mercoledì 31 maggio 2017

1945. SBARCO AMERICANI A GARGNANO









Il periodico “Parla Cecina” n.44 del luglio 2010, pubblica un interessante articolo del Dott. Giuseppe Di Giovine riguardante lo sbarco a Gargnano, il 30 aprile 1945, della Fanteria di Montagna della Quinta Armata U.S.A.
            L’autore afferma che dopo lo sfondamento del fronte appenninico nell’aprile 1945, i reparti Alleati intrapresero le operazioni per la conquista della pianura padana ed ai reggimenti della 10^ Divisione fu ordinato di procedere verso la sponda orientale del lago di Garda e la Valle dell’Adige. A questo punto entrò in scena quella che venne scherzosamente chiamata la “marina di montagna”, cioè i DUKW, autocarri anfibi da 2 tonnellate e mezzo, sei ruote motrici e scafo con elica, familiarmente chiamati “anatre”. I DUKW, erano stati fatti affluire in gran numero per il passaggio del Po, ma il principale impiego fu proprio nel Garda. Da parte dell’85° ed 86° reggimento della decina divisione, ai quali era affidato l’obbiettivo di raggiungere il trentino da entrambe le sponde settentrionali del lago e bloccare i movimenti delle ingenti forze tedesche presenti nella zona.
            Fu così che, dopo una marcia da Lazise a Malcesine, all’85° reggimento spettò il compito della conquista della sponda occidentale del Garda che venne raggiunta con l’ultima operazione anfibia della seconda guerra mondiale in Europa, realizzata mediante l’impiego dei veicoli anfibi. La cronologia della Divisione e il diario dell’85° reggimento redatto dal Capitano Woodruff descrivono l’impresa anfibia verso la sponda bresciana e fanno rivivere gli avvenimenti del 30 aprile di sessantacinque anni fa, quando una forza d’assalto dell’85° reggimento comandata, come battaglione, dal maggiore Winkner e composta dalla Compagnia K del Capitano Cooper e da un plotone di mitragliatrici pesanti della compagnia M comandato dal tenente Bogin, salpò in piena notte su dodici DUKW verso la costa occidentale e sbarcò a Gargnano. Riferisce Woodruff che alle 8,15 del 30 aprile sia la villa di Mussolini sia gli Uffici in Gargnano furono occupati senza alcuna opposizione. Nella villa vennero trovati centinaia di oggetti donati al Duce ed anche le spade donate da Hitler e da Hirohito imperatore del Giappone, un violino, uniformi e decorazioni. A turno, i soldati di montagna dormirono nel grande letto di Mussolini e nella adiacente stanza. Gli “alpini” americani trovarono la zona già occupata dai partigiani, dai quali venne l’indicazione di un altro immobile del governo fascista, a Bogliaco, prontamente raggiunto dagli uomini del secondo plotone della compagnia K comandato dal tenente Kaytys. Doveva trattarsi evidentemente del Palazzo Bettoni nel quale si riuniva il Consiglio dei Ministri, utilizzando i mobili portati da Roma..
            Nella giornata del 30 aprile, il comando dell’85° ordinò due successive operazioni anfibie e così sbarcarono dai DUKW sulla costa a nord di Gargnano dapprima la compagnia L. del tenente Seery e poi la compagnia I del capitano Bucher ed entrambe proseguirono verso nord, lungo la gardesana, attraversando i tunnels occupati dai macchinari di una fabbrica di motori per i velivoli tedeschi.
            Il primo maggio, l’operazione si concluse con una parata del I° battaglione e la consegna di alcune “stelle di bronzo” da parte del Colonnello Raymond Barlow, comandante dell’85°. Il 7 maggio, la Polizia Militare della Quinta Armata subentrò alla compagnia K nella custodia della villa e degli uffici di Gargnano.
            A Maderno, invece, gli americani giunsero via terra il giorno prima. Infatti, domenica 29 aprile 1945, alle ore 14,30, arrivò in piazza la prima Jeep americana, accolta festosamente dalla popolazione.
                        

