mercoledì 26 aprile 2017

STORIA DELLA PIAZZA DI MADERNO



All’inizio del secolo scorso la piazza era veramente un punto d’incontro della gente, in particolar modo nelle giornate festive .Un tempo tranquilla e senza gran movimento, lambita da una caratteristica spiaggetta dove erano tirate a secco le imbarcazioni, nel giro di pochi anni ha assistito a grandi trasformazioni che hanno stravolto per sempre la sua funzione. Le due statue esistenti sono la colonna di S.Marco, posta davanti all’ex sede municipale di Maderno nel 1610 a ricordo della dominazione veneta, e quella dedicata a S.Ercolano, innalzata nel 1836 davanti alla chiesa romanica e, nel 1954, spostata nella posizione attuale per facilitare la circolazione. La prima grande trasformazione fu la costruzione, nel 1900, della strada provinciale a lago che nella prima parte sostituì Via Aquilani. Nel 1901 ebbe inizio il passaggio del tram che giungeva fino a Toscolano e dei primi autoveicoli.
Nel 1909, per onorare la memoria dello statista Giuseppe Zanardelli, deceduto nella sua
residenza di Maderno nel 1903, fu costruito, di fronte all’Albergo S.Marco, un giardinetto sopraelevato sul quale fu posta la statua chiamata semplicemente “Bell’Italia”, del noto scultore Bistolfi. Furono anche messe a dimora diverse piante di palme, delle quali una sola è rimasta a testimoniare l’esistenza di questo giardinetto che era divenuto un luogo d’incontro e di svago dei ragazzi. Durante la I^ guerra mondiale, la piazza fu anche un centro di smistamento delle vettovaglie dei militari in servizio sul lago.
Nel 1939, in occasione della sistemazione della piazza, per ragioni di viabilità, il giardinetto fu abolito ed il monumento leggermente spostato così da svolgere le funzioni di spartitraffico. Nello stesso anno anche la strada che collegava direttamente la statale con Via Garibaldi fu abolita. Al centro della piazza, di fronte alla chiesa romanica, in quel periodo era installato un piccolo chiosco di legno, unico punto presso il quale era possibile degustare un buon gelato prodotto dall’artigiano De Allegri.
Soprattutto dopo la fine dell’ultima guerra, la circolazione dei mezzi agricoli, trainati da animali e usati anche per l’innaffiamento stradale, come il carro condotto da Angelo Zuanelli, caratteristico e simpatico personaggio di quell’epoca, è stata completamente sopraffatta da quella degli automezzi, snaturando la piazza come punto d’incontro. Parallelamente le abitudini della gente sono molto cambiate con gli anni. Eravamo allora nell’epoca in cui le lavatrici erano ancora un sogno: per questo le casalinghe, molte delle quali erano ancora sprovviste d’acqua corrente nelle loro abitazioni, erano costrette a recarsi al lago per il bucato. Il punto più comodo era senza dubbio al centro della Piazza di fronte alla colonna di San Marco, dove vi erano delle comode scale in pietra che scendevano al lago e che furono eliminate nel 1964 per far posto alla nuova passeggiata. In queste scalette le lavandaie si contendevano il posto per svolgere il loro lavoro.
In conseguenza dell’aumento del livello del lago, avvenuto nel 1961, la piazza venne quasi completamente allagata. Per evitare il ripetersi di quest’inconveniente si è provveduto ad innalzare il livello stradale quindi i cinque gradini posti sul basamento della colonna jonica, sono rimasti tre perché gli altri sono stati completamente interrati.
A poche decine di metri dalla Piazza, salendo per Via Garibaldi, troviamo, a destra, la caratteristica “cortesèla” (così chiamata localmente) o piazzetta veneta, come viene definita, in quanto il fabbricato centrale che la domina ha aspetti veneziani.
            Si può concludere rilevando che nel secolo scorso la piazza di Maderno ha subìto cambiamenti tali nella sua struttura, da modificarne il volto e la funzione. Per ragioni politiche, inoltre, varie volte il suo nome è stato cambiato. All’inizio del ‘900 era dedicata a Giuseppe Mazzini, poi a San Marco. Poi si è passati da Vittorio Emanuele II ad Ettore Muti nel 1944 ed infine da Antonio Gramsci si è ritornati a San Marco, a ricordo della dominazione veneta.



