mercoledì 13 marzo 2013

PRIGIONIERO JUGOSLAVO FUGGITO ACCOLTO IN CASA PRIVATA

Ricordi di guerra

UN PRIGIONIERO JUGOSLAVO OSPITATO, DI NASCOSTO, PRESSO UNA FAMIGLIA LOCALE

            A quasi settant’anni da quando è avvenuto, vorremmo ricordare un gesto umanitario prestato da nostri concittadini nei confronti di un ex ufficiale d’artiglieria, già prigioniero militare a Bogliaco e lasciato libero dopo l’8 settembre 1943.
            Questa storia, sconosciuta dalla maggior parte della popolazione locale, ci è stata gentilmente raccontata dall’Arch. Giuseppe Ceruti di Toscolano, che in quell’epoca era un adolescente.
            Per capirla è necessario ritornare indietro nel tempo e, precisamente nel settembre 1943, anche per rendersi conto del clima politico instauratosi in Italia in quel tempo.
            Siamo alla sera dell’8 settembre 1943 quando, improvvisamente, il Maresciallo Badoglio, divenuto capo del governo dopo la caduta di Mussolini, annuncia per radio di aver chiesto agli alleati l’armistizio. La stessa notte egli, insieme al re ed a numerosi Ufficiali e funzionari partono da Roma per Pescara per poi raggiungere Brindisi. Con questo gesto il governo si trasferisce nell’Italia meridionale, già occupata in parte dagli alleati, i quali il giorno nove sbarcano anche a Salerno.
            La situazione politica e militare crolla anche perché i tedeschi, già in allarme dopo la caduta di Mussolini, hanno concentrato in Italia numerose divisioni. I militari italiani sono quindi lasciati in balìa degli avvenimenti, senza alcun ordine se non quello impreciso: “La guerra continua”, contenuto nell’ambiguo messaggio di Badoglio. L’Italia viene in pratica divisa in due parti: la centrale e settentrionale in mano ai tedeschi che, nel frattempo, occupano tutti i punti strategici e quella meridionale agli alleati. In questo caos alcuni militari tentano, invano, di opporsi ai tedeschi, altri si danno alla macchia e altri ancora cercano di tornare alle loro case o salgono sulle montagne per sfuggire alla cattura dei tedeschi. Alcuni si arrendono ed altri diventano partigiani o “ribelli” come li definiscono i tedeschi o i fascisti. Per capire la tragedia dei militari che erano o nostri padri o fratelli, non bisogna dimenticare quelli che, purtroppo, non poterono sottrarsi all’ira dei tedeschi in quanto si trovavano disseminati nella Francia meridionale, in Corsica, in Croazia, in Dalmazia, in Albania, in Grecia e nelle isole Jonie e in quelle dell’Egeo. La maggior parte di loro, infatti, è deportata dai tedeschi in Germania. Se si pensa che dodici erano le divisioni che si trovavano in quel momento in Italia mentre all’estero erano trentasei, si può facilmente immaginare la dimensione di questa grande tragedia umana che ha sconvolto la maggior parte delle famiglie italiane.
            E’ in questo caos che ha coinvolto non solo gli italiani, che nasce il caso dei prigionieri jugoslavi rinchiusi e sorvegliati, sin dal 1941, nell’Hotel Bogliaco di Gargnano. Anch’essi dopo l’8 settembre sono lasciati liberi dal Colonnello. italiano che li aveva in consegna. D’improvviso, mentre prima pur essendo rinchiusi, si sentivano protetti, dopo la loro liberazione rimangono in balìa del caos politico e militare instauratosi. Per raggiungere la loro casa, che dista parecchie centinaia di chilometri, è necessario attraversare zone occupate dai tedeschi con grave rischio. Il gruppo si divide. Alcuni tentano l’avventura di rientrare in patria, altri si nascondono sulle montagne gardesane.
            Fra questi ultimi c’è Gianni Kovacevic, ex ufficiale d’artiglieria dell’esercito Jugoslavo fatto prigioniero nel 1941 nel Montenegro e da tale data rinchiuso, insieme ad altri 150 jugoslavi, nell’Hotel Bogliaco. Appena libero, da alcuni contadini di Gargnano, è indirizzato segretamente da un loro parente nella valle della Camerate, dove allora funzionava ancora un’officina elettrica, presso la famiglia di un nostro concittadino, Geremia Festa. Qui in una casetta della valle è accolto come un figlio e tenuto nascosto fino al 25 aprile 1945, giorno della liberazione. Fu in questo lungo periodo che l’Arch.Giuseppe e la sorella Betti Ceruti, allora adolescenti, insieme al padre Luigi vanno spesso in casa Festa a trovare l’inconsueto ospite. Erano venuti a conoscenza della sua presenza tramite una figlia del Festa che veniva a lavorare a Toscolano e fra loro nasce una grande sincera amicizia. Naturalmente tutto si svolgeva nella massima e comprensibile riservatezza perché grande era il pericolo cui sarebbero andati incontro tutti se le autorità tedesche o della R.S.I. fossero venute a conoscenza del fatto.
            Finalmente, dopo il 25 aprile 1945, “Gianni” è libero ma, purtroppo non può raggiungere subito la sua patria, in quanto inviato ad un campo di raccolta a Firenze. Da allora il Ceruti non ebbe più sue notizie.
 Ma nel 1991 giungono a Toscolano alcuni studenti serbi i quali, venuti a conoscenza dell’avventura di Gianni, si impegnano a far ricerche al loro rientro in Serbia.
            Un giorno dalla Serbia arriva all’Arch.Ceruti una telefonata. E’ Gianni che, rintracciato dagli studenti rientrati in patria, si fa vivo e promette di tornare in Italia per rivedere e ringraziare gli amici di un tempo che non potrà mai dimenticare. Infatti, nell’ottobre 1993 la promessa è mantenuta e l’incontro, pieno di gioia e commozione, avviene a Toscolano.

                                                                                                  Andrea De Rossi

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