lunedì 26 agosto 2013

S.ERCOLANO PATRONO DELLA RIVIERA



Il 12 agosto è il giorno nel quale i madernesi, da secoli, festeggiano non solo il loro Patrono, ma anche quello di tutta la Riviera del Garda.
            Infatti, anticamente la “Magnifica Patria” (ente riconosciuto dalla Repubblica Veneta nel 1426) con deliberazione del 26 luglio 1466 eleggeva S.Ercolano Patrono della Riviera ed invocava il Decreto dei Vescovi di Brescia e Verona di far celebrare ogni anno la festa di precetto al 12 agosto in tutti i 36 comuni che componevano la suddetta Patria. Tale obbligazione cessò nel 1797 col cadere della repubblica di Venezia.
            Un particolare e interessante festeggiamento in onore del Santo avvenne nel 1825 quando fu inaugurata la nuova chiesa parrocchiale e le sue reliquie furono traslate nel nuovo tempio.
            La descrizione di questi festeggiamenti ce li ricorda Don Andrea Setti nel suo volumetto “Ragguaglio della vita, morte e miracoli di S.Erculiano confessore” edito nel 1861 e ristampato nel 1980.
            Ricordiamo che la decisione di costruire la nuova Parrocchiale là dove, anticamente, sorgeva il castello, fu presa nel 1742. I lavori iniziarono solo nel 1775 e terminarono nel 1825, dopo aver superato numerosi problemi di ordine tecnico ed economico che una tale costruzione presentò.
            Per l’inaugurazione del nuovo tempio furono previsti tre giorni di solennità, sia per il rito della consacrazione, il trasporto delle reliquie del Santo e l’amministrazione della Cresima. Il 22 ottobre 1825 un rimbombo di mortai ed il suono delle campane annunciò l’arrivo in carrozza, del Vescovo e del suo seguito che fu ospite in casa Veronese. La sera, sul lago, numerose barche illuminate e pavesate, abitazioni e giardini anch’essi illuminati e poi uno scoppiettare di fuochi d’artificio illuminarono l’effige di S.Ercolano che era posta sopra un tempietto appositamente predisposto. Il giorno successivo, 22 ottobre, una apposita commissione accertò il contenuto della cassetta contente le Sacre spoglie del Santo e ne fu redatto un verbale. E’ da questo documento che si rileva un particolare singolare ed interessante. E’ risultato, infatti, che fra sacre ossa si è scoperta una lamina di ottone dorata in forma quadrata con la seguente iscrizione latina: SANCTI HERCULIANI EPISCOPI ET CONF. OSSA ET CINERES.  “…Sopra della quale lamina vi era riposta una figura corporea riconosciuta di pesce come venne da tutti giudicato…” Poiché in tale occasione fu accertato che la  cassetta contenente le ceneri del Santo era notevolmente danneggiata, si decise di sostituirla. Ciò avvenne il 24 ottobre e nella nuova cassetta fu posta anche la lamina di ottone ritrovata il giorno precedente  “…con il pesce legandolo pure in più parti con cordella di seta color rosso…   il tutto munito del suggello episcopale.
            Il giorno 23 si doveva consacrare la nuova chiesa ma, a causa dell’incessante pioggia e vento, fu rimandata al giorno successivo.
            Infine, martedì 25 furono prelevate le sacre reliquie di S.Ercolano dalla chiesa vecchia e portate in solenne processione fino al croce via per ritornare in piazza attraverso la via di mezzo. Giunte nella nuova chiesa furono poste in venerazione sopra l’altare maggiore e poi trasferite nell’apposito altare dove si trovano tutt’ora e sul quale domina una preziosa tela di Paolo Cagliari detto il Veronese con il dipinto del Santo.