martedì 25 aprile 2017

STORIA EX VILLA BIANCHI






I nostri padri o nonni chiamavano semplicemente “Villa Bianchi”, lo stabile adibito attualmente ad albergo in Piazza di Maderno in quanto il Cav. Bianchi G. Battista ne era il proprietario, così come lo era  del “Serraglio” e relativa palazzina, per oltre mezzo secolo.
            Ma quest’edificio, già appartenente nel 18° secolo circa alla facoltosa famiglia dei Conti Bettoni di Bogliaco, insieme a numerose altre proprietà sparse per tutta la Riviera fino a Limone, non fu solo una casa di abitazione privata, ma fu adibita a vari usi industriali.  Si presume che la famiglia Bettoni, nota per essere dedita alla esclusiva attività della coltivazione dei limoni, l’abbia anche usato per  scopi inerenti questa attività.
            Da un documento datato 1849 dell’archivio del comune di Maderno risulta che in quell’anno in questo stabile vi era installata, probabilmente esistente già da diverso tempo, una piccola cartiera appartenente a Franco Veronese, appartenente ad una nota famiglia di Maderno risultante proprietaria, già dal 1811, di un’altra cartiera nella valle in località Maina di sotto, dove è sorto recentemente il Museo della carta. In questa piccola cartiera esistente in Via dell’Arco, ora Via Aquilani, venivano in quell’epoca impiegati ventinove operai e la produzione si riferiva a carta fine di gran qualità. Dallo stesso documento risulta che in questo stabile funzionasse anche un filatoio di “galete”(bozzoli dei bachi da seta) con 16 fornelli e 37 dipendenti, di Erculiano Veronese il quale gestiva, probabilmente nello stesso edificio, anche un torchio da olive.
            Appartenente alla famiglia Veronese e non Veronesi, come indicato erroneamente in diversi volumi, è noto un Giovanni Francesco per aver pubblicato nel 1774 un interessante volume di matematica.
            Le suddette attività commerciali svolte in quest’edificio cessarono definitivamente nell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando nel 1894 passò di proprietà ad un certo Generale Lamberti di Castelletto del Piemonte (sposato con una Bettoni), il quale lo trasformò in abitazione privata. Per questo scopo il Lamberti provvide a lavori di ristrutturazione della facciata verso il lago, alla costruzione della torretta principale e a qualche aggiunta stile “liberty. In quel tempo non esisteva ancora la strada statale, che fu costruita qualche anno dopo, e quindi il giardino della villa confinava con il lago.
            Nel 1897 il Solitro, nel suo volume “Il Garda”, cita  a Maderno la Villa Bianchi per cui si presume che il Cav.G.B.Bianchi, il nuovo inquilino di questo edificio, l’abbia acquistata nell’ultimo decennio dell’800 unitamente al sovrastante “Serraglio”, alla vecchia palazzina ed all’albergo, stile altoatesino, da poco costruito dall’austriaco Rodolf Lignet . Tra il 1906 ed il 1911 il Bianchi fece demolire l’albergo che era ubicato dove attualmente si trova il complesso residenziale. Il Bianchi, figlio di Rocco, proprietario di una cartiera nella valle, fu anche Sindaco del Comune di Maderno per diversi anni. Quando nel 1921 Gabriele D’Annunzio venne sul Garda per scegliersi una residenza, reduce dall’impresa di Fiume, il Bianchi gli offerse la villa del Serraglio, ma il poeta vi rinunciò preferendo la villa Cargnacco di Gardone, divenuta successivamente il Vittoriale degli Italiani. Faceva parte della villa Bianchi anche il fabbricato prospiciente l’ingresso da Via Aquilani, successivamente ceduto, modificato, e trasformato nell’albergo Diana, nel quale viveva la famiglia Battaini che custodiva la villa, nonché la darsena costruita negli anni venti dal Bianchi per custodire il suo motoscafo (unico natante con motore esistente allora nel golfo) che, prima, teneva ormeggiato di fronte alla sua villa. La darsena fu trasformata, negli anni cinquanta, in un ristorante ora denominato “Muretto”.
