II nuovo “ponte della Garbaria”, recentemente (2002) costruito sul torrente Toscolano dall’Amministrazione Comunale per facilitare il collegamento fra i due centri di Maderno e Toscolano, ha preso questo strano nome in quanto, secondo lo storico Donato Fossati, sulla riva destra del fiume, in territorio di Maderno, esistette per diverso tempo una conceria tedesca di pellami , chiamata "Gerberei" dalla quale la zona prese, probabilmente, il nome italianizzato di GARBARIA Fu trasformata poi in un oleificio tuttora esistente. Quanto sopra è confermato dall’inventario delle strade del comune di Maderno redatto nel 1849 dall’Ing. Franco Novelli il quale fra “Le strade di Capra”, cioè quelle che allora partivanodalla strada Regia e si dirigevano verso il Promontorio, vi è compresa quella del Mulino e Garbaria (attuale Via Bellini) la quale viene così descritta: Parte dalla strada Regia e, dopo 48 metri, si divide in due rami, l’uno diretto verso est con metri 95 che porta al Mulino comunale (attuale Macello) e al fiume. L’altra, diretta al sud, tocca il portone delle Cartiere della Garbaria (ora Oleificio) ed entrando con metri 44 trova ed esce dal secondo portone a fronte del precedente indi, ripiegando verso sera, sbocca sulla strada Chini (attuale Via Promontorio) della lunghezza di metri 739.
Questo nuovo ponte, in cemento armato, è stato edificato nella stessa località (Garbaria) in cui, in tempi molto lontani, esisteva l’unico guado che collegava i centri di Maderno e Toscolano. Poco distante, in epoca più recente, fu costruito un ponticello di legno che attraversava il fiume e che fu demolito diversi decenni fa. Entrambi portavano direttamente all’Abbazia Domenicana, ora Palazzo Visintini, nel quale i Frati Domenicani costituirono, nel XIII secolo, il loro convento. Cerchiamo di ricostruire la storia di questi Monaci ed i motivi per i quali giunsero a Toscolano, grazie ad informazioni che ci ha lasciato il citato storico Fossati.
Le sponde ed il terreno circostante del torrente Toscolano del promontorio si formarono nel corso dei secoli a seguito dell’accumulo di materiale trascinato dal torrente e presero la loro denominazione dal suolo in cui sorgevano e precisamente “Grecenigo”, che significa erboso, quelle sulla sponda sinistra in territorio di Toscolano , per intenderci dove sorse l’Abbazia Domenicana e, “Onglarino, dal latino glarea che significa sabbia, quelle sulla sponda destra in territorio di Maderno.
Il collegamento fra i due centri, non esistendo alcun ponte sul torrente, si svolgeva, com’è stato accennato, attraverso un guado che a Toscolano era in prossimità dell’Ospizio di Grecenigo (attuale Palazzo Visintini) e a Maderno vicino all’odierno oleificio, quindi molto lontano dai centri abitati. L’ospizio, infatti, che Carlo Magno nell’8° secolo aveva imposto di tenere nei paesi in cui vi era la Corte Regia (dove si trovavano gli uffici statali) come a Toscolano, ospitava viandanti e pellegrini fra i quali anche molti lebbrosi ed appestati, motivo per il quale fu posto lontano dal paese. Vicino ad esso fu eretta la chiesetta di S.Lucia, della quale, all’interno dello stabile Visintini, sono rimaste labili tracce, L’ospizio, in quel tempo, era molto più vicino al lago che attualmente perché nel corso dei secoli il promontorio è andato estendendosi con l’apporto del materiale trascinato dal fiume.
Poco distante dall’attuale ponte cinquecentesco, di fronte all’ex cartiera Zuanelli-Andreoli, divenuta poi Vetturi, dove sorge ora la sede del Municipio, fu costruito in epoca successiva il primo ponte di legno che ha sostituito, in parte, il guado esistente.