TOSCOLANO: COM'ERA NEL 1879




         Da tempo ero alla ricerca di questo importante documento redatto dal Sindaco di TOSCOLANO (allora comune autonomo) che ora ho trovato in internet grazie all’encomiabile iniziativa dell’Associazione Storico-Archeologica Riviera del Garda di Salò. Si tratta di una relazione che il Sindaco di quel tempo, Cav. Claudio Fossati, fece al Consiglio comunale di Toscolano  il 16 febbraio 1879 nella quale sono contenuti oltre venti argomenti di carattere amministrativo ed economico di molto interesse. L’argomento che mi ha particolarmente incuriosito è quello riguardante la popolazione che, al censimento del 1872, risultava di 2710 abitanti. Particolare importante ed eccezionale è che è stata suddivisa fra le varie attività svolte. Esaminando attentamente questo elemento si rimane stupefatti perché dopo 141 anni , (e non secoli) certi mestieri sono ora quasi completamente scomparsi. Esempio: vi erano allora 51 falegnami, 64 sarti e cucitrici, 38 calzolai, 39 calderai e fabbri. Perché? Il mondo  è davvero cambiato in questi ultimi tempi.
         Prima di trascrivere i risultati del censimento del 1872 il Sindaco, per quanto riguarda la popolazione, fece presente che Toscolano (comune a sé con le frazioni i Pulciano,Cecina e Gaino)) era soggetto a due correnti continue d’immigrazione: l’una dal Tirolo e l’altra dalla riviera veronese mentre le emigrazioni erano dirette verso la città di Brescia.
         Elenco ora la popolazione di Toscolano nel 1872, suddivisa per attività di ogni cittadino, ammontante a complessivi 2710 abitanti:
Calderai e fabbri 39 – falegnami 51 – muratori 19 – sarti e cucitrici 64 – calzolai 38 – domestici 55 –carrettieri 6 – mugnai 10 – prestinai (fornai) 11 – macellai 3 – materassai 1 –filatori 4 – inservienti sanità 4 –barcaioli 5 –guardie forestali 1 – accattoni 6 –diversi 2 – contadini operai 595 – cartai 514 (217 M -294 F) - osti 9 – impiegati 5 –docenti 6 – Sacerdoti 15 –scolari 85 – contadini possidenti 123 –fabbricatori di carta 8 –possidenti 29 –negozianti 17 – attendenti a casa  (femmine)  318 – ragazzi 593 – possidenti e negozianti 65.

                                                                                                     