                                                                                                          Andrea De Rossi

ANTICHE INDUSTRIE E I RAPPORTI CON VENEZIA





Com’è noto il 13 maggio 1426 il Doge di Venezia Francesco Foscari, emise un  Decreto con il quale riconobbe la piena autonomia amministrativa della Riviera del Garda fregiandola del titolo di primogenita e denominandola come “Magnifica Patria della Riviera” la quale comprendeva ben 42 comuni fra i quali anche Maderno e Toscolano. Quest’ultimi due furono uniti in un solo comune solo il 14 giugno 1928.
            In segno di fedeltà a Venezia, il Comune di Maderno fece erigere nel 1610 la colonna ionica con sopra il Leone di S. Marco, in piazza di fronte alla sede municipale di quel tempo.
            Alla fine del ‘700, quando i francesi invasero l’Italia, il leone originale in pietra fu abbattuto. I rivoluzionari anziché distruggerlo, lo caricarono su una barca e lo portarono al largo del golfo, Prima però di calarlo nel lago gli attaccarono una corda al collo con una grossa pietra: un gesto inutile, naturalmente, ma che aveva un preciso significato politico.
            La colonna, posta in Piazza di Maderno, rimase così orfana del  leone per più di un secolo. Nel 1896, in occasione della visita al suo amico Giuseppe Zanardelli che possedeva a Maderno una villa, lo scultore e pittore siciliano Ettore Ximenes, manifestò la volontà di offrire al comune di Maderno il leone tanto desiderato. Ma quando il 1.9.1902 giunse la tanta attesa cassa contenente il dono, l’impressione fu veramente deludente per tutti. Il leone non era di pietra ma di bronzo e di modeste dimensioni. Soprattutto gli mancava il libro con la scritta “PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS”, perciò non aveva nulla della simbolica fierezza dell’autentico leone della Serenissima.
            Trattandosi di un omaggio che lo scultore intendeva offrire al Comune di Maderno, tramite il primo Ministro Zanardelli, il Consiglio Comunale, nella seduta del 13.11.1902 stabilì di accettarlo e metterlo in sostituzione di quello abbattuto.
            Con la Repubblica Veneta Toscolano e Maderno ebbero non soltanto rapporti amministrativi o politici, ma soprattutto commerciali.
            Il primo commercio fu quello del ferro, sostituito poi  da quello della carta.
            Nelle due valli del Torrente Toscolano, la prima chiamata ora Valle delle Cartiere e l’altra delle Camerate, sorsero nel secolo XV numerose fucine e ferriere e si crearono quindi fonderie e magli che servirono anzitutto per costruire bombarde, ancore e catene per la flotta veneziana.
            La famiglia Assandri, chiamata poi Delay, fu una delle prime che iniziò, (insieme anche all’industria cartaria) quest’attività che si estese per tutta la valle. La stessa fu dichiarata nobile dalla Repubblica Veneta per le sue benemerenze aziendali e quindi fregiata di tale titolo. Con Decreti Ducali 10 e 11 febbraio 1689 e 3 febbraio e 11 dicembre 1690 il Doge Morosini, lodò e ringraziò Giulio Delay per aver fornito tremila bombe le quali, caricate sulla flotta salpata da Venezia il 24 maggio 1693, servirono a coronare di vittoria, per l’ultima volta, gli stendardi della Repubblica. Nel secolo XVIII queste industrie, oramai in decadenza, si rialzarono per iniziativa di Napoleone I°, e furono tramutate in chioderie ed ebbero ancora un’intensa attività. Il loro prodotto era venduto soprattutto nel Veneto. Poi, sopraggiunta la grande industria meccanica, dovette soccombere sopraffatte dalla concorrenza.
            Non lo furono, invece, le numerose cartiere sorte anch’esse nella valle, le prime delle quali risalivano al 1300. Le stesse furono costruite sulle sponde del torrente Toscolano per sfruttarne l’energia idraulica. Poi con il tempo le stesse si svilupparono notevolmente, occupando tutti gli spazi disponibili nella stretta valle, che divenne satura.  Nel secolo XVI, per la necessità di vincere la concorrenza, i più arditi fabbricatori di carta locali, fondarono a Venezia case di commercio per lo smercio del loro prodotto. Risulta che una settantina di famiglie abbandonò il nostro paese per trasferirsi nella capitale della Repubblica Veneta. Alcuni personaggi rappresentanti l’industria cartaria locale, fra cui Anton Maria Belloni, Nicola Fossati e Gio Franco Alberti, nell’ultimo secolo della Serenissima, costituirono una Società di Navigazione, protetta dal governo, con lo scopo di commerciare con la Russia mediante gli scali del Mar Nero. Invece altri proprietari di cartiere locali, come  gli Zuanelli ed i Calcinardi, possedevano a Venezia navi proprie, altri, invece, avevano carature in navigli sociali ed altri ancora facevano parte dell’apposita Corporazione partecipando con competenza ed autorità alle relative deliberazioni.
            La carta fabbricata a Toscolano ebbe un’enorme diffusione perché era superiore, per qualità, a tutte le altre fabbricate in Italia.
            Anche un certo Antonio Bernardini da Monselice, proprietario di alcune cartiere a Maderno, fu un gran fornitore di carta alla repubblica Veneta. Per queste sue benemerenze, gli fu assegnato il titolo di “Bernardini della carta”.
            Per rendersi conto di come si era sviluppata quest’attività, basti pensare che sul finire del XV secolo gli opifici di questo genere che si trovavano nella valle, superava di gran numero quelli della restante Venezia.
            Dopo l’invenzione della stampa, il mercato veneziano divenne il più florido centro europeo dell’editoria. A Toscolano le fabbriche di carta iniziarono a produrre in serie carte adatte per stampare i libri, la quale era collocata a Venezia in quantità sempre maggiore. Fu certamente per questo motivo che alcuni famosi tipografi si trasferirono a Toscolano. La convenienza economica fu la molla che da Venezia li spinse sulle rive del lago con tutta la loro attrezzatura.
Il primo fu Gabriele di Pietro da Treviso, noto per le sue bellissime edizioni stampate a Venezia, Brescia ed Udine dal 1472 al 1478.
            Intorno al 1478, infatti, il famoso tipografo Gabriele di Pietro fu chiamato dal Sindaco di Toscolano e consigliere della Magnifica Patria, Stefano Agnelli, il quale era proprietario di alcune cartiere.
            Poi, nel 1519, fu la volta di Paganino Paganini, di origine bresciana, ma che aveva svolto la sua attività a Venezia fino al 1485, accompagnato dal figlio Alessandro che anch’esso svolgeva lo stesso lavoro. Il Paganini, già dal 1505, aveva a Toscolano una fabbrica di carta che serviva alle sue necessità di lavoro. Dal 1519 al 1538 i Paganini pubblicarono a Toscolano ben 43 opere. Il loro trasferimento a Toscolano fu quindi dovuto a ragioni economiche e commerciali. La carta prodotta a Toscolano, veniva trasferita a Venezia  imbarcata su appositi natanti che raggiungevno la sponda veneta e da lì, con altri mezzi, raggiungeva Verona per essere trasportata attraverso l’Adige ed il Po per raggiungere Venezia, senza dover uscire dal territorio della Repubblica.
 Da un libro di Angela Nuovo, stampato nel 1990, si apprende che Alessandro Paganini stampò a Venezia, e non a Toscolano come si credeva, il Corano in caratteri arabi, ma nessun esemplare fu mai rintracciato. Nello stesso volume la Nuovo informa che dopo 450 anni di ricerche, ha ritrovato, casualmente, una copia del Corano, stampato  tra il 1537 ed il 1538,  presso la Biblioteca dei Frati Minori di S.Michele di Venezia.


Maderno, 5 marzo 2007                                                                   Andrea De Rossi

L'ANTICO MODO PER CATTURARE LE ALBORELLE




Questo modo di catturare le alborelle  (àole in dialetto) in grandi quantità è rimasto in vigore fin quasi alla metà del ‘900 ed è poi scomparso definitivamente sia per la rarefazione di questo pesce che dei pescatori di età avanzata che eseguivano questo particolare lavoro. Inoltre nel 2011 le Province di Brescia e Verona hanno deciso il divieto di pesca delle àole dal 1.6.2011 al 1.6.2014 a causa della contrazione subita della specie negli ultimi anni. Vi erano altri sistemi per catturare questi pesciolini e questo avveniva con speciali reti chiamate “rematì” e “spigonza”, ma anche questo modo non si usa più perche le alborelle da alcuni anni sono scomparse dal lago e non se ne conosce il motivo.
Ma quello che vogliamo ricordare ora è del tutto particolare anche perché se ne catturava ogni volta una grande quantità.
In giugno e luglio quando le àole, numerosissime, si avvicinavano alla spiaggia per deporre le uova, i pescatori – non certo dilettanti – ma di lunga esperienza come il Rizzi ed il Campanardi, Apollonio Tita e Giuseppe a Maderno, avevano già pulita e predisposta la spiaggia con due speroni di sassi in direzione del lago a forma di un piccolo molo, non solo per difendere la spiaggia stessa dalle onde ma per chiudere, al momento opportuno, le àole in una specie di grande trappola di forma rettangolare. Infatti, quando verso sera la spiaggia era diventata scura per le innumerevoli àole che si erano avvicinate per la deposizione delle uova, i pescatori, con molta lentezza e prudenza per non disturbarle, provvedevano a circondarle con una striscia di tela sorretta verticalmente da sugheri in alto e da pezzi di piombo in basso e, quale via d’uscita, si fa per dire, venivano poste ai due lati del rettangolo formatosi, delle reti di forma conica (bertabèl) che avevano la precisa funzione d’imprigionare il pesce. All’alba, dopo l’estasi amorosa della notte le àole incominciavano a dirigersi verso l’esterno, incappando però contro la tela, per cui erano costrette ad inserirsi nel bèrtabel conico dove si poteva solo entrare e non uscire, rimanendovi così prigioniere. Al mattino, da questo attrezzo, i pescatori toglievano la numerosissima preda.
Questo antico e singolare modo per catturare le àole dava anche la possibilità ai pescatori, dopo essere state essicate sulle pietre del muricciolo sovrastante la spiaggia, di porle in salamoia.
Non mi è stato purtroppo possibile trovare immagini che riproducessero questa attività.
                                                                                              Andrea De Rossi