            Ritornando alla villa Bianchi, questa fu ristrutturata dal sig. Bianchi e, nell’anno 1925, fece anche completare la facciata a lago ed ai lati con significative decorazioni a “graffito” (particolare tecnica d’incisione eseguita con una punta su una superficie dura, mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso) lavoro che fu eseguito da mio padre Giovanni.
Intorno agli anni quaranta il palazzo fu ceduto dal Bianchi ad una società immobiliare con a capo G. Battista Benoni, il quale fece eseguire numerosi lavori interni d’abbellimento. Fu verso la fine del 1940 che, per una disposizione governativa, conseguente alle necessità della guerra allora in corso, fu tolta l’artistica cancellata di ferro che cingeva il parco a lago lasciando solo l’attuale muretto. Nel 1942 il Benoni chiamò il noto pittore salodiano Angelo Landi (1879-1944) a decorare con preziosi affreschi, tuttora esistenti, le pareti dello scalone che porta al primo piano nonché il soffitto della veranda, ora rovinato dalle infiltrazioni d’acqua, e di una saletta accanto. Gli affreschi dello scalone riproducono la “Leggenda di Engardina”, la mitica regina dei nani che, rapita dal dio delle acque, Nettuno, celato sotto le spoglie di un camoscio, con lui s’immerge nelle acque del Benaco donandovi il colore e lo splendore dei suoi lunghi capelli azzurri. Pochi mesi dopo che questi dipinti furono ultimati, e precisamente nell’ottobre 1943, quando Mussolini liberato dalla prigionia al Gran Sasso costituì la Repubblica Sociale Italiana, viene scelta la Riviera del Garda quale sede di questo nuovo governo ed a Maderno (anche se la Repubblica è ora comunemente chiamata di Salò) fissano la loro sede i principali uffici Ministeriali. Il Ministero dell’Interno, uno dei più importanti di ogni governo, s’installa nell’edificio scolastico mentre la Sede del Partito Fascista Repubblicano ed il Comando delle Brigate Nere è sistemata nella villa Benoni (ora albergo Golfo). La direzione di quest’importante ufficio politico è assunta da Alessandro Pavolini, ex Federale di Firenze, il quale fissa la sua abitazione presso la Villa Cavallero posta sul Lungolago di Maderno, mentre il suo Ufficio era  presso la sede del Partito Fascista. Intorno a questo palazzo fu posto un servizio di sorveglianza continua composto da Agenti di Polizia alternati da gruppi di giovani fascisti appartenenti al gruppo chiamato “Bir el Gobi”, armati di mitra.
Verso la fine dell’aprile 1945, quando l’Italia settentrionale è raggiunta dalle forze alleate, gli uffici sono frettolosamente abbandonati ed inizia una fuga generale. Ricordo che, prima di partire, sul terrazzo superiore della villa Benoni, i fascisti appiccarono fuoco a numerosi documenti. Pavolini, anch’esso fuggito con le alte autorità della Repubblica Sociale, fu poi catturato e ucciso dai partigiani a Dongo il 28 aprile e la sua salma, successivamente, fu esposta in Piazzale Loreto accanto a quella di Mussolini ed altri gerarchi.
Dopo alcuni anni dal termine della guerra il Benoni cedette il palazzo alla famiglia Piva, già proprietaria dell’Albergo Maderno, la quale, dopo opportune modifiche, lo trasformò in Albergo. In un primo tempo fu chiamato Albergo Palace, mentre dal 1965 prese definitivamente il nome di Albergo Golfo.


