lunedì 26 agosto 2013

ANTICHE INDUSTRIE E I RAPPORTI CON VENEZIA





Com’è noto il 13 maggio 1426 il Doge di Venezia Francesco Foscari, emise un  Decreto con il quale riconobbe la piena autonomia amministrativa della Riviera del Garda fregiandola del titolo di primogenita e denominandola come “Magnifica Patria della Riviera” la quale comprendeva ben 42 comuni fra i quali anche Maderno e Toscolano. Quest’ultimi due furono uniti in un solo comune solo il 14 giugno 1928.
            In segno di fedeltà a Venezia, il Comune di Maderno fece erigere nel 1610 la colonna ionica con sopra il Leone di S. Marco, in piazza di fronte alla sede municipale di quel tempo.
            Alla fine del ‘700, quando i francesi invasero l’Italia, il leone originale in pietra fu abbattuto. I rivoluzionari anziché distruggerlo, lo caricarono su una barca e lo portarono al largo del golfo, Prima però di calarlo nel lago gli attaccarono una corda al collo con una grossa pietra: un gesto inutile, naturalmente, ma che aveva un preciso significato politico.
            La colonna, posta in Piazza di Maderno, rimase così orfana del  leone per più di un secolo. Nel 1896, in occasione della visita al suo amico Giuseppe Zanardelli che possedeva a Maderno una villa, lo scultore e pittore siciliano Ettore Ximenes, manifestò la volontà di offrire al comune di Maderno il leone tanto desiderato. Ma quando il 1.9.1902 giunse la tanta attesa cassa contenente il dono, l’impressione fu veramente deludente per tutti. Il leone non era di pietra ma di bronzo e di modeste dimensioni. Soprattutto gli mancava il libro con la scritta “PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS”, perciò non aveva nulla della simbolica fierezza dell’autentico leone della Serenissima.
            Trattandosi di un omaggio che lo scultore intendeva offrire al Comune di Maderno, tramite il primo Ministro Zanardelli, il Consiglio Comunale, nella seduta del 13.11.1902 stabilì di accettarlo e metterlo in sostituzione di quello abbattuto.
            Con la Repubblica Veneta Toscolano e Maderno ebbero non soltanto rapporti amministrativi o politici, ma soprattutto commerciali.
            Il primo commercio fu quello del ferro, sostituito poi  da quello della carta.
            Nelle due valli del Torrente Toscolano, la prima chiamata ora Valle delle Cartiere e l’altra delle Camerate, sorsero nel secolo XV numerose fucine e ferriere e si crearono quindi fonderie e magli che servirono anzitutto per costruire bombarde, ancore e catene per la flotta veneziana.
            La famiglia Assandri, chiamata poi Delay, fu una delle prime che iniziò, (insieme anche all’industria cartaria) quest’attività che si estese per tutta la valle. La stessa fu dichiarata nobile dalla Repubblica Veneta per le sue benemerenze aziendali e quindi fregiata di tale titolo. Con Decreti Ducali 10 e 11 febbraio 1689 e 3 febbraio e 11 dicembre 1690 il Doge Morosini, lodò e ringraziò Giulio Delay per aver fornito tremila bombe le quali, caricate sulla flotta salpata da Venezia il 24 maggio 1693, servirono a coronare di vittoria, per l’ultima volta, gli stendardi della Repubblica. Nel secolo XVIII queste industrie, oramai in decadenza, si rialzarono per iniziativa di Napoleone I°, e furono tramutate in chioderie ed ebbero ancora un’intensa attività. Il loro prodotto era venduto soprattutto nel Veneto. Poi, sopraggiunta la grande industria meccanica, dovette soccombere sopraffatte dalla concorrenza.
