Numerose sono le sculture custodite nella chiesa
romanica di S.Andrea a Maderno, il gioiello d’arte più importante della riviera
occidentale del Garda, la quale, purtroppo, è uno degli edifici del culto
locale maggiormente danneggiato dal violento terremoto dello scorso 24
novembre.
.
Ne
citiamo alcune che tutti possono ammirare:
-
iscrizione funeraria murata sul lato sinistro esterno, angolo Via
Benamati, la quale è dedicata alla memoria di un Comandante della Tribù Fabia,
una delle trentasei nelle quali era diviso il popolo romano e precisamente
quella di Brixia di cui i benacensi
facevano parte;
-
sempre nello stesso angolo vi è scolpita una biga alla quale sono
aggiogati due destrieri guidati da Fetonte, figlio di Apollo che, secondo la
mitologia, volle guidare il carro solare del padre, ma a causa della sua
inesperienza precipitò poi nel fiume Po;
-
un vessillario romano, troncato sia in alto che in basso, posto sul
lato destro della Basilica, poco dietro la fontanella;
-
il sarcofago della pagana Cassia Festa, moglie di Quinto Minicio Macro
parente con i Nonii-Arrii che risiedevano nella villa romana di Toscolano. In
questo sarcofago, che ora funge da altare della Madonna, furono poste le ceneri
di S.Ercolano dopo che nel 1580 il Cardinale Carlo Borromeo fece togliere le
figure pagane esistenti, sostituendole con un’altra epigrafe dettata dal
Vicario di Maderno.
Fu appunto nel 1580 che il Cardinale Carlo
Borromeo, in visita apostolica sulla riviera del Garda, fece chiudere la cripta
esistente in quanto in quel tempo S.Ercolano era venerato in questo luogo dove
un tempo i pagani si rivolgevano all’oracolo di Apollo per ottenere i responsi,
così come avveniva a Delfi nel VII
secolo a.C. grande centro religioso e sede del più famoso oracolo (Apollo) dell’antica
Grecia e quindi non era compatibile con la religione cattolica. Un ricordo di
questa cripta può essere ammirato all’esterno della Basilica. Si tratta di un
prezioso capitello posto sul vertice esterno del tetto verso la piazza sul
quale era inserita una croce di ferro staccatasi a causa della violenza del
recente terremoto e, successivamente, recuperata dai Vigili del Fuoco il 2
dicembre scorso in occasione dell’accertamento dei danni subiti dalla chiesa
stessa.
In occasione dei lavori di
restauro alla Basilica, avvenuti nel 1962, da parte della Sovrintendenza alle
Belle Arti fu rimessa alla luce la cripta fatta chiudere circa 400 anni prima
dal Cardinal Borromeo. Di conseguenza fu elevato il pavimento del presbiterio
sul quale è stato posto un nuovo altare rivolto al pubblico. Davanti a quest’altare
rivolto ai fedeli, con una felice intuizione e buon gusto, è stata messa
un’antica pietra lavorata che da tempo immemorabile si trovava murata nel
cortile della canonica e che è così andata ad aggiungersi alle altre sculture
esistenti nella Basilica. L’importanza artistica e storica di questa preziosa
pietra è rilevata da Gaetano Panazza, noto cultore bresciano di storia ed arte
antica, nel volume del 1960 “Sculture preromaniche e romaniche della riviera
occidentale del Garda” dando la seguente descrizione della pietra in questione quando
ancora si trovava murata nel cortile della canonica:
“Nel cortile della canonica, posta a fianco della chiesa romanica di
S.Andrea (sec.XII) è murato un pluteo rettangolare in marmo rosato di Verona
molto consunto per essere stato adoperato per lungo tempo come lastra di
pavimento.
In alto corre una fascia
a intrecci viminei formata da due nastri doppi di tre cordonature ciascuno,
ondulati e intrecciati, di modo che il motivo si conclude, alle estremità, con
una semielisse agli angoli.
Sotto questo motivo vi è un
nastro che recinge il riquadro rettangolare inferiore; da quello di contorno
nascono i due nastri formanti otto riquadri disposti su due ordini di quattro
ciascuno. I quadrati sono collegati uno
all’altro dall’intreccio dei due nastri alla metà dei lati di ogni riquadro;
nel loro interno campiscono due colombe che beccano un grappolo d’uva, tre nodi
gordiani, due foglie polilobate e due foglie di forma triangolare. Il pluteo misura m.0,81 x 1,008;
probabilmente è del sec.VIII-IX e ricorda quello del Museo Civico di Como e
quello del Museo di Cividale proveniente dal Battistero.”
Andrea De Rossi
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