lunedì 5 giugno 2017

GIUFFREDI MOTOCICLISTA DELLA R.S.I.

Il giornalista Tullio Ferro nel libro "Segreti del Garda" racconta:

Nel 1994 Giovanni Maria Giuffredi, classe 1921, agente motociclista-portaordini e di scorta al Duce, uomo fidato del vice capo della Polizia, con alle spalle il fronte russo, la ritirata dalla Sicilia a Salerno, un’esperienza rocambolesca alla divisione corazzata “Centauro”, esecutore del rischioso trasferimento di un sacerdote ricercato dalle Brigate Nere per aver aiutato dei partigiani, disse a Tullio Ferro per “Segreti del Garda”:
“Non si palesa un segreto dire che Mussolini tutti i giorni scriveva una lettera alla Petacci. Io ero uno dei pochi  a cui veniva affidato il compito di prendere in consegna la quotidiana lettera a Gargnano, superare il posto di blocco presso Villa Feltrinelli tenuto dai tedeschi, superare l’altro “stop” a Maderno in mano ai “Pisani”, uomini fidatissimi di Buffarini Guidi, ministro dell’interno, e a raggiungere Villa Fiordaliso a Fasano di Gardone Riviera dove abitava l’amica del Duce. Tutto qui? “No di certo. Il compito non era così facile. Dovevo fermarmi a Maderno presso l’Ufficio del Dottor Eugenio Apollonio, sito a Villa Adele. Lì aveva luogo una segreta e delicatissima operazione che doveva durare il minor tempo possibile: aprire la busta, fotografare il contenuto, porre in ordine il plico. Quindi riprendere la strada per Villa Fiordaliso. Una specie di corsa ad ostacoli che mi raggelava poiché temevo di essere inseguito.”
Insomma tutte le lettere di Mussolini dirette a Claretta venivano fotografate e lette dalla Polizia: E quelle di Claretta subivano lo stesso trattamento?. “Non lo so. Non ebbi mai l’incarico di corriere da Villa Fiordaliso e da Villa Mirabella, che era entro le mura del Vittoriale, ultima residenza della Petacci sul Garda.”         Come fece lei a sapere dell’apertura delle lettere?. “Il Dott. Apollonio di me si fidava. Anzi un giorno m’informò che io sarei stato della partita per una importante delicata missione. Venni quindi a sapere che le lettere del Duce si leggevano per conoscere eventuali impreviste mosse di Mussolini, confidate in anticipo alla sua amica, informazioni che sarebbero potute servire per eventuali contromosse. Mussolini non sapeva del piano escogitato da Tullio Tamburini, capo della Polizia, e da Apollonio.
Quale piano?
“Un tentativo di liberare Mussolini praticamente prigioniero dei tedeschi e, attraverso i partigiani delle Fiamme Verdi, consegnarlo al momento opportuno agli Alleati. Del piano sarebbe stato a conoscenza anche Monsignor Ferretti del Duomo di Salò. Accade, invece, che Tamburini e Apollonio vennero arrestati e trasferiti in Germania perché accusati di tramare contro i tedeschi. Questa era almeno la versione ufficiale. La verità era che i due stavano preparando un commando guidato dal colonnello Pavone per salvare Mussolini dalla morte una volta che fosse caduto nelle mani di altri partigiani non inquadrati nelle Fiamme Verdi.” In tal senso sembra che il piano “Tamburini-Apollonio-Pavone” non fosse l’unico. Infatti esistono documenti che testimoniano un tentativo di abboccamento, sempre tramite Monsignor Ferretti, da parte del ministro dell’Interno Paolo Zerbino, che nel febbraio 1945 aveva sostituito Buffarini Guidi, con le Fiamme Verdi. Si pensava a una specie di “armistizio” tra repubblichini e partigiani, una zona franca per arrivare alla fine del conflitto con le armi abbassate”.
Poi cosa accadde? “Qualcuno tradì ed il piano andò in fumo. Infatti, un brutto giorno i tedeschi, agli ordini del famoso Kappler, fecero irruzione nell’Ufficio operativo (ex Albergo Milano) dove prelevarono documenti e altri carteggi (Forse trovarono pure le fotografie delle lettere Mussolini-Petacci?). Il commando, non ancora perfettamente inquadrato, si sfaldò. Io, per paura di essere interrogato, fuggii saltando da una finestra, quindi non venni identificato tanto che all’indomani potei riprendere normale servizio”.
 Giuffredi potè poi salvare un certo Sansoni (detto palanca), che stava correndo il rischio di essere arrestato dalle Brigate Nere perché teneva a Maderno un deposito clandestino di benzina. “Arrivai prima io da Palanca e così dopo aver fatto sparire il carburante, gli misi le manette e dopo una notte in camera di sicurezza, tutto andò a posto”.
Giuffredi era a conoscenza di molti altri fatti della sfera Mussolini-Petacci. Egli sapeva che gli incontri tra i due avvenivano per lo più nella vicina Torre S.Marco, già Torre Ruhland, così chiamata poiché apparteneva alla omonima villa (Ruhland: quiete nel paesaggio). In questa torre-garconnière i due amanti trascorrevano ore in assoluto isolamento, al riparo di occhi indiscreti.  Si parlò poi che le lettere a Mussolini  la Petacci le scrivesse su carta a mano con impressa l’immagine di una colomba e di un’aquila e il verso ovidiano “(Né con te né senza di te posso vivere).
Il racconto di Giuffredi, dopo qualche divagazione, ritornava sulle lettere. “Per me quella busta scottava da non dire poiché, anche se non recava alcun indirizzo, la destinataria era la signora Petacci”
Altri delicati incarichi per Giuffredi furono quelli di scortare l’auto del Duce o di viaggi segreti. Così ebbe a raccontare a Tullio Ferro nel 1976.



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