LAPIDE STORICA A MADERNO DEL 1859



Finalmente è stata sistemata la lapide commemorativa che, dopo innumerevoli segnalazioni che ho fatto personalmente alle precedenti Amministrazioni Comunali sulla necessità ed opportunità di ripristinarla e renderla visibile al pubblico. Detta lapide, posta sul muro esterno di una casa in Via Roma a Maderno, che all’epoca apparteneva al Cav. Matteo Elena, ha inciso la seguente dicitura:

IN QUESTA VIA IL 24 GIUGNO 1859
FRA L’ANSIA E L’ESULTANZA DEL POPOLO ACCLAMANTE
NELLA FEDE DEI NUOVI DESTINI D’ITALIA
ENTRAVA IN MADERNO IL 3° BATTAGLIONE DEL 16° REGGIMENTO
ARALDO DI LIBERTA’ PER LA RIVIERA ALL’IDEALE EDUCATA
DA VENEZIA MADRE GLORIOSA NEI SECOLI

            Lo storico locale Francesco Stampais nel suo volumetto “Il Corpo Musicale di Maderno dal 1855 al 1925” pubblicato nel 1936 , ce ne racconta la sua storia. Questa lapide fu collocata certamente molti anni dopo quest’avvenimento dal Cav. Matteo Elena, allora proprietario dello stabile, e dettata dall’Avv.Donato Fossati, altro illustre storico locale, per ricordare l’ingresso a Maderno nel 1859 del 16° Reggimento Fanteria che partecipò successivamente alla gloriosa battaglia di S.Martino e Solferino. Lo Stampais ricorda che in realtà i soldati giunsero a Maderno il 18 giugno, ma la data fu volontariamente posticipata di sei giorni per farla coincidere on quella della vittoria di S,Martino e Solferino. I militari giunsero con musica e tamburi e, dopo la vittoriosa battaglia, gli stessi ritornarono a Maderno e vi rimasero sino alla fine di settembre. Furono ospitati in case e cortili mentre gli ufficiali trovarono sistemazione presso le famiglie  più altolocate. Fu trovato anche un locale idoneo per la scuola di musica militare preso la casa del sig. Vincenzo Gaioni. Ogni sera i trentasei tamburi della banda facevano il giro delle contrade, accolti con entusiasmo dalla popolazione. Il Capitano piemontese Capello, appartenente al suddetto Reggimento, fu ospite della famiglia Brunati, ne sposò la figlia Marta e fu padre del Generale d’artiglieria Giuseppe Capello morto a Brescia nel 1929. S’imparentavano poi con la famiglia Bulgheroni. Anche il sergente maggiore e capo tamburino Giuseppe Salvi si fermò successivamente a Maderno dove si sposò e per diversi anni fece l’istruttore a molti giovani amanti di questo strumento.
            Questo avvenimento si è verificato grazie al pressante interessamento del noto pittore madernese Anselmo Sinibaldi presso l’Amministrazione comunale la quale ha messo a sua disposizione un piccolo ponteggio mobile necessario ad eseguire tale lavoro che è stato svolto dallo stesso Sinibaldi volontariamente e con capacità.

                                                                                                                      Andrea De Rossi






venerdì 23 agosto 2013

IL PALAZZO BENAMATI DI MADERNO



Il 28 aprile 2001, alla presenza d’Autorità civili e religiose sono stati inaugurati gli uffici ed il Salone, recentemente restaurati a cura dell’Amministrazione Comunale, del Palazzo Benamati nella Via omonima di Maderno. I quattro locali, adeguatamente arredati, sono stati intestati ad altrettante personalità vissute in questo comune la cui vita ed opera  è stata ricordata durante la cerimonia.
            Al piano terra, il primo locale entrando a destra è stato intestato al musicista Giacomo Benvenuti e sarà adibito a sede dell’Ufficio Turistico. Il Benvenuti, nato a Toscolano nel 1885 e morto a Barbarano di Salò nel 1943 era figlio del pianista ed organista di Toscolano Cristoforo Benvenuti. Dal padre fu indirizzato agli studi musicali. Nel 1909 si diplomò a Bologna e oltre che organista divenne anche un ottimo direttore d’orchestra. Istruì direttori, orchestre e celebri cantanti fra i quali il famoso soprano locale Giuseppina Cobelli. Il Benvenuti fece anche numerose pubblicazioni musicali.
            Il secondo locale a destra è  dedicato alla memoria del Cav.Paolo Nino Gaoso e ospiterà gli Uffici dell’Assessorato al Turismo. Il Gaoso, noto personaggio locale, è nato a Garda nel 1892 e morto a Maderno nel 1978. Si distinse per l’attività religiosa che svolse insieme al salodiano Pierino Ebranati. In campo sociale, fu promotore negli anni cinquanta, quando ebbe inizio lo sviluppo del  turismo, della costituzione della locale Pro Loco della quale fu anche Presidente. Dal 1952 e per ben venticinque anni fu Presidente della Casa di Riposo “G.B.Bianchi” nella quale lasciò un segno indelebile della sua attività. Negli anni settanta, pur privo di mezzi finanziari, diede inizio alla ristrutturazione e all’adeguamento del vecchio stabile, affidandosi alla generosità dei cittadini e alla “divina provvidenza” com’egli ripetutamente affermava. Infatti, gli aiuti non gli mancarono e diede così inizio alla completa ristrutturazione del fabbricato, opera che i suoi successori continuarono fino a giungere ai risultati odierni. Infine, pur essendo personalmente schivo ad assumere cariche pubbliche, nel 1963 – a causa di una crisi interna dell’Amministrazione Comunale – non esitò ad assumersi l’incarico di Sindaco. A tale carica rinunziò quando la situazione politico-amministrativa si stabilizzò.
            Infine, sempre al piano terra, a sinistra il locale che ospiterà le varie Associazioni culturali e sportive del Comune, è stato intestato al celebre medico toscolanese Andrea Graziolo. Questo medico e filosofo, vissuto nel XVI° secolo, divenne noto nel 1567 a Desenzano per aver curato con successo la “peste petecchiale” che allora aveva colpito la cittadina gardesana, ottenendo, con il suo particolare metodo, numerose guarigioni. Sulla peste e su altri argomenti di medicina pubblicò numerose opere. La sua abitazione di Toscolano è quella in cui successivamente fu costruito il cinema teatro Zeni.
            Al piano superiore s’accede al grande salone, completamente ristrutturato, che sarà adibito a sala del Consiglio Comunale e ad eventuali congressi. Porta il nome del celebre pittore Andrea Celesti  che da Venezia si trasferì a Toscolano nel 1687. Nella chiesa parrocchiale di Toscolano e presso la dimora dei Conti Delay al porto, lasciò l’impronta della sua bravura. Il Celesti, nato nel 1637 e morto dopo il 1712, pare si sia rifugiato a Toscolano per aver pubblicamente dileggiato il Doge Alvise Contarini. In occasione di una mostra di quadri in Piazza S.Marco il Doge criticò una tela del Celesti il quale, per vendicarsi di questo affronto, espose un altro quadro raffigurante il Doge stesso con delle sproporzionate orecchie d’asino dall’indubbio e chiaro significato. Per sottrarsi alle ire del Doge il Celesti si rifugiò a Toscolano dove rimase confinato fino alla sua morte, salvo alcuni soggiorni temporanei a Brescia e pare anche a Venezia. Fu scolaro del manierista Matteo Ponzone e poi di Sebastiano Mazzoni. E’ noto per i pregevoli dipinti sparsi nelle case patrizie di Venezia, del veneto ed anche nel monastero di S.Floriano presso Linz. Lo troviamo anche nelle gallerie di Kassel, Nantes e Bordeaux, Dresda e Posdam oltre, naturalmente, in numerose chiese del bresciano.
            Le numerose e preziose tele custodite della chiesa dei SS.Pietro e Paolo a Toscolano, alcune delle quali recentemente restaurate, rappresentano una galleria della sua attività artistica.
            Il palazzo nel quale sono stati inaugurati i nuovi uffici e la sala consigliare apparteneva al noto benefattore Don Cristoforo Benamati, scomparso nel 1799 a 85 anni. Nel suo testamento del 17 giugno 1799 disponeva che tutto il suo patrimonio, compreso il palazzo, fosse destinato ad una scuola d’educazione per la gioventù di Maderno. Esecutore testamentario fu l’Arciprete Don Antonio Panzoldi. Claudio Fossati in una sua pubblicazione su questo sacerdote, scrisse: “ fu religioso senza ostentazione, saggio, tollerante come chi è largo di mente e di cuore, severo con se stesso, indulgente con tutti, ma saldo nelle sue credenze, intransigente solo con la sua coscienza. Fu Sacerdote per elezione, docente per genio, filantropo per sentimento, studioso per bisogno dello spirito.”
            In questo edificio fino al 1937 furono ospitate le Scuole elementari e fino agli anni settanta anche l’Asilo infantile. Con la costruzione da parte del Comune del nuovo Asilo di Via Vitali, lo stabile passò di proprietà Comunale.  Negli anni ottanta, parte di esso, fu trasformata in appartamenti popolari, mentre nel 1999 furono iniziati i lavori di recupero e sistemazione dei locali ora inaugurati. Dopo il 1937 e per diversi anni, in questo stabile si svolsero corsi serali professionali di disegno, che prima erano ospitati  nel “palazzo Gonzaga.