venerdì 26 maggio 2017

IL COMUNE DI TOSCOLANO-MADERNO



L’attuale comune, costituitosi il 14 giugno 1928, non è altro che la fusione dei due centri di Toscolano e Maderno i quali vantano entrambi origini molto antiche: il primo etrusche ed il secondo romane. Pare, infatti, che il primo insediamento sia stato proprio ad opera degli etruschi nella zona del porto di Toscolano alla quale fu dato il nome di Benàco, poi sostituito, intorno al 1°secolo d.C., da Tusculanum.
Toscolano è ricordato, in particolare, perché nel 1° secolo d.C. la nobile famiglia romana dei Nonii costruì una stupenda villa della quale, nei pressi dell'ingresso alla cartiera, si possono  ammirare ancora ruderi e pavimenti in mosaico venuti alla luce nel 1967 a seguito dei lavori di scavo per la posa della fognatura. Alcune lapidi si possono ammirare presso il Museo lapidario di Verona, altre sono state a suo tempo murate nel campanile della Chiesa di Toscolano insieme a due colonne rabberciate che si trovano all'ingresso principale della Chiesa stessa.
All’interno del parco della villa romana si trovavano due templi: uno dedicato a Giove, sulle cui rovine è sorto il Santuario della Madonna del Benaco. L’altare di questa chiesa era formato da quattro colonne (le stesse che ora si trovano all’esterno del tempio) con un capitello nel quale era posta la testa, a forma di ariete, di Giove Ammone, fatta distruggere da San Carlo Borromeo nel 1580. L’altro, invece, era dedicato a Bacco. Su quest’ultimo fu costruita una chiesa dapprima dedicata a S. Andrea, più tardi a S. Domenico ed infine la stessa fu demolita nel ‘500 per far posto all’attuale Chiesa Parrocchiale dei SS.Pietro e Paolo. Ora ospita numerosi preziosi dipinti del pittore veneziano Andrea Celesti, quasi a divenire una sua galleria personale.
Maderno è legato alla memoria del Vescovo di Brescia S. Ercolano o S. Erculiano vissuto nel VI secolo. Questi, si rifugiò in una grotta presso Campione del Garda, per penitenza o perché perseguitato. Quando morì le sue spoglie furono contese tra gli abitanti della riviera per cui, secondo la leggenda, furono poste in una barca che fu abbandonata in balìa delle onde e del vento ,
Il giorno dopo questa barchetta approdò, prodigiosamente, nel golfo di Maderno. Nel 1455 fu riconosciuto protettore di tutta la riviera.
Anche Maderno può vantare una grandiosa e antica opera d’arte. Si tratta della Chiesa romanica dedicata a S.Andrea che s’affaccia, con la sua maestosa facciata, sulla piazza centrale.
Sul luogo dove si trova ora la Parrocchiale di Maderno sorgeva, fin dal Medio Evo, un maestoso castello con quattro torri delle quali è rimasto solo l'attuale campanile. Era, a quel tempo, circondato da doppie fosse e costruito certamente a difesa delle continue minacce barbariche
Intorno alla metà del XIII secolo fu adattato a palazzo pubblico sede del Podestà, poi del Vicario (Magistrato). Quando nel 1310 Maderno divenne capoluogo della riviera bresciana vi si installarono i vari organismi amministrativi che rimasero fino al 1377, anno in cui Beatrice della Scala decise di trasferire a Salò la sede della Magistratura e del capoluogo della riviera. Per questo affronto ai madernesi fu denominata, d’allora in poi, “Regina cagna”. Maderno, spogliata dai suoi privilegi, iniziò la sua decadenza. Il Palazzo cominciò ad andare in rovina fino a quando il 25 giugno 1645 un terribile incendio lo distrusse completamente. Soltanto un secolo dopo ebbe inizio la costruzione della nuova Parrocchiale, terminata soltanto nel 1825.
Il comune presenta un esempio d’integrazione economica: in prevalenza artigianale e industriale Toscolano e quasi esclusivamente turistico invece Maderno anche se negli ultimi 4 decenni tale attività si è estesa anche a Toscolano.
Le origini industriali di Toscolano, risalgono al 1300 in località "Camerate" dove sorse la prima fabbrica di carta. Nel secolo successivo, in località "Religione", così chiamata perché tempo prima fu fondata un’Abbazia Domenicana, i frati dell’Abbazia, dopo aver trasformato le terre incolte e paludose in campi fecondi ed aver costruito un porto ed una “seriola” (canale artificiale per condurre l’acqua), diedero inizio anch'essi all'industria cartaria usufruendo appunto della forza idraulica prodotta dalla “seriola” per far funzionare le macchine delle loro cartiere. Poi, con il tempo, tale attività si estese per tutta la valle delle Cartiere ed in quella delle Camerate che si riempirono non solo di "folli", piccoli edifici per la fabbricazione della carta, ma anche d’officine, magli e ferriere.
Direttamente collegate all'industria della carta sorsero anche alcune stamperie che ebbero notevole importanza. Basti ricordare gli stampatori Gabriele di Pietro da Treviso che, intorno al 1478, lavorò a Messaga e successivamente si trasferì presso i frati domenicani alla “Religione,” e Paganino Paganini ed il figlio Alessandro che dalla loro stamperia, inizialmente al porto di Toscolano, si spostarono nella frazione di Cecina. Durante la loro permanenza a Toscolano stamparono una cinquantina di preziose edizioni.
Verso il 1700 ebbe inizio un lento ed inarrestabile declino di queste attività. Poi l'avvento dell'energia elettrica diede loro il colpo di grazia. L’ultima cartiera rimasta nella valle fu quella dei Maffizzoli i quali, per esigenze di trasporti e d’ampliamento, costruirono in località"Capra" nel 1906 il nuovo stabilimento che, in seguito a notevoli ristrutturazioni, è divenuta l’attuale Cartiera di Toscolano, che ha assunto un’importanza nazionale ed internazionale
Anche Maderno disponeva d’alcune cartiere, poste sulla riva destra del torrente, ma l'attività principale era la coltivazione degli ulivi e dei limoni. All'inizio del secolo scorso, in segui notevoli costi di manutenzione, le limonaie furono progressivamente abbandonate. Pochi ruderi sono rimasti a testimoniare l'esistenza di questa attività che un tempo occupava il primo posto nell’economia in tutta la riviera del Garda. Gli ulivi, invece, pur essendo ancora una fonte di reddito, lasciano ogni anno spazio a nuove case, ville o condomini.
Per quanto riguarda il turismo a Maderno, già conosciuto dai Gonzaga di Mantova dal 1600, epoca che costruirono a Maderno la loro villa, dobbiamo rilevare che furono i tedeschi, verso la fine del 1800 a scoprire il nostro dolce clima, tanto che, contrariamente a quanto avviene oggi, la loro stagione turistica si limitava alla stagione autunnale ed invernale.
Un altro elemento storico si è inserito dal 1943 al 1945 nella vita del nostro comune. Infatti, dall’ottobre 1943, con la costituzione della repubblica sociale avvenuta dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso ed al suo trasferimento a Gargnano, buona parte degli uffici Ministeriali e amministrativi della capitale si sono trasferiti, con il relativo personale, a Toscolano-Maderno, occupando l’edificio scolastico nel quale si è installato il Ministero dell’interno e diversi alberghi e case private. Nella villa del sig. Benoni (ora Hotel Golfo) a Maderno ebbe sede la direzione del partito fascista repubblicano con a Capo Pavolini. Il tutto si risolse nell’aprile 1945 con la fine della guerra, senza eccessivi danni.
Subito dopo l'ultimo conflitto, il turismo ebbe a Maderno un notevole sviluppo. Furono ristrutturati e costruiti nuovi alberghi. Ciononostante, in piena stagione estiva, se l'annata è favorevole, diviene quasi impossibile accogliere tutte le richieste di ospitalità, ragione per cui è divenuta una delle principale attività economiche insieme a quella dell’industria cartaria.