All’inizio del XIII secolo fu fondato l’Ordine Domenicano ed approvato dal Papa Onorio III nel 1216. Quest’Ordine non solo aveva per scopo di sedare le guerre e le inimicizie e di predicare la pace e la concordia, ma anche quello, non trascurabile, della lotta contro le dottrine ereticali del Medio Evo e contro coloro che le personificavano. In particolare l’eresia “patarina”, sorta a Milano, era molto diffusa fra gli straccivendoli che, numerosi, frequentavano le cartiere locali per fornire loro la materia prima per la fabbricazione della carta. Anche gli storici Paolo Guerrini e Guido Lonati ritengono che i frati non giunsero a Toscolano solo per assistere gli infermi ed i pellegrini dell’Ospizio, ma per affrontare questa nuova eresia che in quel tempo era molto diffusa.
Fu in quel periodo che il comune di Toscolano cedette ai frati Domenicani l’intero complesso (Ospizio, chiesa e terreni annessi). I Monaci trasformarono l’Ospizio in un convento ed ampliarono la chiesetta di S.Lucia ed il tutto assunse al rango d’Abbazia Domenicana. Con duro lavoro trasformarono le terre incolte e paludose del delta in campi fecondi, piantandovi viti, olivi e limoni e diedero impulso alla più importante attività di Toscolano: la produzione della carta.
La prima cartiera ad entrare in funzione fu quella detta “di sopra”, cui seguì, dopo il prolungamento della seriola che servì anche per irrigare i campi e far muovere le macchine, quella “di sotto”, nonché altre due piccole laterali.
Per facilitare il commercio dei loro prodotti e l’attracco dei barconi, costruirono anche un porto chiamato “Porto dei frati”, per differenziarlo da quello del comune che si trovava in contrada “Benaco”(attuale zona porto). Sull’area interrata del “Porto dei frati” fu costruito, agli inizi del 1900 l’Oleificio Sociale che ebbe però breve durata e che, in tempi recenti, fu trasformato in un capannone per il rimessaggio delle barche, attività ora scomparsa.
Secondo una pergamena che si trova nell’Archivio Vescovile di Brescia, nel 1279 l’opera d’assestamento e di bonifica era tanto avanzata da includere la cinta muraria del brolo, parte della quale esiste tuttora.
I domenicani, quasi alla vigilia dal loro esodo da Toscolano, bonificarono anche i terreni divenuti di loro proprietà sulla sponda destra del fiume (promontorio di Maderno) chiamati “Onglarino”.
Nel tempo acquistarono altri beni a Maderno, tra i quali i monti di Seasso e, a Toscolano, Livrana e Selva Oscura, per ricavarne legna e fieno.
Un ricordo della presenza dei frati, come ricorda G.Lonati, è un’ara romana, che in questo caso altro non è che una parte di un’antica colonna capovolta, che ora si trova nel cortile della canonica di Maderno con incisa una croce e la data del 1693. Tale colonna che molto probabilmente fu recuperata, con tanti altri pezzi, fra i resti della villa romana di Toscolano, fino ai primi decenni del secolo scorso si trovava in località “Bolzem”, in fondo al lungolago di Maderno dove svetta un imponente platano. Questa località è stata sempre chiamata “la crocetta” per il motivo che i frati, provenienti dal loro convento, la utilizzavano come reggi croce, come testimonia il foro posto al centro del basamento, e fu posta come meta delle loro processioni.
Intorno al 1440, convento, chiesa e beni passarono in commenda (tipo di contratto in uso nel Medioevo che dava la facoltà d’uso di un beneficio ecclesiastico vacante senza che la persona ne diventasse proprietario) al patrizio Bartolomeo Malipiero o Maripietro e nel 1471 a Marino Badoaro.
Nel 1479 i domenicani rimasti convinsero lo stampatore Gabriele di Pietro, che lavorava a Messaga di Toscolano presso il fabbricante di carta Scalabrino Agnelli, a trasferirsi al convento con la sua attrezzatura, dove stampò diversi libri.
Nel 1483 Papa Sisto IV incorporò i beni al Convento di S.Croce della Giudecca di Venezia, perciò i frati furono costretti ad abbandonare il lago.
A seguito di un incendio che distrusse il loro convento a Venezia nel 1562, i beni di Toscolano furono venduti ai Monaci di S.Salvatore a Brescia, divenuti Canonici lateranensi di S.Afra, chiamati anche frati Agostiniani o padri del Rocchetto, i quali vi rimasero fino al 1772 e, con notevole lavoro, riportarono al loro aspetto originario i fabbricati e le industrie che erano stati a lungo trascurati.