                                                                                                               Andrea De Rossi

CAPITANO MARIO NUDI PERSONAGGIO R.S.I.



Per rievocare l’accaduto necessita ritornare indietro ben 66 anni, cioè nell’anno 1943, dopo il famigerato 8 settembre quando il Maresciallo Badoglio annunciò per radio di aver chiesto agli alleati l’armistizio ed il giorno dopo “fuggì” con il Re a Brindisi. Dopo pochi giorni, da parte dei tedeschi, venne liberato Mussolini che era prigioniero sul Gran Sasso. Successivamente, con l’appoggio di Hitler, lo stesso Mussolini fondò la Repubblica Sociale Italiana la cui sede fu stabilita proprio qui sulla Riviera del Garda. Mentre il Duce si colloca a Gargnano, in tutta la Riviera vengono requisiti immobili da adibire a Ministeri che hanno lasciato Roma. Nell’edificio scolastico di Toscolano-Maderno viene fissata la sede del Ministero dell’Interno, nel palazzo Benoni – divenuto successivamente il Palace Hotel e poi Golfo Hotel – viene invece posta la sede del nuovo partito fascista con a capo Alessandro Pavolini, mentre nei locali che un tempo erano adibiti ad essicatoi della carta in località Promontorio (Bonaspetti), dopo alcuni lavori di adattamento, vengono posti la Caserma e gli Uffici del Reparto Autonomo di Polizia repubblicana.
Gli Agenti, in buona parte locali, si erano arruolati per evitare l’internamento in Germania e venivano adibiti ai vari servizi di Polizia presso il Ministero dell’Interno, ai posti di blocco ed al pattugliamento durante le ore del coprifuoco. Anche lo scrivente,  per evitare di essere internato in Germania come tanti altri coetanei, fu costretto ad arruolarsi in questo Reparto e fece il dattilografo proprio presso l’Ufficio Comando.
            A dirigere questo Reparto, che poi divenne Battaglione, fu, per primo, incaricato il Tenente, divenuto poi Capitano, Bruno Visintini che vi rimase fino al 27 ottobre 1944 il quale era alloggiato in Via Benamati presso la casa Elena. Il Capitano Mario Nudi lo sostituì fino al 12 gennaio 1945 quando ne prese il Comando il Maggiore Piccoli Antonio che rimase fino al 25 aprile 1945. Non posso dimenticare che il Capitano Visintini fu senza alcun dubbio la persona più umana e sensibile che conobbi in quel tempo e fece ogni sforzo per accettare giovani che intendevano sottrarsi al servizio militare presso la R.S.I. o all’internamento in Germania.  A distanza di tempo si può ora affermare che fu questo senz’altro il motivo per il quale fu esonerato dall’incarico per essere sostituito dal Capitano Nudi.
            Tutta questa premessa, perché intendo parlare proprio del Capitano Mario Nudi, che è passato alla storia per aver trasportato parte del cosiddetto “tesoro di Dongo” per poi finire fucilato con gli altri 15 gerarchi  sul lungolago di Dongo i quali furono poi esposti tutti in Piazzale Loreto a Milano con Mussolini e la Petacci.
            Per ben 47 giorni lavorai quindi alle dipendenze del Capitano Nudi del quale non conoscevo alcun suo precedente. Solo dopo la fine della guerra venni a conoscenza che lo stesso nacque a Roma il 17.7.1912, combatté in Africa Orientale e dal 1940 fu nominato Capomanipolo e Moschettiere del Duce. Fu Capitano anche dell’8ª  Brigata Nera “Resega” di Milano. Quando lasciò l’incarico nella Polizia seppi che si era trasferito presso Mussolini e nulla più fino all’annuncio della sua fucilazione a Dongo .Solo ora vengo a sapere che il Nudi fu nominato Direttore della Pubblica Sicurezza di Gargnano nonché Capo della “Presidenziale”, la scorta del duce.
            Leggendo il volume “La fine. Gli ultimi giorni di Mussolini nei documenti dei servizi segreti americani” di Giorgio Cavalleri e altri, edito nel 2009,nonché notizie di altre fonti relative a questo particolare momento, sono venuto a conoscenza di interessanti particolari sulla fine e sugli incarichi importanti che ebbe successivamente Mario Nudi. Nell’aprile 1945, quando gli anglo-americani stavano per invadere la pianura padana, i partigiani insorgevano nelle grandi città del nord e la R.S.I. si stava sciogliendo, i principali gerarchi fascisti si riunirono a Milano dove decisero poi di sfuggire verso la Svizzera. La sera del 25, quando Mussolini lascia la Prefettura di Milano è, come al solito, scortato da un Alfa Romeo rossa con la quale il suo segretario particolare Prefetto Luigi Gatti ed al suo fianco il suo assistente Mario Nudi trasportano parte del famoso “tesoro di Dongo” contenuto in sei valigie di cuoio di grosse dimensioni piene di anelli, collane, bracciali d’oro per un  enorme valore. La colonna viene fermata dai partigiani nei pressi di Dongo. Tutti vengono condotti nel Municipio. Mussolini e la Petacci sono portati a Giulino di Mezzegra ed il giorno dopo fucilati, mentre gli altri, tra i quali Mario Nudi, seguono la stessa sorte nel porticciolo di Dongo. Poi, oramai si sa, le salme furono state trasportate tutte a Milano  in Piazzale Loreto
            Anche le famose sei valige colme di preziosi (del peso complessivo di Kg.66) furono portate in Municipio e, successivamente in una villa del luogo, ma di tutto il tesoro si sono perse le tracce e nemmeno la Corte di Assise di Padova nel 1957 fu in grado di far luce su questa sparizione.
                                                                                                   