                          Decreto 14.-..6-.1928 riguardante la riunione dei comuni di Maderno e Toscolano
                                            in un unico comune denominato TOSCOLANO-MADERNO


venerdì 12 maggio 2017

E I BACHI DA SETA?


Fino ai primi decenni del secolo scorso nei campi oltre agli olivi ed alla vite, erano coltivatianche i gelsi che si potevano trovare anche sul suolo pubblico.
Dall’archivio com.le di Maderno risulta, infatti, che la raccolta delle foglie dei tre grandi gelsi che si trovavano in Piazza, di quelli vicino alla chiesa Parrocchiale, del “Rivellino” e del “Crocefisso” (quest’ultimi sul lungolago), era data in appalto.
E' noto che le foglie di quest’albero servono ad alimentare le larve dei bachi da seta che erano allevati da numerose famiglie contadine per incrementare le loro scarse disponibilità economiche.
Si trattava di un lavoro che richiedeva sacrificio, non solo per gli uomini ma anche per le donne, perché l’allevamento dei bachi da seta avveniva in casa, in ambienti caldi dove esisteva una stufa a legna od il focolare, nella maggior parte dei casi corrispondeva alla cucina.
Gli uomini erano impegnati continuamente alla raccolta delle foglie di gelso per stare al passo con la voracità dei bruchi. Quando poi le foglie erano bagnate, prima di darle in pasto ai bachi, dovevano essere adeguatamente asciugate per evitare che questi animali fossero attaccati da una particolare malattia, il calcino, dovuto ad un fungo parassita.
Dopo aver acquistato le uova (che erano vendute ad once) bisognava tenerle in luoghi caldi per far nascere la larva ed in seguito deporle sugli “arèi”. Appena nate dovevano essere nutrite con foglie di gelso triturate, poi quando erano un po’cresciute, con foglie intere. Mangiavano per otto giorni consecutivi e poi dormivano per 24 ore. In questo periodo, chiamato “la prima muta”, i bachi cambiavano la “camicia”, cioè si spogliavano della prima pelle, come fanno i serpenti. Dopo il risveglio della “prima muta” dovevano essere nutriti ancora per otto giorni e, al termine, andavano nella “seconda muta” e così per quattro volte consecutive. Quando i bruchi diventavano gialli e dalla loro bocca fuoriusciva il filo di seta, si dovevano  mettere “al bosco”. Si trattava dimettere sugli “arèi” dei rami o delle fascine di legna minuta per dar loro la possibilità di iniziare a costruire la “galèta”, vale a dire il bozzolo dal quale si ricavava la seta. Nel bozzolo, la larva subisce la metamorfosi in crisalide e poi in quella d’insetto perfetto (la farfalla). I bozzoli erano poi
staccati dai rami e pronti per la vendita.
Parte dei bozzoli era destinata alla produzione della seta, mentre l’altra parte serviva per la semenza. Quest’ultimi erano pesati per dividere il maschio dalla femmina (le femmine erano più leggere dei maschi). Una volta bucato il bozzolo, dallo stesso usciva il bruco trasformato in “farfalla” che si accoppiava. La femmina, rinchiusa in un sacchetto, vi deponeva le uova e si trasformava poi in “bigàcc” che era dato in pasto agli animali da cortile. L’anno successivo le uova deposte si trasformavano in bachi ed il processo ricominciava da capo.
A Maderno, nell’attuale Via Montana, esisteva un luogo chiamato ancora adesso "galetèr” dove si raccoglievano i bozzoli prodotti localmente che erano poi inviati nei centri appositi 
per ricavarne la seta, mentre in Via Aquilani dove ora si trova l’Albergo Golfo, dopo la metà dell’800, Erculiano Veronese installò un importante filatoio di “galete” con 16 fornelli e 37 dipendenti. L’attività di questo filatoio cessò verso la fine dell’800 quando lo stabile fu acquistato dal Generale Lamberti di Castelletto per adibirlo a sua residenza, dopo aver fatto notevoli modifiche ed aggiunte.
Questo è ciò che accadeva fin verso la metà del secolo scorso, gli ultimi anni in cui furono allevati i bachi da seta, Prima ancora, però, nella case erano molto diffusi i fornelli per filare le galète e produrre la prima seta grezza che, per antica tradizione, era venduta alla Fiera di S.Pietro a Toscolano il 29 giugno. In quel tempo esistevano in diversi filatoi, posti in ambienti tutt’altro che confortevoli, che assorbivano giovane manodopera femminile.