Fu nel 1772 che nacque in una delle piccole cartiere presso il porto, figlio d’operaio, Bartolommeo Bertolazza, anch'esso operaio negli anni giovanili, divenuto poi famoso suonatore di mandolino e compositore d’opere musicali.
Dopo il 1772, soppresso il monastero, il Senato veneto vendette i beni a Giovanni Torre che, nel 1793, a sua volta, li rivendette al nobile Angelo Olivari di Salò e, infine, nel 1815, passarono in proprietà ai Visintini di Morgnaga di Gardone Riviera. Fabio Visintini nel suo libro “Memorie di un cittadino psichiatra” precisa che del vecchio convento è tuttora conservata la porta ad arco ogivale che dava accesso alla sala refettorio, successivamente diventato magazzino, situata all’angolo nordest del cortile di casa, chiuso a nord e ad ovest da quelle parti di fabbricato che, in seguito a diverse modifiche, furono abbellite da un portico costruito sulle colonne recuperate dall’atrio del tempio crollato di S.Antonio in Toscolano, e divennero l’abitazione della sua famiglia.
Intanto, afferma Fabio Visintini, il nome alternativo e più antico del luogo “Grecenigo” fu definitivamente perduto per essere sostituito con quello di Religione di San Domenico.
Di quel borgo medievale non restano oggi che poche e labili tracce, mentre a lungo sopravvisse la festa di S.Domenico nella cui ricorrenza il parroco di Toscolano si recava là con tutti i sacerdoti del comune di Toscolano per celebrare la S.Messa, mentre nei dintorni si svolgeva una fiera.
Nel Museo Civico di Verona è depositato il “Sigillum Conventus Sancti Dominici de Tusculano”.
Dai documenti esaminati e trascritti nella tesi di laurea sull’argomento da parte di Silvia Tisi, attinti all’Archivio di Stato di Milano, risulta che il convento era denominato “Religione di S.Domenico” e se ne possono conoscere i membri. La comunità era retta da un “preposito” il quale era il principale responsabile dell’organizzazione materiale e spirituale della casa. Era in sostanza un fratello maggiore degli altri frati, ma primo in dignità, nel lavoro e nella carità. Oltre al “preposito” vi erano alcuni “fratres”, semplici chierici o forse anche solo laici. I “prepositi”erano per lo più preti ma provenivano da altri paesi (escluso Toscolano), mentre i “Fratres” provenivano da Toscolano o dalle zone vicine.
Erano proprietari di numerosi terreni non solo a Toscolano e Maderno, ma anche nei comuni vicini e nella Valtenesi. I terreni erano dati in affitto dai tre ai nove anni, dietro pagamento in natura (olio, vino, capponi, polli, tordi, frutta, frumento, ecc.) e, in parte minima, in denaro. Interessante esaminare, sugli atti, il tipo dei terreni che davano in affitto. Potevano essere per terra olivata (coltivazione ad olivi), terra vidata (coltivazione a vite), terra rosiva (coltivata a roseum, pianta che produce una sostanza usata in tintoria), terra loriva (coltivata ad alloro), terra vegra (appezzamento
incolto). Andrea De Rossi
Le sponde ed il terreno circostante del torrente Toscolano del promontorio si formarono nel corso dei secoli a seguito dell’accumulo di materiale trascinato dal torrente e presero la loro denominazione dal suolo in cui sorgevano e precisamente “Grecenigo”, che significa erboso, quelle sulla sponda sinistra in territorio di Toscolano , per intenderci dove sorse l’Abbazia Domenicana e, “Onglarino, dal latino glarea che significa sabbia, quelle sulla sponda destra in territorio di Maderno.
Il collegamento fra i due centri, non esistendo alcun ponte sul torrente, si svolgeva, com’è stato accennato, attraverso un guado che a Toscolano era in prossimità dell’Ospizio di Grecenigo (attuale Palazzo Visintini) e a Maderno vicino all’odierno oleificio, quindi molto lontano dai centri abitati. L’ospizio, infatti, che Carlo Magno nell’8° secolo aveva imposto di tenere nei paesi in cui vi era la Corte Regia (dove si trovavano gli uffici statali) come a Toscolano, ospitava viandanti e pellegrini fra i quali anche molti lebbrosi ed appestati, motivo per il quale fu posto lontano dal paese. Vicino ad esso fu eretta la chiesetta di S.Lucia, della quale, all’interno dello stabile Visintini, sono rimaste labili tracce, L’ospizio, in quel tempo, era molto più vicino al lago che attualmente perché nel corso dei secoli il promontorio è andato estendendosi con l’apporto del materiale trascinato dal fiume.