                                                                                                         Andrea De Rossi

NICOLA BOMBACCI PERSONAGGIO R,S,I,




       Con la barba di Bombacci ci farem gli spazzolini per lucidare le scarpe a Benito Mussolini.” Così cantavano gli squadristi fascisti nel 1921-22 quando Bombacci, insieme a Gramsci, fondò il Partito Comunista Italiano.
            Dopo più di un ventennio Nicola Bombacci, nato a Civitella Romagna nel 1879, poco distante da Predappio, nel 1943 si è trovato insieme a Mussolini, vecchio compagno romagnolo, con il quale ha poi collaborato durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana. Entrambi furono fucilati nell’aprile 1945.
             Bombacci diresse il Partito Socialista sino al congresso di Livorno del 1921, dal quale nacque il Partito Comunista dove egli subito aderì. Poi si recò in Russia per partecipare alla rivoluzione e lì fece amicizia con Lenin. Nel 1927 ritornò in Italia, si dice, perché espulso dal Partito. e pubblica la rivista “La verità”,
.           Dopo l’8 settembre 1943 aderì alla R.S.I., si trasferì sul Garda nel gennaio 1944 e divenne consigliere e confidente di Mussolini.
            In un primo tempo risiedette a Gargnano, vicino a Villa Feltrinelli dove abitava il Duce, con la moglie Erissene e la figlia Gea, mentre i due figli Raul e Vittorio avevano preso strade diverse. Vittorio si recò al sud per raggiungere gli americani e Raul salì anch’esso al nord ma, anziché a Gargnano con il padre, si arruolò nella VIª divisione Alpina di Giustizia e Libertà. Fu ferito dai tedeschi sul Gran San Bernardo e quindi ricoverato all’Ospedale di Grenoble, dove apprese dalla radio che il padre era stato fucilato a Dongo. Poi, nel gennaio 1944, Nicola Bombacci si trasferì a Toscolano-Maderno, prima all’Hotel Maderno e poi nella frazione di Gaino presso la famiglia G.B.Spagnoli e, infine, presso quella dei fratelli Zanini Mario e Lino. E’ accertato, durante la sua permanenza a Gaino, che si prestò per sottrarre numerosi abitanti di questa frazione all’arresto da parte dei tedeschi. Io ebbi modo di conoscere la figlia la quale, insegnante presso il Collegio Tuminelli di Gardone, passava frequentemente  da casa mia dove le mie sorelle esercitavano l’attività di sarte.
            Presso l’edificio scolastico del capoluogo dove era stato sistemato il Ministero dell’Interno, ebbe un apposito Ufficio dove egli si dedicò alla redazione dei famosi “18 punti” del manifesto di Verona con i quali si voleva estendere la “socializzazione”, cioè la partecipazione diretta dei lavoratori nell’impresa. Dall’ottobre 1944 egli iniziò a Salò una serie di conferenze, che poi estese nelle principali città dell’Italia settentrionale.
            Il 18 aprile 1945 Mussolini abbandonò Gargnano per dirigersi a Milano, Bombacci lo accompagna sullo stesso mezzo. Quando la situazione si complica si dividono e si dirigono entrambi verso il lago di Como, dove vengono catturati dai partigiani. Bombacci il 28 aprile viene ucciso al porticciolo di Dongo insieme agli altri gerarchi. Al momento della sua fucilazione ha gridato “Viva il socialismo”. Il suo corpo fu esposto, insieme agli altri gerarchi e a Mussolini, in Piazzale Loreto di Milano. La salma fu  sepolta nel cimitero cittadino di Musocco.
            E’ interessante quanto Vittorio Mussolini, figlio del Duce, disse a proposito di Bombacci: “Ho pensato al destino di questo uomo, un vero apostolo del proletariato, un tempo nemico accanito del fascismo e ora a fianco di mio padre senza alcun incarico né prebenda, fedele a due capi diversi fino alla morte. La sua calma mi è servita di conforto.”

                                                                                                                   Andrea De Rossi

AMERIGO DUMINI PERSONAGGIO R.S.I.



Un altro personaggio politico, apparentemente non impegnato nella politica della Repubblica Sociale Italiana fu AMERIGO DUMINI che giunse nel nostro comune il 1.6.1944 e vi rimase fino al 7.2.1945, data in cui si trasferì a Milano. In un primo tempo alloggiò presso la Locanda Baghet di Toscolano, poi si trasferì a Maderno presso la famiglia Stampais. Il suo nome è legato al delitto Matteotti. Risulta che morì a Roma nel 1967 causa un incidente domestico.
            Ai giovani questo nome non dirà molto, ma non così per le persone di una certa età perché è noto che nel 1924, insieme ad altri, rapì a Roma il 10 giugno il famoso parlamentare antifascista Giacomo Matteotti appartenente al Partito Socialista Unitario, il cui cadavere fu ritrovato soltanto il 20 agosto dello stesso anno a venti chilometri dalla capitale.
            Dumini, figlio di emigrati negli U.S.A., nacque a Saint Louis nel 1894 e ritornò in Italia con la famiglia nel 1910. Aderì alla R.S.I. e dopo il 25 aprile 1945 fu incarcerato fino al 1956. In precedenza fece parte della Polizia del Partito Fascista denominata “Ceka del Viminale” e per individuare gli antifascisti s’infiltrò nelle file comuniste  in Francia, cambiando identità.
            Dopo il delitto Matteotti venne inviato al confino nelle Isole Tremiti dal 1928 al 1932 e poi in una fattoria vicino a Derna in Libia. Durante l’ultima guerra fu preso e fucilato dagli inglesi nel 1941. Egli però sopravvisse a 17 pallottole in corpo e riuscì a fuggire.
            Era noto che, presentandosi, diceva: “Dumini, otto omicidi”
                                                                                                        
