assicurarono poi che saremmo partiti per Milano solo verso le dieci del mattino. Invece, dopo tre ore di sosta, il capotreno ci avvertì della partenza. Infatti alle tre e mezza il treno si mise in moto. Giunti alla periferia di Milano cominciammo a vedere da entrambi i lati della linea ferroviaria, numerosi e grossi incendi. Dal finestrino vedemmo che tutti i fili aerei della linea erano a terra spezzati e contorti. Alla stazione di Lambrate il treno si fermò ancora e ci misero su un binario morto. Numerose persone ne aproffittarono per scendere ed incamminarsi verso le loro abitazioni. Scesi anch’io ma per sedermi su una panchina ad osservare un incendio che divampava poco distante. Dopo un po’ giunsero i Vigili del Fuoco gettando sul rogo fiumi d’acqua, sollevando fiamme color bianco. Alle sette non erano ancora riusciti a domarlo.
            In seguito allo sfollamento di numerosi viaggiatori, verso le sei, riuscii  a trovare uno scompartimento quasi vuoto e potei riposarmi. Alle sette il treno si mise in moto e raggiunse, con molte difficoltà, la stazione centrale mezz'ora dopo.
            Appena sceso a terra mi si presentò uno spettacolo sconvolgente. La stazione era stata colpita da numerosi spezzoni incendiari, ma non da bombe dirompenti. Per giungere a piedi alla mia abitazione situata in Via della Moscova, dovetti attraversare numerosi rioni devastati dalle bombe. Naturalmente i tram non funzionavano perché buona parte delle strade era intransitabile a causa delle macerie delle case colpite. Incendi divampavano ancora in numerose case. La manifattura tabacchi di Via Moscova era stata colpita in pieno ed una grossa nube con fumo acre si espandeva nei dintorni togliendo perfino il respiro. Fortunatamente la casa in cui ero alloggiato era rimasta intatta, quindi potei finalmente riposare un po’.
            A quelle condizioni era divenuto impossibile e pericoloso rimanere in città, per cui la settimana stessa presentai le dimissioni ed all’inizio del mese di marzo abbandonai definitivamente Milano per ritornare a Maderno,

                                                                                              

venerdì 23 febbraio 2018

L'ANTICO CANALE CHE SI TROVAVA DIETRO LA CHIESA DI MADERNO



La foto in alto è il particolare di un'altra più grande risalente alla fine dell'800 che riprende tutto il promontorio di Toscolano-Maderno.  Da questo ingrandimento, per la prima volta, si vede il canale o fossa che giungeva allora fin sotto il campanile e che, anticamente, circondava la chiesa ed era chiamato il "bacino della fossa". Essendo con il tempo divenuto un deposito di rifiuti, fu coperto completamente nel 1901. Durante la dominazione veneta il castello fu trasformato in un palazzo pubblico in cui aveva sede il Giudice chiamato allora Vicario. Sulle rovine del castello, devastato da un grande incendio, fu costruita la chiesa che fu inaugurata nel 1825.
Come si vede esaminando attentamente la foto, in quel tempo non esisteva ancora il primo tratto di lungolago che avrebbe collegato la Piazza con l'approdo dei battelli, opera che fu realizzata nel 1901. In quel tempo i battelli approdavano vicino alla spiaggia dietro la quale sorgeva una casetta dove si trovava "l'osteria del vapore". Soltanto nel 1925, nello stesso luogo, sorse l'albergo Milano. Chi doveva prendere il battello doveva percorrere la strada che passava a sinistra della chiesa, girare intorno al campanile, sorpassare il "bacino della fossa" per giungere alla spiaggia dove si fermava il battello. Per salirvi, poi, occorreva munirsi di un pò di coraggio perché si doveva transitare su alcune assi traballanti sostenute da  cavalletti in legno.                                                                                                                                               

mercoledì 21 febbraio 2018

TRA FASCISTI E TEDESCHI NON C'ERA SEMPRE AMICIZIA







Era la domenica del 30 aprile 1944, quando un reparto della SS tedesca, proveniente da Gargnano, ove risiedeva Mussolini, ha circondato con numerose armi un locale a Maderno in Via Benamati nel quale il Ministero dell'interno della R.S.I. aveva depositato numerosi generi alimentari  e di vestiario che da poco erano stati requisiti dai fascisti.