Poco distante dall’attuale ponte cinquecentesco, di fronte all’ex cartiera Zuanelli-Andreoli, divenuta poi Vetturi, dove sorge ora la sede del Municipio, fu costruito in epoca successiva il primo ponte di legno che ha sostituito, in parte, il guado esistente.
All’inizio del XIII secolo fu fondato l’Ordine Domenicano ed approvato dal Papa Onorio III nel 1216. Quest’Ordine non solo aveva per scopo di sedare le guerre e le inimicizie e di predicare la pace e la concordia, ma anche quello, non trascurabile, della lotta contro le dottrine ereticali del Medio Evo e contro coloro che le personificavano. In particolare l’eresia “patarina”, sorta a Milano, era molto diffusa fra gli straccivendoli che, numerosi, frequentavano le cartiere locali per fornire loro la materia prima per la fabbricazione della carta. Anche gli storici Paolo Guerrini e Guido Lonati ritengono che i frati non giunsero a Toscolano solo per assistere gli infermi ed i pellegrini dell’Ospizio, ma per affrontare questa nuova eresia che in quel tempo era molto diffusa.
Fu in quel periodo che il comune di Toscolano cedette ai frati Domenicani l’intero complesso (Ospizio, chiesa e terreni annessi). I Monaci trasformarono l’Ospizio in un convento ed ampliarono la chiesetta di S.Lucia ed il tutto assunse al rango d’Abbazia Domenicana. Con duro lavoro trasformarono le terre incolte e paludose del delta in campi fecondi, piantandovi viti, olivi e limoni e diedero impulso alla più importante attività di Toscolano: la produzione della carta.
La prima cartiera ad entrare in funzione fu quella detta “di sopra”, cui seguì, dopo il prolungamento della seriola che servì anche per irrigare i campi e far muovere le macchine, quella “di sotto”, nonché altre due piccole laterali.
Per facilitare il commercio dei loro prodotti e l’attracco dei barconi, costruirono anche un porto chiamato “Porto dei frati”, per differenziarlo da quello del comune che si trovava in contrada “Benaco”(attuale zona porto). Sull’area interrata del “Porto dei frati” fu costruito, agli inizi del 1900 l’Oleificio Sociale che ebbe però breve durata e che, in tempi recenti, fu trasformato in un capannone per il rimessaggio delle barche, attività ora scomparsa.
Secondo una pergamena che si trova nell’Archivio Vescovile di Brescia, nel 1279 l’opera d’assestamento e di bonifica era tanto avanzata da includere la cinta muraria del brolo, parte della quale esiste tuttora.
I domenicani, quasi alla vigilia dal loro esodo da Toscolano, bonificarono anche i terreni divenuti di loro proprietà sulla sponda destra del fiume (promontorio di Maderno) chiamati “Onglarino”.
Nel tempo acquistarono altri beni a Maderno, tra i quali i monti di Seasso e, a Toscolano, Livrana e Selva Oscura, per ricavarne legna e fieno.
Un ricordo della presenza dei frati, come ricorda G.Lonati, è un’ara romana, che in questo caso altro non è che una parte di un’antica colonna capovolta, che ora si trova nel cortile della canonica di Maderno con incisa una croce e la data del 1693. Tale colonna che molto probabilmente fu recuperata, con tanti altri pezzi, fra i resti della villa romana di Toscolano, fino ai primi decenni del secolo scorso si trovava in località “Bolzem”, in fondo al lungolago di Maderno dove svetta un imponente platano. Questa località è stata sempre chiamata “la crocetta” per il motivo che i frati, provenienti dal loro convento, la utilizzavano come reggi croce, come testimonia il foro posto al centro del basamento, e fu posta come meta delle loro processioni.
