martedì 25 aprile 2017

STORIA EX VILLA BIANCHI






I nostri padri o nonni chiamavano semplicemente “Villa Bianchi”, lo stabile adibito attualmente ad albergo in Piazza di Maderno in quanto il Cav. Bianchi G. Battista ne era il proprietario, così come lo era  del “Serraglio” e relativa palazzina, per oltre mezzo secolo.
            Ma quest’edificio, già appartenente nel 18° secolo circa alla facoltosa famiglia dei Conti Bettoni di Bogliaco, insieme a numerose altre proprietà sparse per tutta la Riviera fino a Limone, non fu solo una casa di abitazione privata, ma fu adibita a vari usi industriali.  Si presume che la famiglia Bettoni, nota per essere dedita alla esclusiva attività della coltivazione dei limoni, l’abbia anche usato per  scopi inerenti questa attività.
            Da un documento datato 1849 dell’archivio del comune di Maderno risulta che in quell’anno in questo stabile vi era installata, probabilmente esistente già da diverso tempo, una piccola cartiera appartenente a Franco Veronese, appartenente ad una nota famiglia di Maderno risultante proprietaria, già dal 1811, di un’altra cartiera nella valle in località Maina di sotto, dove è sorto recentemente il Museo della carta. In questa piccola cartiera esistente in Via dell’Arco, ora Via Aquilani, venivano in quell’epoca impiegati ventinove operai e la produzione si riferiva a carta fine di gran qualità. Dallo stesso documento risulta che in questo stabile funzionasse anche un filatoio di “galete”(bozzoli dei bachi da seta) con 16 fornelli e 37 dipendenti, di Erculiano Veronese il quale gestiva, probabilmente nello stesso edificio, anche un torchio da olive.
            Appartenente alla famiglia Veronese e non Veronesi, come indicato erroneamente in diversi volumi, è noto un Giovanni Francesco per aver pubblicato nel 1774 un interessante volume di matematica.
            Le suddette attività commerciali svolte in quest’edificio cessarono definitivamente nell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando nel 1894 passò di proprietà ad un certo Generale Lamberti di Castelletto del Piemonte (sposato con una Bettoni), il quale lo trasformò in abitazione privata. Per questo scopo il Lamberti provvide a lavori di ristrutturazione della facciata verso il lago, alla costruzione della torretta principale e a qualche aggiunta stile “liberty. In quel tempo non esisteva ancora la strada statale, che fu costruita qualche anno dopo, e quindi il giardino della villa confinava con il lago.
            Nel 1897 il Solitro, nel suo volume “Il Garda”, cita  a Maderno la Villa Bianchi per cui si presume che il Cav.G.B.Bianchi, il nuovo inquilino di questo edificio, l’abbia acquistata nell’ultimo decennio dell’800 unitamente al sovrastante “Serraglio”, alla vecchia palazzina ed all’albergo, stile altoatesino, da poco costruito dall’austriaco Rodolf Lignet . Tra il 1906 ed il 1911 il Bianchi fece demolire l’albergo che era ubicato dove attualmente si trova il complesso residenziale. Il Bianchi, figlio di Rocco, proprietario di una cartiera nella valle, fu anche Sindaco del Comune di Maderno per diversi anni. Quando nel 1921 Gabriele D’Annunzio venne sul Garda per scegliersi una residenza, reduce dall’impresa di Fiume, il Bianchi gli offerse la villa del Serraglio, ma il poeta vi rinunciò preferendo la villa Cargnacco di Gardone, divenuta successivamente il Vittoriale degli Italiani. Faceva parte della villa Bianchi anche il fabbricato prospiciente l’ingresso da Via Aquilani, successivamente ceduto, modificato, e trasformato nell’albergo Diana, nel quale viveva la famiglia Battaini che custodiva la villa, nonché la darsena costruita negli anni venti dal Bianchi per custodire il suo motoscafo (unico natante con motore esistente allora nel golfo) che, prima, teneva ormeggiato di fronte alla sua villa. La darsena fu trasformata, negli anni cinquanta, in un ristorante ora denominato “Muretto”.
            Ritornando alla villa Bianchi, questa fu ristrutturata dal sig. Bianchi e, nell’anno 1925, fece anche completare la facciata a lago ed ai lati con significative decorazioni a “graffito” (particolare tecnica d’incisione eseguita con una punta su una superficie dura, mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso) lavoro che fu eseguito da mio padre Giovanni.
Intorno agli anni quaranta il palazzo fu ceduto dal Bianchi ad una società immobiliare con a capo G. Battista Benoni, il quale fece eseguire numerosi lavori interni d’abbellimento. Fu verso la fine del 1940 che, per una disposizione governativa, conseguente alle necessità della guerra allora in corso, fu tolta l’artistica cancellata di ferro che cingeva il parco a lago lasciando solo l’attuale muretto. Nel 1942 il Benoni chiamò il noto pittore salodiano Angelo Landi (1879-1944) a decorare con preziosi affreschi, tuttora esistenti, le pareti dello scalone che porta al primo piano nonché il soffitto della veranda, ora rovinato dalle infiltrazioni d’acqua, e di una saletta accanto. Gli affreschi dello scalone riproducono la “Leggenda di Engardina”, la mitica regina dei nani che, rapita dal dio delle acque, Nettuno, celato sotto le spoglie di un camoscio, con lui s’immerge nelle acque del Benaco donandovi il colore e lo splendore dei suoi lunghi capelli azzurri. Pochi mesi dopo che questi dipinti furono ultimati, e precisamente nell’ottobre 1943, quando Mussolini liberato dalla prigionia al Gran Sasso costituì la Repubblica Sociale Italiana, viene scelta la Riviera del Garda quale sede di questo nuovo governo ed a Maderno (anche se la Repubblica è ora comunemente chiamata di Salò) fissano la loro sede i principali uffici Ministeriali. Il Ministero dell’Interno, uno dei più importanti di ogni governo, s’installa nell’edificio scolastico mentre la Sede del Partito Fascista Repubblicano ed il Comando delle Brigate Nere è sistemata nella villa Benoni (ora albergo Golfo). La direzione di quest’importante ufficio politico è assunta da Alessandro Pavolini, ex Federale di Firenze, il quale fissa la sua abitazione presso la Villa Cavallero posta sul Lungolago di Maderno, mentre il suo Ufficio era  presso la sede del Partito Fascista. Intorno a questo palazzo fu posto un servizio di sorveglianza continua composto da Agenti di Polizia alternati da gruppi di giovani fascisti appartenenti al gruppo chiamato “Bir el Gobi”, armati di mitra.
Verso la fine dell’aprile 1945, quando l’Italia settentrionale è raggiunta dalle forze alleate, gli uffici sono frettolosamente abbandonati ed inizia una fuga generale. Ricordo che, prima di partire, sul terrazzo superiore della villa Benoni, i fascisti appiccarono fuoco a numerosi documenti. Pavolini, anch’esso fuggito con le alte autorità della Repubblica Sociale, fu poi catturato e ucciso dai partigiani a Dongo il 28 aprile e la sua salma, successivamente, fu esposta in Piazzale Loreto accanto a quella di Mussolini ed altri gerarchi.
Dopo alcuni anni dal termine della guerra il Benoni cedette il palazzo alla famiglia Piva, già proprietaria dell’Albergo Maderno, la quale, dopo opportune modifiche, lo trasformò in Albergo. In un primo tempo fu chiamato Albergo Palace, mentre dal 1965 prese definitivamente il nome di Albergo Golfo.


                                                Uno degli affreschi del pittore Landi


                   

martedì 18 aprile 2017

STRADA TOSCOLANO-VALVESTINO

  
         Percorrendo a piedi la valle delle cartiere  ora più attraente ed interessante dopo i lavori di sistemazione, è possibile scorgere alcuni particolari aspetti che asltrimenti sfuggirebbero alla nostra attenzione.
In questo caso mi riferisco ad un cippo in pietra posto sul muretto sinistro del ponte del Vago sul quale appare la seguente dicitura:
MCMXVIII
VII ARMATA - DIREZIONE LAVORI
XV ZONA
                                                    PER VALVESTINO E CAPOVALLE
Tale cippo vuol ricordare che nel 1918 , in piena guerra mondiale, a cura dell'Autorità Militare ed a scopo strategico, fu iniziata la costruzione di una strada camionabile, questa, partendo dal ponte del Vago, seguendo il primo tratto dell'antico sentiero che conduceva a Seasso, doveva portare finoa Turano di Valvestino. Il tracciato che seguiva pressapco quello della vecchia mulattiera, con la differenza che questa sarebbe stata più breve in quanto evitava il lungo giro per Gaino. Lo scopo era quello di realizzare la congiunione della Valle Sabbia con la Riviera Benacense, attraverso il valico di Capovalle.
Già il primo tronco, con inizio al ponte Vago, era stato costruito per circa mille metri ed era giunto fin quasi sopra i Covoli, quando la fine della guerra pose fine ai lvori iniziati dai militari.
Dopo circa 100 anni questo primo tratto di  strada è quasi scomparso, un pò spazzato via dalle frane ed un pò invaso dalla vegetazione.
Il motivo della scelta di questo percorso era giustificato dal fatto che in quel tempo non esisteva ancora la strada di Navazzo-Turano realizzata solo nel 1932, perciò la via più breve era quella che seguiva il corso del fiume che doveva sostituire la vecchia mulattiera che dalla Valvestino (mt.605) scendeva al ponte della Cola (mt.404) e da qui risaliva il versante sinistro del fiume e raggiungeva la frazione di Morgnaga e Navazzo. Un sentiero proseguiva portando fino alla mulattiera che, attraverso la Bocchetta di Verzelina, metteva in comunicazione Navazzo con le Camerate e quindi con Gaino e Toscolano.
Dopo la fine dela guerra trascorsero altri quattro anni e solo nel 1922 il Comune di Toscolano (Toscolano-Maderno nacque nel 1928) unitamente ai comuni di Bollone, Turano, Armo e Magasa, ripresero in mano la pratica e affidarono l'incarico agli Ingg. Trebeschi, Cozzaglio,Berlucchi, nonchè al Prof.Arturo Cozzaglio di redigere nun nuovo progetto per la "costruzione della strada d'allacciamento della Valvestino ai porti lacuali di Maderno e Gargnano". In linea di massima, doveva seguire il tracciato di quella già scelta dai militari nel 1918, con esclusione del primo tratto che, anzichè scendere nella Valle delle Cartiere al ponte di Vago, sarebbe passata attraverso Gaino e Pulciano. Questa modifica avvenne in seguito all'opposizione degili abitanti di Gaino, condivis peraltro anche dall'Amministrazione  comunale di Toscolano, i quali affermavano che la frazione sarebbe stata tagliata fuori se si seguiva il veccho progetto. Inoltre "il tracciato per la valle delle cartiere passerebbe in località angusta e pericolosa che sta per essere abbandonata dalle industrìe e da ogni attività umana trasformandosi in un mucchio di rovine senza possibilità alcuna di prossimo nè di lontano risorgimento", come indicato nella relazione tecnica. Infatti già nel 1922 le industrie esistenti nella valle l'avevano in buona parte abbandonata. Il nuovo tracciato  proposto avrebbe attraversato due popolose frazioni e sarebbe passato attraverso le campagne che in avvenire sarebbero divenute fabbricabili, ciò che poi non è avvenuto.
Il costo preventivato per quest'opera si aggirava intorno ai quattro milioni di lire da suddividere così:: il 50% era a carico dello Stato, un parte a carico delle Province di Brescia e di Trento ed il rimanente, di circa un milione,a  carico dei comuni interessati.
Evidentemente l'impegno finanziario era, per quel tempo, superiore alle possibilità economiche dei varui omuni, perciò il progetto andò a finire negli archivi., dove ora ha visto momentaneamente la luce e ci ha dato la notizia di ciò che doveva avvenire e che invece non è avvenuto per ragioni economiche.




                                                          Il cippo posto dall'esercito
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domenica 9 aprile 2017

CASA AL PONTE, ORA DEMOLITA

La foto risale al 1955 e riprende la casa ex Franceschini-Ragozzi alla quale era annessso un magazzino che serviva quale  deposito della carta in vendita da persona incaricata quale era il sig. Giannino Chiesa.
Negli anni successivi tali fabbricati furono demoliti dal Comune, anche per il verificarsi di numerosi incidenti stradali che si verificavano spesso in questa pericolosa curva.
A questa casa ero particolarmente legato perchè nel settembre 1954 fino ai primi mesi del 1956 vi abitai dopo il matrimonio, al piano terra a sinistra.
Il sottostante terreno, che originariamente era coltivato, fu poi adibito a parco pubblico e successivamente venne costruita una grande gabbia per ospitare due leoni proveniente dallo zoo di Brescia.

martedì 4 aprile 2017

LA CORTESELA DI MADERNO

La foto sopra riprodotta risale agli anni trenta del '900 e ritrae la caratteristica piazzetta che si trova in Via Garibaldi a Maderno, chiamata comunemente "Cortesela" o "Piazzetta Veneta".
A sinistra, in basso, si vede il sig. Gaetano Benoni che sta svolgendo la sua attività di materassaio.
In quel tempo, la casa che sta di fronte era di proprietà della famiglia Cantoni, ora estinta.
A destra, invece, si vede l'ingresso alla caratteristica osteria del "GASTALDI'" in Via Garibaldi dentro la quale era esposto un curioso cartello con la seguente dicitura.

                     -            OSTERIA DEL GASTALDI'
                                                 si può
                                            bere, mangiare
                                            giocare a carte
                                                fumare
                                            suonare, cantare
                                            parlare di politica
                                         Fa tot chel che se vol

 Ora tale cartello si trova esposto in un noto ristorante di Salò gelosamente  custodito in un quadro incorniciato

lunedì 13 febbraio 2017

LA PIANTA DI GIUGGIOLE






            Navigando su internet ho scoperto un articoletto che afferma: “Il brodo di giuggiole è nato a Maderno nella residenza estiva dei Gonzaga, il Serraglio”.di Pietro Valdiserra.
            Ho approfondito la notizia e sono venuto a  conoscenza che l’area di produzione di questo frutto è Mantova e Maderno: viene coltivata, in misura ridotta, anche nella zona dei Colli Euganei, in Veneto e nel Vicentino: la si trova anche sul lago di Garda ed in particolare a Maderno e Toscolano. Ora tale pianta è quasi scomparsa.  Le giuggiole sono dei particolari frutti di stagione, gustosissimi e ricchi di proprietà. Sembra che la pianta sia originaria dell’Asia e fu importata dai romani che la impiegavano. Per osservare una di queste piante basta salire per la strada che conduce a Maclino in località  Büs dei làder, a pochi metri dal Serraglio. Proprio nel Serraglio dei Gonzaga veniva prodotto e offerto agli ospiti, un delizioso elisir a base di giuggiole chiamato “Brodo di giuggiole”, ideale per accompagnare le torte ed i biscotti secchi che venivano inzuppati nel liquido oppure essere centellinati come liquore in eleganti bicchierini. Il successo avuto da questo “brodo” fu tale che in breve l’espressione assunse un carattere addirittura proverbiale per indicare qualcosa di talmente buono da far uscire quasi di sé per la contentezza.
            La ricetta per confezionarlo è abbastanza semplice. Si lascia macerare per qualche mese il frutto maturo poi si aggiungono mele cotogne, scorze di limone, uva bianca e altre frutta con l’aggiunta di zucchero. Poi si filtra e si imbottiglia. Ne esce un liquore dal color rosso e dal profumo tipico di giuggiole dal gusto pieno, dolce e vellutato. Deve essere servito ghiacciato in piccoli calici, oppure a temperatura ambiente a fine pasto, come digestivo.

                                                                      




lunedì 30 gennaio 2017

LA SCOMPARSA DEL PITTORE "BORNIC"



Venerdì 27 gennaio 2017, all'età di 92 anni, è scomparso il pittore RIGHETTINI PIETRO in arte "BORNIC",, personaggio conosciuto in tutto il Comune- Fu un caro amico e coetaneo che oltre alla pittura si dedicava anche alla scultura. Alla famiglia porgo le mie sentite condoglianze.
Egli partecipò, con successo,a numerose motre personali e collettive,  in Italia e all'estero.
Grafico di professione, subito dopo l'ultima guerra, si trasferì a Ginevra per lavoro, dove iniziò la sua carriera artistica.
Negli ultimi mesi del 2013 organizzò a Maderno, presso il palazzo Gonzaga, la mostra "BORNIC DALLA POPART ALLA RITMICA".
Da alcuni anni era ritornato nella sua casa natale di Maderno in Via Garibaldi. ed aveva offerto al Comune due sue sculture che sono state poste una presso l'edifcio scolastico e l'altra in un giardinetto pubblico di Maderno.
Per questo modesto e doveroso ricordo per la scomparsa dell'amico "Bornic" la vedova ha voluto gentilmente donarmi questo prezioso suo saggio, che conservo gelosamente.


lunedì 9 gennaio 2017

I PROFUGHI LIMONESI DI CENTO ANNI FA



 Il Comune di Limone del Garda, unitamente alla Biblioteca, ha avuto la bella iniziativa di pubblicare un interessantissimo  opuscolo  per ricordare (con tristezza) la forzata evacuazione dei Limonesi avvenuta cento anni fa durante la prima guerra mondiale.
                Come si sa a quel tempo Limone confinava con Riva del Garda, in mano agli austriaci, e quindi divenne, pericolosa per i frequenti attacchi di guerra e bombardamenti dal lago, molto pericolosa  per gli abitanti per cui furono obbligati a laciare le propie case per diventare profughi lungo le rive del lago.
                Oltre il Presidente della Biblioteca sig. Antonio Martinelli, ha validamente contribuito alla realizzazione di questo storico documento il Prof. Domenico Fava, noto storico locale, i quali, oltre ad indicare le varie località in cui furono ospitati i profughi come Tignale, Peschiera, Desenzano, Tremosine, Gargnano, mentre altri partirono la sera dell’11 settembre 1916 con il battello “ITALIA” per Maderno e Gardone Riviera. La sede Municipale fu fissata a Gardone Riv. Presso la villa Ruhland.
                  Gli estensori di questo interessante opuscolo storico hanno avuto la pazienza di indicare i nomi di tutti coloro che dovettero, per forza maggiore, abbandonare Limone, nonché tutti i battesimi, matrimoni,funerali avvenuti fuori Limone dal 1916 al 1918. A due dei sette nati a Maderno fu attribuito il nome di Maderno Fava e Maderno Montagnoli.
                  I profughi sbarcati a Maderno dal piroscafo ITALIA furono 147 e furono ospitati presso l’ex Albergo Lignet che poi divenne Istituto S.Cuore mentre a Gardone ne scesero 135 ospitati presso Hotel Monte Baldo, Villa Cok, (ora Hotel Capri), Villa Ruhland.
                  Il Sindaco di quel tempo sig. Dalò dovette gestire un po’ tutta questa organizzazione.
 Non bisogna dimenticarsi che in quel tempo la strada Gardesana era ancora un sogno, perché realizzata solo nel 1931.