Fino ai primi decenni del secolo scorso nei campi
oltre agli olivi e alla la vite erano coltivati pure i gelsi che si potevano trovare
anche sul suolo pubblico.
Dall’archivio
com.le di Maderno risulta, infatti, che la raccolta delle foglie dei tre grandi
gelsi che si trovavano in Piazza, di quelli vicino alla chiesa Parrocchiale,
del “Rivellino” e del “Crocefisso” (quest’ultimi sul lungolago), era data in
appalto.
E'
noto che le foglie di quest’albero servivano ad alimentare le larve dei bachi
da seta che erano allevati da numerose famiglie contadine per incrementare le
loro scarse disponibilità economiche.
Si
trattava di un lavoro che richiedeva sacrificio, non solo per gli uomini ma
anche per le donne, perché l’allevamento dei bachi da seta avveniva in casa, in
ambienti caldi dove esisteva una stufa a
legna od il focolare, nella maggior parte dei casi corrispondeva alla cucina.
Gli
uomini erano impegnati continuamente alla raccolta delle foglie di gelso per
stare al passo con la voracità dei bruchi. Quando poi le foglie erano bagnate,
prima di darle in pasto ai bachi, dovevano essere adeguatamente asciugate per evitare
che questi animali fossero attaccati da una particolare malattia, il calcino, dovuto
ad un fungo parassita.
Dopo
aver acquistato le uova (che erano vendute ad once) bisognava tenerle in luoghi
caldi per far nascere la larva ed in seguito deporle sugli “arèi”. Appena nate dovevano essere
nutrite con foglie di gelso triturate, poi quando erano un po’cresciute, con
foglie intere. Mangiavano per otto giorni consecutivi e poi dormivano per 24
ore. In questo periodo, chiamato “la
prima muta”, i bachi cambiavano la “camicia”,
cioè si spogliavano della prima pelle, come fanno i serpenti. Dopo il risveglio
della “prima muta” dovevano essere
nutriti ancora per otto giorni e, al termine, andavano nella “seconda muta” e così per quattro volte
consecutive. Quando i bruchi diventavano gialli e dalla loro bocca fuoriusciva
il filo di seta, si dovevano mettere “al
bosco”. Si trattava di mettere sugli “arèi”
dei rami o delle fascine di legna minuta per dar loro la possibilità di
iniziare a costruire la “galèta”, vale
a dire il bozzolo dal quale si ricavava la seta. Nel bozzolo, la larva subisce
la metamorfosi in crisalide e poi in quella d’insetto perfetto (la farfalla). I
bozzoli erano poi staccati dai rami e pronti per la vendita.
Parte
dei bozzoli era destinato alla produzione della seta, mentre l’altra parte
serviva per la semenza. Quest’ultimi erano pesati per dividere il maschio dalla
femmina (le femmine erano più leggere dei maschi). Una volta bucato il bozzolo,
dallo stesso usciva il bruco trasformato
in “farfalla” che si accoppiava. La
femmina, rinchiusa in un sacchetto, vi deponeva le uova e si trasformava poi in
“bigàcc” che era dato in pasto agli
animali da cortile. L’anno successivo le uova deposte si trasformavano in bachi
ed il processo ricominciava da capo.
A
Maderno, nell’attuale Via Montana, esisteva un luogo chiamato ancora adesso “ il galetèr” dove si raccoglievano i
bozzoli prodotti localmente che erano poi inviati nei centri appositi per
ricavarne la seta, mentre in Via Aquilani dove ora si trova l’Albergo Golfo,
dopo la metà dell’800, Erculiano Veronese installò un importante filatoio di “galete”
con 16 fornelli e 37 dipendenti. L’attività di questo filatoio cessò verso la
fine dell’800 quando lo stabile fu acquistato dal Generale Lamberti di
Castelletto per adibirlo a sua residenza, dopo aver fatto notevoli modifiche ed
aggiunte.
Questo
è ciò che accadeva fin verso la metà del secolo scorso, gli ultimi anni in cui
furono allevati i bachi da seta, Prima ancora, però, nella case erano molto
diffusi i fornelli per filare le galète e produrre la prima seta grezza
che, per antica tradizione, era venduta alla Fiera di S.Pietro a Toscolano il
29 giugno. In quel tempo esistevano in diversi filatoi, posti in ambienti tutt’altro
che confortevoli, che assorbivano giovane manodopera femminile.
Andrea De Rossi
Andrea De Rossi
BIBLIOGRAFIA: Periodico gargnanese
“En Piasa”- Inverno 1999
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