Ho ricevuto dalla sig.ra Isabella Groppali  di Cremona, figlia di un noto Avvocato, una e-mail contenente un interessante articolo sulla valle delle Cartiere e il Museo della Carta, che riproduco qui sotto.
Avendo la sig.ra Groppali una casa a Maderno, dove ha sempre trascorso le sue vacanze,si è affezionata a tal punto delle bellezze del nostro comune che ha ritenuto scrivere questo articolo su una rivista, a diffusione nazionale che fa da portavoce dell'Associazione onlus Pane Quotidiano che si occupa di fornire e distribuire pasti a chi si trova in estrema difficoltà.
Buongiorno
Signor De Rossi,
come le avevo
anticipato e promesso, Le invio , allegata a questa mail, la rivista Che Vi Do,
sulla quale ho pubblicato l’articolo sulla Valle delle Cartiere e il Museo
della Carta. 
Non è
sicuramente ben documentato, come i pezzi che confeziona Lei, ma mi sono
lasciata guidare dal cuore, verso un territorio che amo tanto. La rivista poi,
facente capo all’associazione Pane Quotidiano, ha una tiratura di 13000 copie e
con la sua distribuzione porterà a conoscere il territorio ed i suoi pregi.
Nel salutarLa
, colgo l’occasione per farLe i miei migliori auguri per questo nuovo anno
appena incomInciato, perchè abbia in n serbo per Lei serenità e salute. E per
noi.... tanti nuovi articoli che vorrà scrivere sul “nostro” amato paese e la
sua storia
Molto
cordialmente
Isabella
GroppalI
Il nostro Paese è così ricco di bellezze naturali e di  testimonianze storiche e artistiche da essere universalmente  conosciuto, amato ed apprezzato. Ma al di là dei  luoghi e dei monumenti che tutto il mondo conosce ed  ammira, è anche sorprendentemente capace di offrire  incantevoli paesaggi “minori”, non meno ricchi di fascino
e meritevoli di essere visitati.
E’ questo il caso della ” Valle delle Cartiere”, ubicata sulla sponda bresciana del lago di Garda nel comune di Toscolano Maderno
in questo luogo la tradizione cartaria era iniziata agli albori del 1300.
E' del 1381 infatti un documento notarile conservato in cui si regolamentava l'utilizzo delle acque, il che fa supporre che l'attività fosse presente sul territorio ben prima di quella data, ad opera di artigiani probabilmente proveninti dal Veneto. Nel Quattrocento sono stati documentati stabilimenti in numerose località, dal lago al monte della valle e fino al XVI secolo la zona ebbe importanza primaria fra i territori della Repubblica Veneta divenendone il primo polo cartaio grazie all'eccellente qualità della carta prodotta, molto chiara, resistente e adatissima alla stampa.
Fino ad allora infatti l'attività cartaria di Toscolano aveva convissuto alla pari con altri centri di produzione di carta da scrittura, ma dopo il 1470,conl’iniziodell’utilizzo                                 dei caratteri mobili e con l’aumento della richiesta di  carta da stampa, le cartiere della valle ebbero il primato  di una produzione di qualità insuperata, tanto da raggiungere  anche il mercato dell’Oriente. Il periodo di floridezza  - esistono documenti del 1608 che contano ben 160  “ruote da carta”- si interruppe bruscamente a causa
dell’epidemia  di peste che a metà del XVII secolo portò al  collasso la quasi totalità dell’attività cartaria. La manodopera  fu decimata, dato che perì circa la metà degli abitanti  di Toscolano e di Maderno, e le cartiere vennero  abbandonate, anche per la convinzione che gli stracci,  materia prima per la produzione della carta, fossero un  veicolo di contagio.
in questo luogo la tradizione cartaria era iniziata agli albori del 1300.
E' del 1381 infatti un documento notarile conservato in cui si regolamentava l'utilizzo delle acque, il che fa supporre che l'attività fosse presente sul territorio ben prima di quella data, ad opera di artigiani probabilmente proveninti dal Veneto. Nel Quattrocento sono stati documentati stabilimenti in numerose località, dal lago al monte della valle e fino al XVI secolo la zona ebbe importanza primaria fra i territori della Repubblica Veneta divenendone il primo polo cartaio grazie all'eccellente qualità della carta prodotta, molto chiara, resistente e adatissima alla stampa.
Fino ad allora infatti l'attività cartaria di Toscolano aveva convissuto alla pari con altri centri di produzione di carta da scrittura, ma dopo il 1470,conl’iniziodell’utilizzo
Si dovette arrivare agli inizi del Settecento perché la  zona si ripopolasse, perché si ricreassero le figure
professionali  e le condizioni per ricominciare a produrre. Sul  finire del secolo tuttavia, agli albori
dell’industrializzazione,  i cartai di Toscolano, troppo legati ai metodi artigianali  ,ormai superati, si mostrarono restii all’introduzione  di macchinari innovativi, non furono in grado di rimanere  al passo coi tempi, e percorsero la via di un inevitabile
declino che nel corso dell’Ottocento portò alla chiusura di  numerose cartiere.