                                                                                                             Andrea De Rossi

VIA SAN PIETRO CHE CONDUCE A MONTEMADERNO





    La foto risale agli anni trenta del ‘900. La strada, al centro, che sale ripida verso Montemaderno è Via San Pietro, La scalinata che si nota nel primo tratto, ora è scomparsa mentre il crocevia di Via Benamati, che interseca con le Vie Garibaldi, Montana e Moretto, come è possibile accertare dalla foto,  aveva in quel tempo un selciato in ciottoli.    Poco più in alto,  destra, si vede la ex villa Caprera che ha una lunga e interessante storia. In quest’edificio, anticamente, vi era un Convento dei Padri Serviti o Servi di Maria.  Nel 1467, dietro il Convento, fu costruita una chiesetta. Nel 1562 il Convento fu soppresso e l’immobile, con annessa chiesetta, fu acquistato dai Gonzaga che già erano proprietari del “Serraglio” e della sua villa,
    All’inizio del Novecento la chiesa , già in cattive condizioni, fu completamente demolita e, in seguito, fu installata la sede della Caserma dei Carabinieri che fu trasferita altrove solo dopo la fine dell’ultima guerra,
                                                                                                           Andrea De Rossi

                                                                                                                Andrea De Rossi

giovedì 22 agosto 2013

IL PRIMO CONCERTO DELLA BANDA DI MADERNO DOPO LA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE




            Recentemente ho acquisito una bella foto della Piazza di Maderno affollata di gente  con indicata in calce una data:15 Febbraio 1920.
            Che avvenimento importante veniva celebrato il 15 febbraio 1920?
            Esaminata attentamente la foto  riprodotta ho constatato che non doveva trattarsi di una manifestazione civile o politica in quanto non si vedono esposte bandiere. Tanto meno poteva essere un avvenimento religioso. Numerose persone sono  al centro della Piazza tra il Municipio di quel tempo e la tabaccheria, e, intorno ad un palco, si notano i “musicanti.” Non poteva quindi trattarsi altro che di un concerto della Banda Musicale. Ho consultato perciò il volumetto di Francesco STAMPAIS “Il Corpo Musicale di Maderno dal 1855 al 1925” stampato nel 1936 il quale ha chiarito ogni cosa.
            Si tratta del primo concerto pubblico della Banda Musicale di Maderno dopo una lunga pausa dovuta alla guerra. Il 1° aprile 1915 il Maestro Regolo ROMANI, già dirigente della Banda dello stabilimento Marzotto di Valdagno, sostituì il Maestro Burlani, colui che scrisse la “Marcia Maderno” che ancora oggi viene suonata molto spesso. Il nuovo Maestro istituì una Scuola per allievi che era molto frequentata e riorganizzò il Corpo  composto di sessanta elementi. Ma il 24 maggio, con l’inizio della guerra, tutto si arenò. I “musicanti” vennero quasi tutti richiamati alle armi e così anche numerosi allievi. Con il novembre 1918, dopo la fine della guerra, cominciò il rimpatrio dei “musicanti” e  iniziarono le regolari lezioni.
            Bisognava però giungere al 1920 prima che la nostra Banda potesse affrontare un concerto pubblico. Infatti il 10 febbraio 1920 venne distribuito un cartoncino verde che diceva: “Dopo lunga e forzata sospensione causata dalla guerra, il Corpo Musicale di Maderno viene ora ricostituito sotto la direzione del Maestro Regolo ROMANI. Esso eseguirà il suo primo concerto in pubblico nel giorno di Domenica 15 febbraio  corrente, alle ore 15 precise, con il seguente programma:
1 - Lanzi    -.Liberi Cantiö  - Marciabile
2 - Cirenei -Intermezzo sinfonicoö
3 - Mascagni - Cavalleria Rusticanaö  - Fantasia
4 - Bizet  -     L'Arlesienneö -  2 Suite
5 - Romani - Passa la Guardia - Marcia alla Turca
             Dopo questo primo concerto la Musica di Maderno fa parlare di sè e, secondo lo Stampais che ci ha fornito queste notizie, un’esecuzione simile superò l’aspettativa di tutti.

                                                                                                     Andrea De Rossi

CARTIERE ANDREA MAFFIZZOLI ORA CARTIERA DI TOSCOLANO



CARTIERE ANDREA MAFFIZZOLI ORA CARTIERA DI TOSCOLANO
                                                    1780     -  1989
209  ANNI DI STORIA INDUSTRIALE