venerdì 5 maggio 2017

MANIFESTAZIONE RELIGIOSA SUL LAGO


Oltre mezzo secolo fa, e precisamente dal 6 all’11 ottobre del 1953, la città di Salò ha volutofesteggiare solennemente il quinto centenario della costruzione del suo Duomo.
Per l’organizzazione dei grandiosi festeggiamenti si costituì un Comitato d’Onorepresieduto dal Presidente del Consiglio Pella, mentre alla presidenza di quello esecutivo fu nominato il sig. Antonio Filippini.
Questa celebrazione oltre che nel Duomo, si svolse sullo specchio d’acqua prospiciente la Piazza della Vittoria. Fu quindi predisposto un apposito regolamento per la partecipazione ad un grande concorso per barconi, motoscafi, barche e chiatte che dovevano sfilare nel golfo di Salònella “notte d’incanto” dell’11 ottobre, giorno di chiusura dei festeggiamenti. Naturalmente al centro di questa manifestazione fu allestita la “nave eucaristica” o “bucintoro”, quest’ultima denominazione si riferisce alle antiche navi da parata usate a Venezia dal doge in occasione di solenni cerimonie, sulla motonave Ticino che la Navigarda cedette per l’occasione e che fu adeguatamente addobbata ed illuminata ed al centro fu allestito un grande altare. A queste grandi  cerimonie, oltre al Vescovo di Brescia Giacinto Tredici e numerose altre autorità civili e religiose,partecipò anche il Cardinale Roncalli, futuro Papa XXII,che sabato 10 ottobre prese la parola. Il Cardinale Roncalli era legato alla Riviera del Garda in quanto amico dei F.lli Ignazio e Giuseppe Maffizzoli che finanziarono la costruzione dell’oratorio di Toscolano denominato “Casa per i figli del popolo” che venne a visitare nel 1925.
In occasione della grande festa fu anche prevista una gara sportiva denominata “Circuito del Garda” che doveva svolgersi in bicicletta ed alla quale avrebbero dovuto partecipare Bartali, Coppi ed altri assi dell’epoca, se il cattivo tempo non avesse costretto a sospenderla.
Per partecipare alla grande sfilata della “notted’incanto” dell’11 ottobre, daToscolano partirono per Salò una numerosa schiera di barche pavesate e trainate da due rimorchiatori dellaCartiera Beniamino Donzelli: il “Concordia” ed il “ Lina”, anch’essi addobbati e gremitidi fedeli. Giunti a Maderno,dove i balconi delle case
prospicienti il lago erano adornati come per il passaggiodi una processione, il corteodelle barche fece il giro del golfo (vedasi foto) per poi proseguire per Salò dove si aggiunsero a quelli allestiti localmente, per
chiudere degnamente questa serata alla quale assisterono oltre ventimila persone.
Ho potuto ricostruire questo grande avvenimento religioso grazie alla disponibilità di foto dell’epoca concesse dal sig. Mario Zambiasi di Toscolano ed alle notizie di questa vicenda descritte dall’amico Mario Ebranati di Salò nell’opuscolo “Salò - fede, arte, curiosità.".