Ne venne sequestrata ed asportata una ingente quantità che fu posta su autocarri e trasferita dai tedeschi altrove.
Circolava voce che i tedeschi avessero voluto vendicarsi per una azione che loro stessi avevano progettato ma che, invece, fu realizzata prima dai fascisti.
Durante questa operazione tutte le strade circostanti furono bloccate da soldati armati.

mercoledì 31 gennaio 2018

ATTIVITA' SCOMPARSE. I CARBONAI




            L’attività dei carbonai localmente chiamati “carbunèr”, ormai scomparsa, in passato era molto estesa fra i boscaioli, grazie alla notevole disponibilità di materia prima nei nostri monti: la legna.
            Il carbone era il combustibile necessario all’alimentazione delle officine per la lavorazione del ferro e del rame che si trovavano nelle valli delle Camerate e delle Cartiere.
Il procedimento per la realizzazione del carbone era lungo e faticoso. Dopo aver tagliata la legna necessaria (faggio e carpino) il carbunèr lo accatasta sulla “gial” (una piazzuola di circa sei metri di diametro precedentemente predisposta) in modo del tutto particolare per formare il “poiàt” (catasta di legna). Nel mezzo della giàl è posto un cilindro e, intorno, sono disposti i rami più lunghi legati quasi a forma di gabbia. Intorno sono ammucchiati i ceppi di legna gli uni sugli altri, quelli più sottili a quelli più grossi. I più grossi sono posti all’esterno, fino a  raggiungere un’altezza di 2-3 metri. Sopra quest’enorme catasta di legna si mettono paglia e fieno marcio e, sopra ancora, del terriccio, lasciando aperto solo lo sfogo superiore da dove il carbunèr appicca il fuoco. Poi la bocca viene chiusa affinché all’interno non si sviluppino fiamme.
            La combustione deve essere lenta, ed in genere, dura una settimana. Di conseguenza il carbunèr, spesso aiutato dai membri della famiglia, si deve costruire un riparo nelle vicinanze per controllare costantemente, giorno e notte, il poiàt, affinché non si sviluppi la fiamma. In questo malaugurato caso, tutto il lavoro andrebbe disperso.
            Quando la catasta di legna è divenuta carbone, il carbunèr toglie la terra che ricopre il poiàt e attende che il carbone si raffreddi. Su 100 quintali di legna si ottiene la quantità di carbone che oscilla dal 20 al 50%.
            A questo punto il lavoro è finito. Il carbone è posto nei sacchi per essere trasportato nei luoghi di vendita.


















giovedì 25 gennaio 2018

MADERNO COM'ERA UN TEMPO



Ecco com'era la curva della statale di fronte all'Albergo Maderno tanti anni fa, quando ancora funzionava il tram ed il terreno agricolo al quale si accedeva dal cancello era della famiglia Elena. Poi fu trasformato in piazzale adibito a parcheggio in fondo al quale fu costruito l'attuale supermercato. Attualmente è stata fissata la fermata delle autocorriere.






 


Ecco come si presentava l'attuale ingresso al Caffè Centrale che in quell'epoca era gestito dal sig. Montini. Non esisteva ancora il terrazzo sovrastante


                                                                                 



Siamo sempre in Piazza di Maderno, sulla statale vicino all'Albergo Maderno. Il giardinetto che si vede a sinistra apparteneva alla casa dell'ex Farmacia Podestini (ora Banca Popolare Novara), mentre il piccolo ingresso che si nota nella muraglia conduceva all'orto della famiglia Cantoni. Ora il muro è stato demolito per far posto all'Ufficio Postale e, poco vicino, alla casa degli eredi Bottoli-Cantoni       



Sullo sfondo l'ex Albergo Bristol divenuto poi Istituto Cremonese, in primo piano la passerella in legno verso il lago per i clienti