                                                Uno degli affreschi del pittore Landi


                   

martedì 18 aprile 2017

STRADA TOSCOLANO-VALVESTINO

  
         Percorrendo a piedi la valle delle cartiere  ora più attraente ed interessante dopo i lavori di sistemazione, è possibile scorgere alcuni particolari aspetti che asltrimenti sfuggirebbero alla nostra attenzione.
In questo caso mi riferisco ad un cippo in pietra posto sul muretto sinistro del ponte del Vago sul quale appare la seguente dicitura:
MCMXVIII
VII ARMATA - DIREZIONE LAVORI
XV ZONA
                                                    PER VALVESTINO E CAPOVALLE
Tale cippo vuol ricordare che nel 1918 , in piena guerra mondiale, a cura dell'Autorità Militare ed a scopo strategico, fu iniziata la costruzione di una strada camionabile, questa, partendo dal ponte del Vago, seguendo il primo tratto dell'antico sentiero che conduceva a Seasso, doveva portare finoa Turano di Valvestino. Il tracciato che seguiva pressapco quello della vecchia mulattiera, con la differenza che questa sarebbe stata più breve in quanto evitava il lungo giro per Gaino. Lo scopo era quello di realizzare la congiunione della Valle Sabbia con la Riviera Benacense, attraverso il valico di Capovalle.
Già il primo tronco, con inizio al ponte Vago, era stato costruito per circa mille metri ed era giunto fin quasi sopra i Covoli, quando la fine della guerra pose fine ai lvori iniziati dai militari.
Dopo circa 100 anni questo primo tratto di  strada è quasi scomparso, un pò spazzato via dalle frane ed un pò invaso dalla vegetazione.
Il motivo della scelta di questo percorso era giustificato dal fatto che in quel tempo non esisteva ancora la strada di Navazzo-Turano realizzata solo nel 1932, perciò la via più breve era quella che seguiva il corso del fiume che doveva sostituire la vecchia mulattiera che dalla Valvestino (mt.605) scendeva al ponte della Cola (mt.404) e da qui risaliva il versante sinistro del fiume e raggiungeva la frazione di Morgnaga e Navazzo. Un sentiero proseguiva portando fino alla mulattiera che, attraverso la Bocchetta di Verzelina, metteva in comunicazione Navazzo con le Camerate e quindi con Gaino e Toscolano.
Dopo la fine dela guerra trascorsero altri quattro anni e solo nel 1922 il Comune di Toscolano (Toscolano-Maderno nacque nel 1928) unitamente ai comuni di Bollone, Turano, Armo e Magasa, ripresero in mano la pratica e affidarono l'incarico agli Ingg. Trebeschi, Cozzaglio,Berlucchi, nonchè al Prof.Arturo Cozzaglio di redigere nun nuovo progetto per la "costruzione della strada d'allacciamento della Valvestino ai porti lacuali di Maderno e Gargnano". In linea di massima, doveva seguire il tracciato di quella già scelta dai militari nel 1918, con esclusione del primo tratto che, anzichè scendere nella Valle delle Cartiere al ponte di Vago, sarebbe passata attraverso Gaino e Pulciano. Questa modifica avvenne in seguito all'opposizione degili abitanti di Gaino, condivis peraltro anche dall'Amministrazione  comunale di Toscolano, i quali affermavano che la frazione sarebbe stata tagliata fuori se si seguiva il veccho progetto. Inoltre "il tracciato per la valle delle cartiere passerebbe in località angusta e pericolosa che sta per essere abbandonata dalle industrìe e da ogni attività umana trasformandosi in un mucchio di rovine senza possibilità alcuna di prossimo nè di lontano risorgimento", come indicato nella relazione tecnica. Infatti già nel 1922 le industrie esistenti nella valle l'avevano in buona parte abbandonata. Il nuovo tracciato  proposto avrebbe attraversato due popolose frazioni e sarebbe passato attraverso le campagne che in avvenire sarebbero divenute fabbricabili, ciò che poi non è avvenuto.
Il costo preventivato per quest'opera si aggirava intorno ai quattro milioni di lire da suddividere così:: il 50% era a carico dello Stato, un parte a carico delle Province di Brescia e di Trento ed il rimanente, di circa un milione,a  carico dei comuni interessati.
Evidentemente l'impegno finanziario era, per quel tempo, superiore alle possibilità economiche dei varui omuni, perciò il progetto andò a finire negli archivi., dove ora ha visto momentaneamente la luce e ci ha dato la notizia di ciò che doveva avvenire e che invece non è avvenuto per ragioni economiche.




                                                          Il cippo posto dall'esercito
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domenica 9 aprile 2017

CASA AL PONTE, ORA DEMOLITA

La foto risale al 1955 e riprende la casa ex Franceschini-Ragozzi alla quale era annessso un magazzino che serviva quale  deposito della carta in vendita da persona incaricata quale era il sig. Giannino Chiesa.
Negli anni successivi tali fabbricati furono demoliti dal Comune, anche per il verificarsi di numerosi incidenti stradali che si verificavano spesso in questa pericolosa curva.
A questa casa ero particolarmente legato perchè nel settembre 1954 fino ai primi mesi del 1956 vi abitai dopo il matrimonio, al piano terra a sinistra.
Il sottostante terreno, che originariamente era coltivato, fu poi adibito a parco pubblico e successivamente venne costruita una grande gabbia per ospitare due leoni proveniente dallo zoo di Brescia.

martedì 4 aprile 2017

LA CORTESELA DI MADERNO

La foto sopra riprodotta risale agli anni trenta del '900 e ritrae la caratteristica piazzetta che si trova in Via Garibaldi a Maderno, chiamata comunemente "Cortesela" o "Piazzetta Veneta".
A sinistra, in basso, si vede il sig. Gaetano Benoni che sta svolgendo la sua attività di materassaio.
In quel tempo, la casa che sta di fronte era di proprietà della famiglia Cantoni, ora estinta.
A destra, invece, si vede l'ingresso alla caratteristica osteria del "GASTALDI'" in Via Garibaldi dentro la quale era esposto un curioso cartello con la seguente dicitura.

                     -            OSTERIA DEL GASTALDI'
                                                 si può
                                            bere, mangiare
                                            giocare a carte
                                                fumare
                                            suonare, cantare
                                            parlare di politica
                                         Fa tot chel che se vol

 Ora tale cartello si trova esposto in un noto ristorante di Salò gelosamente  custodito in un quadro incorniciato