mercoledì 3 maggio 2017

MUSICISTA BERTOLAZZA BORTOLOMMEO

Bertolazza Bortolommeo di Domenico e di Apollonia Lombardi fu un personaggio
straordinario locale che merita di essere ricordato. Nacque a Toscolano il 3 marzo 1772 in una cartiera che il padre Domenico, affittuale dei Conti Fioravanti-Zuanelli, gestiva a Toscolano in località “Religione”e che il secolo successivo passò di proprietà alla famiglia Visintini. Fu battezzato il giorno successivo da Don Canetti, come risulta al n° 364 nel registro custodito presso la Parrocchia di Toscolano. Il padrino, o compare come si chiamava un tempo, fu G.D. Francesco Monselice di Bortolo da Maderno.  Purtroppo morì tragicamente nel 1820.
Fu uno strano, semplice, ma importante personaggio con forte inclinazione per la musica tanto che, in breve tempo, riuscì da autodidatta a diventare un virtuoso del mandolino.
Quando ancora era un ragazzino Bartolommeo dovette, a malincuore, seguire le orme del padre per apprendere il mestiere di cartaio. Questa attività era poco gradita perché il giovane aveva un carattere inquieto ed una forte passione per la musica, tanto da essere ammirato da tutti.
Esaltato dai successi ottenuti in campo musicale, a diciotto anni decise di abbandonare il paese e la propria famiglia e, in compagnia dei suoi amici Bazzani e Lena, suonatori di chitarra e Pietro Ferrari cantore di arie buffe, decise di percorrere l’Italia del nord ed in particolare il Piemonte ed il Trentino tenendo concerti nelle piazze, nelle osterie e nei teatri. Il successo fu immediato, applausi e denaro permettevano a questo gruppetto di condurre una vita spensierata. Poi si trasferirono a Marsiglia e Tolone riscuotendo consensi ed applausi sia sulle piazze sia nei teatri vivendo delle sole offerte del pubblico fino allo scoppio della rivoluzione del 1797, che li costrinse al rimpatrio.
Il Bertolazza rimase a Toscolano per poco tempo per poi trasferirsi nel Tirolo dove prese in moglie Margherita Leonardi. Nel 1796 ebbe un figlio, Giacomo Giuseppe anch’esso divenuto amante della musica. Dopo aver visitato le principali città austriache giunse a Vienna. Qui conobbe il celebre pianista Colò di Riva il quale, dopo aver scoperto il suo gran talento musicale, gli insegnò lettere e musica.
La Corte di Vienna e le personalità d’alto rango facevano a gara nell’offrirgli lavoro e protezione, ricompensandolo di denaro ed onorificenze per la tecnica, l’eleganza e la melodia delle composizioni che aveva il dono di natura d’improvvisare con molta facilità.
Da Vienna riprese la sua vita vagabonda e si trasferì a Dresda. Anche qui fu accolto con grandi onori: la sera del 10 settembre 1803 presso la Corte si esibì in un spettacolare concerto che entusiasmò a tal punto il pubblico che in suo onore fece stampare, in seta, due sonetti in italiano con la riproduzione del suo ritratto che lo storico locale Donato Fossati, nel libro “Benacum . Storia di Toscolano”, stampato nel 1941, dichiarò di possedere. Nel 1804, a Berlino, suonò accompagnat con la chitarra del figlio Giacomo di 8 anni, le variazioni tratte da un tema dell’opera “La bella molinara” di Giovanni Paisiello.
Dopo aver trascorso circa dieci anni in Germania si trasferì prima in Olanda e poi in Gran Bretagna. Anche a Londra fu chiamato dalla Corte per le sue capacità musicali. Riceveva un compenso di due ghinee al giorno ed inoltre la Corte gli permetteva di dare applauditi concerti dai quali trasse benefici economici.
Nel 1820 decise, infine, di trasferirsi con la moglie ed il figlio in Brasile, secondo la stampa di quel tempo sembra per raggiungere una vecchia fiamma coronata conosciuta a Dresda. Ma il destino volle che la nave che li trasportava naufragasse con tutti i suoi passeggeri.
Lasciò numerose composizioni non solo riguardanti lo strumento preferito, il mandolino, ma anche la chitarra, il violino ed il pianoforte. Qui sotto viene riprodotto uno stralcio del registro dei BATTESIMI. della Parrocchia di Toscolano dove risulta indicato come Bortolommeo Bertolazza.