“Con la barba di
Bombacci ci farem gli spazzolini per lucidare le scarpe a Benito Mussolini.”
Così cantavano gli squadristi fascisti nel 1921-22 quando Bombacci, insieme a
Gramsci, fondò il Partito Comunista Italiano.
Dopo
più di un ventennio Nicola Bombacci, nato a Civitella Romagna nel 1879, poco
distante da Predappio, nel 1943 si è trovato insieme a Mussolini, vecchio
compagno romagnolo, con il quale ha poi collaborato durante il periodo della
Repubblica Sociale Italiana. Entrambi furono fucilati nell’aprile 1945.
Bombacci diresse il Partito Socialista sino al
congresso di Livorno del 1921, dal quale nacque il Partito Comunista dove egli
subito aderì. Poi si recò in Russia per partecipare alla rivoluzione e lì fece
amicizia con Lenin. Nel 1927 ritornò in Italia, si dice, perché espulso dal
Partito. e pubblica la rivista “La verità”,
. Dopo
l’8 settembre 1943 aderì alla R.S.I., si trasferì sul Garda nel gennaio 1944 e
divenne consigliere e confidente di Mussolini.
In
un primo tempo risiedette a Gargnano, vicino a Villa Feltrinelli dove abitava
il Duce, con la moglie Erissene e la figlia Gea, mentre i due figli Raul e
Vittorio avevano preso strade diverse. Vittorio si recò al sud per raggiungere
gli americani e Raul salì anch’esso al nord ma, anziché a Gargnano con il
padre, si arruolò nella VIª divisione Alpina di Giustizia e Libertà. Fu ferito
dai tedeschi sul Gran San Bernardo e quindi ricoverato all’Ospedale di
Grenoble, dove apprese dalla radio che il padre era stato fucilato a Dongo. Poi,
nel gennaio 1944, Nicola Bombacci si trasferì a Toscolano-Maderno, prima
all’Hotel Maderno e poi nella frazione di Gaino presso la famiglia G.B.Spagnoli
e, infine, presso quella dei fratelli Zanini Mario e Lino. E’ accertato,
durante la sua permanenza a Gaino, che si prestò per sottrarre numerosi
abitanti di questa frazione all’arresto da parte dei tedeschi. Io ebbi modo di
conoscere la figlia la quale, insegnante presso il Collegio Tuminelli di
Gardone, passava frequentemente da casa
mia dove le mie sorelle esercitavano l’attività di sarte.
Presso
l’edificio scolastico del capoluogo dove era stato sistemato il Ministero
dell’Interno, ebbe un apposito Ufficio dove egli si dedicò alla redazione dei
famosi “18 punti” del manifesto di Verona con i quali si voleva estendere la
“socializzazione”, cioè la partecipazione diretta dei lavoratori nell’impresa.
Dall’ottobre 1944 egli iniziò a Salò una serie di conferenze, che poi estese
nelle principali città dell’Italia settentrionale.
Il
18 aprile 1945 Mussolini abbandonò Gargnano per dirigersi a Milano, Bombacci lo
accompagna sullo stesso mezzo. Quando la situazione si complica si dividono e
si dirigono entrambi verso il lago di Como, dove vengono catturati dai
partigiani. Bombacci il 28 aprile viene ucciso al porticciolo di Dongo insieme
agli altri gerarchi. Al momento della sua fucilazione ha gridato “Viva il
socialismo”. Il suo corpo fu esposto, insieme agli altri gerarchi e a Mussolini,
in Piazzale Loreto di Milano. La salma fu
sepolta nel cimitero cittadino di Musocco.
E’
interessante quanto Vittorio Mussolini, figlio del Duce, disse a proposito di
Bombacci: “Ho pensato al destino di
questo uomo, un vero apostolo del proletariato, un tempo nemico accanito del
fascismo e ora a fianco di mio padre senza alcun incarico né prebenda, fedele a
due capi diversi fino alla morte. La sua calma mi è servita di conforto.”
Andrea De Rossi
Andrea De Rossi
La foto è di Ezra Pound, non di Nicola Bombacci.
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