Per conoscere l’origine dell’attuale “Cartiera di Toscolano”del Gruppo Marchi, che comprende anche gli stabilimenti di Sarego, Villorba e Valchiampo, occorre ritornare indietro di qualche secolo. Nel 1780, infatti, fu fondata la Cartiera della Soc.ANDREA MAFFIZZOLI che, nella valle delle cartiere in località Maina Superiore, gestiva due stabilimenti uno a Maina di Maderno di proprietà Zuanelli Maria e l’altro a Luseti di Toscolano di proprietà Zuanelli Giuseppe. Lo stabilimento di Maina funzionava con quattro ruote, venti pile e tre tini, mentre quello di Luseti con due ruote, otto pile e un tino, come risulta dalla tabella n.4 riguardante le cartiere esistenti a Toscolano e Maderno nel 1782, pubblicata nel volume “Cartai e stampatori a Toscolano”, edito dalla Cartiera di Toscolano nel 1995. Solo verso la fine del ‘700 la società costruì due stabilimenti poco distanti uno dall’altro in località Maina Superiore, sulla sponda destra del torrente Toscolano e quindi in territorio di Maderno.
             In quel tempo, per valutare la capacità produttiva di una cartiera bisognava esaminare il rapporto: ruote – pile - tini. Due ruote muovevano i magli, che trituravano e pestavano gli stracci o raffinavano la pasta  entro due batterie formate da 4 o 5 pile di pietra. La pasta prodotta finiva in un tino dal quale gli operai la prendevano con le forme per fabbricare i fogli. L’unità produttiva era composta da due ruote cui poteva corrispondere 8, 9 o 10 pile e un tino. Nelle cartiere dove il rapporto era di due ruote e dieci pile la capacità produttiva aumentava di un 15%. Per aumentare la capacità produttiva con l’aggiunta di un tino,  bastava l’aumento di una ruota e quattro pile. Per passare a tre tini occorrevano quattro ruote e venti pile. Le spese per le riparazione dei canali di comuni servizi erano ripartite tra i proprietari in rapporto proprio al numero delle pile, il quale determinava anche il canone d’affitto dell’opificio. Esaminando l’inventario delle cartiere di Toscolano e Maderno del 1782, si rileva appunto che le cartiere più grandi avevano venticinque pile e tre tini (quella di Alberti Orazio in località Garde) mentre tutte le altre erano da venti a quattro pile.
            A questi opifici situati nella valle delle cartiere si poteva accedere, con carri trainati da buoi, soltanto scendendo da Gaino usando stretti viottoli, oppure, a piedi, servendosi dell’antico sentiero “delle assi” stretto e pericoloso, che costeggiava l’attuale via con gallerie, realizzata soltanto nel 1874, su iniziativa dei Maffizzoli e d’altri sei imprenditori.
            Ritorniamo alla soc. Andrea Maffizzoli dalla quale siamo partiti. A metà dell’800 era gestita da due fratelli: Andrea e Pietro Secondo fu Andrea. In quell’epoca gli opifici della soc.Maffizzoli rappresentavano una piccola parte delle imprese della valle in quanto erano superati dalle cartiere Andreoli (Maina), da quelle Visintini (al promontorio) e dagli Zuanelli (al ponte di Toscolano) al Lupo e alle Quattro Ruote. Solo dopo la metà dell’800 la soc.Maffizzoli attua scelte imprenditoriali tali da primeggiare sulle altre.
            Gli stracci erano inizialmente l’unica materia prima per la fabbricazione della carta, erano triturati per mezzo di pestelli di legno chiamati “folletti”, mossi dall’energia idraulica. I fogli si ottenevano con i “tini”,  setacci che separavano le fibre dell’impasto dall’acqua. In questo caso era molto importante l’abilità della persona addetta nel saper dosare la quantità di fibre da trattenere con la quantità dell’acqua da espellere al fine di ottenere una uniformità del foglio stesso. L’essiccazione dei fogli avveniva prima torchiandoli poi stendendoli o all’aperto o negli appositi essiccatoi. Questi non erano che dei grandi saloni arieggiabili, posti nei piani superiori delle cartiere, dotati d’enormi tapparelle di legno con un’apertura regolabile, che permettevano di far entrare il giusto afflusso d’aria, contribuendo ad un graduale essiccamento dei fogli.
 Nel 1789 esistevano 40 cartiere con alcune centinaia di addetti direttamente occupati ed altri operai che lavoravano nelle officine dell’indotto.
Nel 1845 fu brevettato l’uso del legno per la produzione di pasta per la carta (si è trattato, in sostanza, di trasformare le fibre vegetali in carta) e tale uso si diffuse prima negli U.S.A. e, successivamente, in altri Paesi stranieri. Solo verso la fine dell’800 le locali industrie cartarie iniziarono ad utilizzare materie prime diverse dagli stracci che, tra l’altro, erano divenuti più costosi a causa delle limitazioni all’acquisto causate da motivi igienici, per le numerose epidemie scoppiate in quel periodo. In precedenza le materie prime adoperate per la fabbricazione della carta erano, oltre gli stracci, anche la corda di canapa, la cellulosa e la pasta di legno, quest’ultime importate dall’estero.
Verso la metà dell’800 i Maffizzoli assieme ai Bianchi costituivano una società per la gestione dello stabilimento di Maina di Inferiore il quale, nel 1889, era considerato uno dei migliori della provincia e dove si produceva anche carta colorata.
Sempre i Maffizzoli ed i Bianchi aprivano uno stabilimento a Padova per la raccolta e la cernita degli stracci che erano forniti  anche alle principali cartiere d’Italia, in quel tempo materia prima per la produzione della carta.
 Intorno al 1872 la ditta Andrea Maffizzoli, succeduto a Pietro, si espandeva ulteriormente assorbendo la cartiera di Maina Inferiore, già dei Veronese e poi degli Emmer ed in seguito acquistando anche quella di Garde, costruita dagli Sgraffignoli e poi gestita dalla famiglia Fossati.
Nello stesso anno, secondo Donato Fossati, la ditta impiantò un completo sistema meccanico, erigendo dalle fondamenta il grandioso opificio in località Maina di Sopra e la produzione di carta salì ad oltre 40 q.li il  giorno.
Nel 1875 fu introdotta la prima macchina a lavorazione continua, alla quale, pochi anni dopo, ne seguì un’altra, che, rispetto al tradizionale “tino” ha contribuito ad elevare notevolmente la capacità produttiva dell’Azienda.
L’esigenza di facilitare i trasporti, costrinse i sette principali fabbricanti di carta a consorziarsi per realizzare la strada, da tanto tempo sognata, che congiungesse la valle al paese di Toscolano. Questa strada, costruita nel 1874, fu scavata nelle parti rocciose della valle e, per mezzo di alcune gallerie permetteva di raggiungere la cartiera di Andrea Maffizzoli. Il lavoro venne a costare 300.000 lire, di cui 8000 date dal comune di Toscolano per acquisire il diritto di passaggio, e fu sostenuto dalle due ditte di Andrea e Pietro Maffizzoli insieme con G. B.Zuanelli, Leonardo Emmer, Andrea Franceschini, Domenico Simonelli e G.B.Avanzini. Nel 1876 la strada fu prolungata fino all’altra cartiera di Pietro Maffizzoli.
            Nel 1881 un improvviso incendio distrusse quasi interamente un opificio delle cartiere Maffizzoli, che venne però riattivato in poco tempo. Successivamente la soc. Maffizzoli acquistava a Maina Inferiore la cartiera degli Emmer, l’unica ove attualmente esiste una ciminiera, e, in località Garde, quella dei Fossati. Nelle rovine di quest’ultima è possibile ancora adesso rinvenire alcuni resti riguardanti la fabbricazione della carta. Al piano terra si trovano alcuni resti delle “molazze”, vasche circolari in cui giravano due grosse ruote di pietra che servivano a macinare la materia prima, carta e cartone di recupero, senza danneggiare le fibre in esse contenute. Al piano superiore sono rimasti alcuni “cilindri olandesi”, introdotti all’inizio dell’ottocento, costituiti da una vasca in cemento o in metallo oblunga ed ovale divisa in due parti da una parete. Nei locali sottostanti si possono vedere ancora alcune “vasche di deposito” nelle quali scendeva la “pasta sfilacciata” ottenuta con le “olandesi raffinatrici”.