Intorno al 1440, convento, chiesa e beni passarono in commenda (tipo di contratto in uso nel Medioevo che dava la facoltà d’uso di un beneficio ecclesiastico vacante senza che la persona ne diventasse proprietario) al patrizio Bartolomeo Malipiero o Maripietro e nel 1471 a Marino Badoaro.
Nel 1479 i domenicani rimasti convinsero lo stampatore Gabriele di Pietro, che lavorava a Messaga di Toscolano presso il fabbricante di carta Scalabrino Agnelli, a trasferirsi al convento con la sua attrezzatura, dove stampò diversi libri.
Nel 1483 Papa Sisto IV incorporò i beni al Convento di S.Croce della Giudecca di Venezia, perciò i frati furono costretti ad abbandonare il lago.
A seguito di un incendio che distrusse il loro convento a Venezia nel 1562, i beni di Toscolano furono venduti ai Monaci di S.Salvatore a Brescia, divenuti Canonici lateranensi di S.Afra, chiamati anche frati Agostiniani o padri del Rocchetto, i quali vi rimasero fino al 1772 e, con notevole lavoro, riportarono al loro aspetto originario i fabbricati e le industrie che erano stati a lungo trascurati.
Fu nel 1772 che nacque in una delle piccole cartiere presso il porto, figlio d’operaio, Bartolommeo Bertolazza, anch'esso operaio negli anni giovanili, divenuto poi famoso suonatore di mandolino e compositore d’opere musicali.
Dopo il 1772, soppresso il monastero, il Senato veneto vendette i beni a Giovanni Torre che, nel 1793, a sua volta, li rivendette al nobile Angelo Olivari di Salò e, infine, nel 1815, passarono in proprietà ai Visintini di Morgnaga di Gardone Riviera. Fabio Visintini nel suo libro “Memorie di un cittadino psichiatra” precisa che del vecchio convento è tuttora conservata la porta ad arco ogivale che dava accesso alla sala refettorio, successivamente diventato magazzino, situata all’angolo nordest del cortile di casa, chiuso a nord e ad ovest da quelle parti di fabbricato che, in seguito a diverse modifiche, furono abbellite da un portico costruito sulle colonne recuperate dall’atrio del tempio crollato di S.Antonio in Toscolano, e divennero l’abitazione della sua famiglia.
Intanto, afferma Fabio Visintini, il nome alternativo e più antico del luogo “Grecenigo” fu definitivamente perduto per essere sostituito con quello di Religione di San Domenico.
Di quel borgo medievale non restano oggi che poche e labili tracce, mentre a lungo sopravvisse la festa di S.Domenico nella cui ricorrenza il parroco di Toscolano si recava là con tutti i sacerdoti del comune di Toscolano per celebrare la S.Messa, mentre nei dintorni si svolgeva una fiera.
Nel Museo Civico di Verona è depositato il “Sigillum Conventus Sancti Dominici de Tusculano”.
Dai documenti esaminati e trascritti nella tesi di laurea sull’argomento da parte di Silvia Tisi, attinti all’Archivio di Stato di Milano, risulta che il convento era denominato “Religione di S.Domenico” e se ne possono conoscere i membri. La comunità era retta da un “preposito” il quale era il principale responsabile dell’organizzazione materiale e spirituale della casa. Era in sostanza un fratello maggiore degli altri frati, ma primo in dignità, nel lavoro e nella carità. Oltre al “preposito” vi erano alcuni “fratres”, semplici chierici o forse anche solo laici. I “prepositi”erano per lo più preti ma provenivano da altri paesi (escluso Toscolano), mentre i “Fratres” provenivano da Toscolano o dalle zone vicine.
Erano proprietari di numerosi terreni non solo a Toscolano e Maderno, ma anche nei comuni vicini e nella Valtenesi. I terreni erano dati in affitto dai tre ai nove anni, dietro pagamento in natura (olio, vino, capponi, polli, tordi, frutta, frumento, ecc.) e, in parte minima, in denaro. Interessante esaminare, sugli atti, il tipo dei terreni che davano in affitto. Potevano essere per terra olivata (coltivazione ad olivi), terra vidata (coltivazione a vite), terra rosiva (coltivata a roseum, pianta che produce una sostanza usata in tintoria), terra loriva (coltivata ad alloro), terra vegra (appezzamento
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