            Non lo furono, invece, le numerose cartiere sorte anch’esse nella valle, le prime delle quali risalivano al 1300. Le stesse furono costruite sulle sponde del torrente Toscolano per sfruttarne l’energia idraulica. Poi con il tempo le stesse si svilupparono notevolmente, occupando tutti gli spazi disponibili nella stretta valle, che divenne satura.  Nel secolo XVI, per la necessità di vincere la concorrenza, i più arditi fabbricatori di carta locali, fondarono a Venezia case di commercio per lo smercio del loro prodotto. Risulta che una settantina di famiglie abbandonò il nostro paese per trasferirsi nella capitale della Repubblica Veneta. Alcuni personaggi rappresentanti l’industria cartaria locale, fra cui Anton Maria Belloni, Nicola Fossati e Gio Franco Alberti, nell’ultimo secolo della Serenissima, costituirono una Società di Navigazione, protetta dal governo, con lo scopo di commerciare con la Russia mediante gli scali del Mar Nero. Invece altri proprietari di cartiere locali, come  gli Zuanelli ed i Calcinardi, possedevano a Venezia navi proprie, altri, invece, avevano carature in navigli sociali ed altri ancora facevano parte dell’apposita Corporazione partecipando con competenza ed autorità alle relative deliberazioni.
            La carta fabbricata a Toscolano ebbe un’enorme diffusione perché era superiore, per qualità, a tutte le altre fabbricate in Italia.
            Anche un certo Antonio Bernardini da Monselice, proprietario di alcune cartiere a Maderno, fu un gran fornitore di carta alla repubblica Veneta. Per queste sue benemerenze, gli fu assegnato il titolo di “Bernardini della carta”.
            Per rendersi conto di come si era sviluppata quest’attività, basti pensare che sul finire del XV secolo gli opifici di questo genere che si trovavano nella valle, superava di gran numero quelli della restante Venezia.
            Dopo l’invenzione della stampa, il mercato veneziano divenne il più florido centro europeo dell’editoria. A Toscolano le fabbriche di carta iniziarono a produrre in serie carte adatte per stampare i libri, la quale era collocata a Venezia in quantità sempre maggiore. Fu certamente per questo motivo che alcuni famosi tipografi si trasferirono a Toscolano. La convenienza economica fu la molla che da Venezia li spinse sulle rive del lago con tutta la loro attrezzatura.
Il primo fu Gabriele di Pietro da Treviso, noto per le sue bellissime edizioni stampate a Venezia, Brescia ed Udine dal 1472 al 1478.
            Intorno al 1478, infatti, il famoso tipografo Gabriele di Pietro fu chiamato dal Sindaco di Toscolano e consigliere della Magnifica Patria, Stefano Agnelli, il quale era proprietario di alcune cartiere.
            Poi, nel 1519, fu la volta di Paganino Paganini, di origine bresciana, ma che aveva svolto la sua attività a Venezia fino al 1485, accompagnato dal figlio Alessandro che anch’esso svolgeva lo stesso lavoro. Il Paganini, già dal 1505, aveva a Toscolano una fabbrica di carta che serviva alle sue necessità di lavoro. Dal 1519 al 1538 i Paganini pubblicarono a Toscolano ben 43 opere. Il loro trasferimento a Toscolano fu quindi dovuto a ragioni economiche e commerciali. La carta prodotta a Toscolano, veniva trasferita a Venezia  imbarcata su appositi natanti che raggiungevno la sponda veneta e da lì, con altri mezzi, raggiungeva Verona per essere trasportata attraverso l’Adige ed il Po per raggiungere Venezia, senza dover uscire dal territorio della Repubblica.
 Da un libro di Angela Nuovo, stampato nel 1990, si apprende che Alessandro Paganini stampò a Venezia, e non a Toscolano come si credeva, il Corano in caratteri arabi, ma nessun esemplare fu mai rintracciato. Nello stesso volume la Nuovo informa che dopo 450 anni di ricerche, ha ritrovato, casualmente, una copia del Corano, stampato  tra il 1537 ed il 1538,  presso la Biblioteca dei Frati Minori di S.Michele di Venezia.


Maderno, 5 marzo 2007                                                                   Andrea De Rossi

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