            Purtroppo la società Bianchi-Maffizzoli, che gestiva lo stabilimento di Maina , affidata sin dal 1868 al socio Rocco Bianchi, affiancato dal figlio G.Battista, (successivamente noto a Maderno per aver ricoperto la carica di Sindaco e di aver elargito fondi per beneficenza e regalato lo stabile per la costituzione della Casa di Ricovero), ebbe un notevole rovescio economico, a quanto pare colposo, tanto che Rocco Bianchi pose fine alla sua vita, impiccandosi nel magazzino di stracci situato in Piazza di Maderno il 28 settembre 1891. I Maffizzoli dovettero quindi provvedere subito ad un esborso di oltre 300.000 lire per la liquidazione della società che fu sciolta e sostituita dalla “Fratelli Maffizzoli di Giuseppe”, con atto del Notaio Claudio Fossati in data 15 settembre 1891, tredici giorni prima del tragico gesto di Rocco Bianchi.
            All’esposizione di Brescia del 1904  la cartiera A. Maffizzoli ottenne la gran medaglia d’oro del Comitato e quella della Camera di Commercio di Brescia.
            Le ditte Andrea Maffizzoli e la F.lli Maffizzoli il 5 novembre 1905 si fusero in una nuova società in accomandita.  Furono Ignazio e Giuseppe Maffizzoli (entrambi amici di Mons. Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII° che, nel 1925, li visitò a Toscolano) nonché il cav. Ettore Bianchi (figlio dell’ex socio dei Maffizzoli). Lo scopo della nuova società è quello di espandere nelle due fabbriche l’attività della macchina continua nonché quello di costruire un grande stabilimento in località “Capra” a Toscolano, con i più moderni apparecchi anche per la preparazione della pasta di legno in modo di aumentare la produzione e l’impiego della manodopera. I lavori per il nuovo stabilimento di “Capra” iniziarono nel 1906. Risulta che l’inaugurazione ufficiale del nuovo stabilimento avvenne il 19 marzo 1910.
            Il nuovo stabilimento di Capra fu dotato anche di un porto per il naviglio di trasporto. Furono poste cinque macchine continue modernissime e una per carte speciali a collaggio animale,  completato da laboratori di segheria per il taglio del legname,
La soc. Maffizzoli nel 1917 acquistò una vasta tenuta sul Po a Gussola nel Cremonese di 500 ettari, creando la “Società Pioppeti Maffizzoli” e, dopo aver sfruttato il patrimonio boschivo esistente (30 mila pioppi), dal 1919 iniziò una piantagione in grado di sopperire alle proprie esigenze industriali.
            L’avvento dell’energia elettrica, prodotta dalla centrale in località Camerate nel 1904 (2000 cavalli) che era condotta alle fabbriche per mezzo di una linea lunga sei chilometri e successivamente nel 1921 in quella di Garde (3000 cavalli), diede i primi sconquassi all’economia dell’intera valle.
            Nel 1926 grazie all’uso di sei macchine continue nello stabilimento di “Capra” aumentò la produzione della carta e triplicò quella della pasta di legno
            Nei cinque stabilimenti, compresi i quattro rimasti nella valle, la cartiera Maffizzoli, nel 1927 impiegava 1100 operai.
Dotata di moderni mezzi la fabbrica di “Capra” nel 1925 aumentava la produzione della carta da 300 a 350 q.li  al  giorno, utilizzata per le rotative del “Corriere della Sera”, del “Secolo”, del “Mattino” e del “Giornale d’Italia” ed anche d’altri giornali. La fabbrica produceva in tre ore un rotolo della lunghezza di 25 chilometri e del peso di 2500 Kg. Senza dir poi che la ditta controllava un processo che partiva dall’industria forestale per arrivare fino alla tipografia e litografia per stampa di buste, pur rimanendo la carta la principale produzione della ditta. Infatti, sempre più vasta era la gamma della produzione che comprendeva: carte da stampa, affissi, per blocchi, da giornale in rotoli, fine e mezzo fine da scrivere, carte assorbenti, da copialettere, da lettera, da registro, per macchina da scrivere; carte da involgere, carte per agrumi, cellulose monoculari, pelle aglio, carte colorate varie, carta mano macchina, carte pleure, carte da filtro, carte da fiori, carte da disegno, cartoncini bianchi e colorati, cartoncini per carte da gioco, per copertine, per cartoline, per schedari.
Successivamente si presentarono, però, le prime difficoltà economiche.
            Nel 1927 entrò un nuovo socio, Beniamino Donzelli, al quale fu affidata la direzione dell’Azienda e due anni dopo lo stesso Donzelli entrò a far parte del Consiglio d’Amm.ne diventandone il Presidente. Negli anni 1928 e 1929 si assistette ad una drastica diminuzione delle esportazioni. Perciò si procedette ad una ricapitalizzazione fondendo le due società della cartiera e dei pioppeti. Il 30% dei dipendenti fu licenziato e nuovi capitali furono cercati. Questi sono forniti dallo stesso Beniamino Donzelli, rappresentante di un gruppo naz.le che in pochi anni rileverà e ristrutturerà altre cartiere in crisi. Il 5 giugno 1937 la società sarà fusa e prenderà il nome di CARTIERA BENIAMINO DONZELLI.
Il 12 gennaio 1945 lo stabilimento di Toscolano viene bombardato da aerei alleati, riportando notevoli danni.
Nel 1954 è installata una nuova macchina continua per produrre carta di giornale. Sempre nello stesso anno Beniamino Donzelli prende il controllo della Soc. Cartiere Meridionali il cui stabilimento si trovava ad Isola del Liri (Frosinone).
La società Beniamino Donzelli mantenne in attività, fino al 1959, la cartiera di Garde e fino al 1961 quella di Maina inferiore (Macallè) dove si produceva carta filigranata. Infine furono entrambe definitivamente abbandonate ed il degrado della valle peggiorò ancor di più.
All’inizio del 1960, quale secondo gruppo cartario italiano, con la Finanziaria Breda Ernesto, società a partecipazione statale fu creata la S.p.A. Cartiera Mediterranea con stabilimento a Barletta.
Nel 1967 era incorporata nella C.B.D. la soc.Cartiere Meridionali prendendo il nome di C.B.D.M.
Nel 1969 veniva incorporata anche la cartiera Mediterranea e la società prendeva il nome di CARTIERE RIUNITE DONZELLI E MERIDIONALI (CRDM).
Negli anni settanta iniziarono serie difficoltà economiche che costrinsero la CRDM all’ingresso nella Società della MC S.p.A:, una finanziaria del gruppo EFIM che, dopo breve tempo, divenne l’azionista di maggioranza.
Alla fine del 1970, la società ritornò in mano privata e fu acquistata dalla soc.FABOCART, ma le condizioni economiche peggiorarono. Nel 1982 fu posta in amministrazione controllata e dopo tre anni in quella straordinaria. E’ un momento difficilissimo. La produzione si ridusse fino quasi ad arrestarsi, tanto che si temette la chiusura dello stabilimento.
Dopo un periodo d’incertezza, nel 1989, passò al Gruppo MARCHI, l’attuale detentore con una partecipazione al 25% della Burgo, e prese la denominazione: CARTIERA DI TOSCOLANO dando attualmente lavoro a circa 370 dipendenti.
                                                                                                             Andrea De Rossi

BIBLIOGRAFIA:
Enciclopedia bresciana di Fappani
Flavio Piardi – La valle delle cartiere – Grafo edizioni 1984
Cartai e stampatori a Toscolano edito dalla Cartiera di Toscolano nel 1995
Donato Fossati “Benacum – Storia di Toscolano - 1938