Colombine bianche
Ogni anno durante la celebrazione
della domenica delle palme è antichissima tradizione sottoporre a benedizione i
ramoscelli d’olivo che, nella nostra zona, data l’abbondanza e la concomitanza
con la potatura sono portate in chiesa dai giovani, in piccole fascine.
Questa tradizione continua tuttora,
ma ciò che invece è andato scomparendo fino a diventare un lontano ricordo è
l’addobbo dei ramoscelli con piccole colombe bianche, ricavate dal midollo
estratto dai rami delle piante di fico.
I più intraprendenti provvedevano
direttamente a confezionarle; gli altri acquistavano queste suggestive
colombine da chi aveva la capacità di realizzarle. Ricordo che uno dei migliori
fu Guerrino Fiorese che, nel suo piccolo negozio d’articoli da pesca, con molta
abilità in quest’occasione si dedicava a costruirle .
Si trattava di prendere dei polloni
da una pianta di fico, molto diffusa nella zona. Questi erano ridotti in
piccoli frammenti, scartando i nodi, e con un’asticina rigida di legno o di
ferro avente lo stesso diametro interno del ramo, con forza era spinto fuori il
midollo bianco che, tagliato nelle dovute misure, serviva a realizzare la
colomba.
Così alla domenica mattina molti si
presentavano in chiesa con il ramoscello d’olivo, sul quale erano state poste
alcune colombe bianche e ricordo che si faceva a gara a chi le costruiva
meglio.
Pulizia delle catene del fuoco
Fino a circa la metà del secolo
scorso, durante le pulizie straordinarie di Pasqua, era una simpatica quanto
originale consuetudine, quella di affidare ai ragazzi la pulizia delle catene
del fuoco che penzolavano dal camino, dopo un lungo inverno.
Questo lavoretto, o
meglio divertimento, che rendeva qualche spicciolo di mancia, consisteva nello
staccare dal camino le catene annerite di fuliggine e trascinarle per le
strade, allora non ancora asfaltate, attaccate ad una cordicella agganciata in
vita in modo che diventassero lucide. Più lungo era il percorso più le stesse
diventavano lucide. L’ultima tappa di questi viaggi fra le vie del paese, era
la spiaggia. Qui le catene erano immerse nell’acqua per pulirle e, se
necessario, era usata della pietra porosa trovata sulla spiaggia per completare
l’opera. I ragazzi più intraprendenti non si accontentavano di pulire le catene
della loro casa, ma passavano anche presso altre famiglie per offrire la loro disponibilità,
con il risultato di ottenere due vantaggi: quello di farsi vedere superiori ai
propri amici e soprattutto quello di ottenere un maggior beneficio economico.
Crepitare delle “scrisaröle” durante le funzioni religiose
Durante
le particolari celebrazioni religiose che si svolgevano le sere dal mercoledì
al venerdì’ Santo per ricordare la crocifissione e la morte di Cristo, dopo
aver terminato il canto dei mattutini e spenta l’ultima candela, un numeroso
gruppo di ragazzi si organizzava per far crepitare le cosiddette “scrisaröle”,
crepitacoli o raganelle in italiano, provocando nel tempio un forte baccano.
Quest’originale e singolare attrezzo di legno, che necessariamente doveva
essere costruito da un falegname tornitore, consisteva in una ruota dentata
posta su un manico contro la quale era premuta una sottile asticella di legno.
Facendola girare velocemente produceva un gran fragore. Come se ciò non
bastasse, a Maderno interveniva anche il sacrestano (Gioanì Bugna) il quale
uscendo dalla sacrestia con un altro singolare aggeggio, completava l’opera dei
ragazzi provocando un terribile baccano tanto da spaventare i bambini presenti.
Quest’attrezzo, denominato “spinasa” consisteva in una tavola di legno sulla
quale, in entrambi i lati, erano applicate, con supporti girevoli delle liste
in ferro. Roteando velocemente la tavola da destra a sinistra, i ferri
sbattevano violentemente sul legno ed era ottenuto l’effetto desiderato.
A
Limone sul Garda, invece, era usato un altro attrezzo che produceva lo stesso
fragore della “spinassa”, chiamato “la scrisaröla de la cesa”. Per farlo
funzionare occorrevano due persone. Uno lo portava a spalle come uno zaino e
l’altro doveva far girare la manovella per ottenere un gran rumore.
Questa
strana operazione aveva naturalmente un preciso significato: i ragazzi con il
baccano procurato dalle loro scrisaröle rappresentavano la folla inferocita
presente al processo contro Gesù che chiedeva la sua crocifissione.
Il nuovo Ordine della Settimana Santa, disposto da Pio XII nel 1955,
abolì questa antica consuetudine, che era prevista dalla liturgìa con le parole "Finita oratione, fit fragor et strepitus àliquantolum" (Finita l'orazione si faccia un poco di rumore e di strepito)Andrea De Rossi
Andrea De Rossi
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.