Pochi imprenditori ebbero la lungimiranza di modernizzarsi,
adattando i loro stabilimenti all’uso dell’energia  elettrica a sostituzione della forza motrice dell’acqua,  spostandoli in prossimità del lago, in posizione più strategica  per i collegamenti ed i trasporti, ma causando in questo  caso lo spopolamento e il declino della valle. Delle 50  e più cartiere un tempo attive, oggi rimane solo qualche
struttura, inglobata dalla lussureggiante vegetazione che
è tornata a riappropriarsi degli spazi che l’industria le   aveva sottratto, e rimane solo qualche rovina immersa nel  verde a testimoniare un fervido passato. Il paesaggio che  ne deriva tuttavia costituisce oggi una fra le più importanti  aree archeologico -industriali italiane, nonchè uno  degli ambienti più originali nel territorio del Parco Alto   Garda Bresciano. Da alcuni anni inoltre un gruppo di  volontari ha cercato di prendersene cura contrastandone
l’abbandono e grazie alla partecipazione dell’Amministrazione
Comunale, ha favorito l’avvio di un ambizioso progetto  di recupero finalizzato a rivalorizzare l’ambiente e  le testimonianze che la storia ha lasciato su di esso. Dal  2008 la Valle 
delle Cartiere di Toscolano Maderno ha infine  ottenuto dalla Regione Lombardia il riconoscimento di  “Ecomuseo”, grazie alle sue peculiarità naturalistiche,  storiche e culturali.
Il paesaggio è suggestivo, difficilmente immaginabile  per chi conosce e percorre la vicinissima strada litoranea
dai panorami abbaglianti e dal traffico purtroppo molto
spesso rumoroso e caotico. Lasciando la strada statale e
curvando all’altezza del ponte di Toscolano, in corrispondenza
del bivio per il paese di Gaino, si imbocca la via  per la valle percorsa dal torrente Toscolano, le cui acque  impetuose avevano per secoli resa possibile la fiorente  attività cartaria. Da subito i colori si fanno più discreti,  gli azzurri e i blu cobalto del lago lasciano il posto ai verdi  ombrosi della fitta vegetazione, cambiano i profumi e si  viene accolti dal silenzio, accarezzato dal gorgoglio del
torrente che scorre in basso, fra massi e pozze turchesi.  sulla sponda bresciana del lago di Garda, nel comune di  Toscolano Maderno. In questo luogo la tradizione cartaria  era iniziata agli albori del 1300.
E’ del 1381 infatti un documento notarile conservato in  cui si regolamentava l’utilizzo delle acque, il che fa supporre  che l’attività fosse presente sul territorio ben prima  di quella data, ad opera di artigiani probabilmente provenienti  dal Veneto. Nel Quattrocento sono documentati stabilimenti   in numerose località, dal lago a monte della  valle e fino al XVI secolo la zona ebbe importanza primaria  fra i territori della Repubblica Veneta, divenendone il
primo polo cartario grazie all’eccellente qualità della  carta prodotta, molto chiara, resistente e adattissima alla  stampa.
Fino ad allora infatti l’attività cartaria di Toscolano aveva convissuto alla pari con altri centri di produzione di  carta da scrittura, ma dopo il 1470, con l’inizio dell’utilizzo  dei caratteri mobili e con l’aumento della richiesta di  carta da stampa, le cartiere della valle ebbero il primato  di una produzione di qualità insuperata, tanto da raggiungere  anche il mercato dell’Oriente. Il periodo di floridezza  - esistono documenti del 1608 che contano ben 160
“ruote da carta”- si interruppe bruscamente a causa
dell’epidemia
di peste che a metà del XVII secolo portò al  collasso la quasi totalità dell’attività cartaria. La manodopera  fu decimata, dato che perì circa la metà degli abitanti  di Toscolano e di Maderno, e le cartiere vennero  abbandonate, anche per la convinzione che gli stracci,  materia prima per la produzione della carta, fossero un
veicolo di contagio.
Si dovette arrivare agli inizi del Settecento perché la  zona si ripopolasse, perché si ricreassero le figure
professionali  e le condizioni per ricominciare a produrre. Sul  finire del secolo tuttavia, agli albori
dell’industrializzazione,  i cartai di Toscolano, troppo legati ai metodi artigianali  ,ormai superati, si mostrarono restii all’introduzione  di macchinari innovativi, non furono in grado di rimanere  al passo coi tempi, e percorsero la via di un inevitabile
declino che nel corso dell’Ottocento portò alla chiusura di  numerose cartiere.
Pochi imprenditori ebbero la lungimiranza di modernizzarsi,
adattando i loro stabilimenti all’uso dell’energia  elettrica a sostituzione della forza motrice dell’acqua,  spostandoli in prossimità del lago, in posizione più strategica  per i collegamenti ed i trasporti, ma causando in questo  caso lo spopolamento e il declino della valle. Delle 50  e più cartiere un tempo attive, oggi rimane solo qualche
struttura, inglobata dalla lussureggiante vegetazione che  è tornata a riappropriarsi degli spazi che l’industria le  aveva sottratto, e rimane solo qualche rovina immersa nel  verde a testimoniare un fervido passato. Il paesaggio che  ne deriva tuttavia costituisce oggi una fra le più importanti  aree archeologico -industriali italiane, nonchè uno
degli ambienti più originali nel territorio del Parco Alto  Garda Bresciano. Da alcuni anni inoltre un gruppo di  volontari ha cercato di prendersene cura contrastandone  l’abbandono e grazie alla partecipazione dell’Amministrazione  Comunale, ha favorito l’avvio di un ambizioso progetto  di recupero finalizzato a rivalorizzare l’ambiente e  le testimonianze che la storia ha lasciato su di esso. Dal  2008 la Valle 
delle Cartiere di Toscolano Maderno ha infine
ottenuto dalla Regione Lombardia il riconoscimento di
“Ecomuseo”, grazie alle sue peculiarità naturalistiche,  storiche e culturali.
Il paesaggio è suggestivo, difficilmente immaginabile  per chi conosce e percorre la vicinissima strada litoranea  dai panorami abbaglianti e dal traffico purtroppo molto  spesso rumoroso e caotico. