domenica 22 settembre 2013

CURIOSA STORIA DELLA BEFFA DEL GOBBO

Riporto una curiosa e stravagante storia che lo storico Avv. Donato Fossati ha, fra le altre, pubblicato nel vol.1 “Storie e leggende” edito nel 1943.
Si tratta di un fatto che avviene verso la fine dell’Ottocento quando la Valle delle Cartiere era animata ancora di una ventina di opifici tra fabbriche di carta, macine d’oliva e fucine per la lavorazione del ferro.
L’autore di questa strana storia ricorda che gli operi addetti alle piccole fabbriche di carta a mano erano chiamati cartèr e lavoravano dalle due del mattino fino a mezzogiorno per una tradizione inspiegabile che non fu mai interrotta e giravano poi sino a sera per le osterie tra i giuochi di bocce e alla mora. Erano abili ed intraprendenti e godevano di alti salari e, quelli che dovevano dormire negli opifici per sorvegliare lalavorazione della pasta di stracci e farne la
preparazione, godevano soprassoldi in natura e denaro; le donne di ogni età lavoravano di giorno
dalle otto alle quattro con l’intervallo di un’ora d’inverno e dalle sette alle diciotto, con due ore di riposo, l’estate.
Negli ultimi anni di vita dei vecchi folli (si chiamavano così in dialetto le piccole cartiere) lo stesso Fossati, figlio di imprenditori della carta, per impadronirsi praticamente del mestiere, faceva un volontario tirocinio nei vari reparti degli uomini e più volentieri in quello delle donne, tra le quali, come afferma lo stesso, vi erano delle fiorenti ragazze brune o bionde.
Frequentando questo ambiente sentì più volte nominare un certo Mercadoni famoso per la sua lingua pronta e tagliente e per le burle che faceva al prossimo, nelle quali era maestro; era affetto da gibbosità (aveva la gobba), ma di viso piacente e aperto e come tutti i suoi simili aveva un vivo trasporto per le femmine le quali non si infastidivano di questo, ma lo contraccambiavano di risate e di scherni, facendo allusione alla sua deformità. Il gobbo masticava amaro e volle trarre vendetta contro l’elemento femminile, che lo pungeva toccandolo nel vivo.
In quel tempo era consuetudine a Toscolano che al sabato intervenisse diverse volte un frate del convento di Barbarano per predicare nella successiva domenica e anche per confessare la sera dopo il rosario e alla mattina dopo l’avemaria; il suo confessionale era preferito dalle donne e perché il cappuccino naturalmente non era del paese e perché indulgente o, come si dice, di manica larga; un sabato sera, travestito da francescano e senza destar sospetti, il Mercandoni siedè nel confessionale, che come è noto è mascherato da una tendina sulla porticella e nel suo seno o sulla sua finta barba dietro la grata vuotò il sacco dei peccati una ventina di donne di nulla fatte accorte, anzi contente per la paterna bontà, il facile perdono e le moderate pene per la remissione da parte del confessore. La mattina dopo, all’uscita della gente dalla messa solenne cantata, postosi il gobbo nella piazza adiacente alla chiesa, si mise ad apostrofare ad alta voce a una a una le sue penitenti, sciorinando e rinfacciando i peccati confessati, le civetterie e le marachelle delle ragazze e gli strappi alla fede coniugale delle maritate, tutto ciò in mezzo all’ilarità generale, alle grida e alle proteste delle accusate circuite da un assembramento di uomini, di donne tosto accorse al baccano.
Ne nacque un putiferio e il paese fu sottosopra; amanti delusi che oltraggiavano le fidanzate, mariti furibondi contro le mogli,queste scalmanate e scarmigliate a piangere di rabbia e a lanciare improperi contro i consorti, messe a soqquadro le case, tantochè dovette intervenire la gendarmeria a sedare i tumulti, a calmare gli animi esasperati e a procedere a una meticolosa inchiesta.
Il gobbo nel frattempo presentendo la tempesta aveva preso il largo, ma fu ricercato, inseguito, arrestato e condannato per sacrilegio; tuttavia, scontata la leggera pena, dietro invito del proprietario rioccupò il suo posto alla cartiera da abile e laborioso operaio quale era.
Nelle famiglie, ben presto, ricomposta la tranquillità e la concordia, fece ritorno il ciel sereno; gli uomini nella
loro proverbiale bontà o dabenaggine finirono coll’arrendersi ai dinieghi e alle proteste delle donne, esperte in simulazione per istinto femminile e prodighe di lacrime nei momenti difficili; tutte le accuse caddero annientate perché ritenute invenzioni e menzogne del Mercandoni.
Questi visse di poi sempre allegro, faceto e donnaiuolo non senza successi, perché oltre la garanzia e il prestigio della sua promettente virilità piena di audacia, incuteva rispetto e timore quale depositario degli intimi segreti carpiti; infatti quando le donne lo incontravano abbassavano gli occhi o sorridevano di sottecchi, mentre egli ne ammiccava uno solo.
Se questo fatto fosse realmente avvenuto, sarebbe stato molto grave, ma ritengo trattarsi di una leggenda, anche perché dalla metà dell’Ottocento fino ai giorni nostri fra gli abitanti di Maderno e Toscolano non risulta alcuno che portasse questo cognome.

                                                                                                          Andrea De Rossi

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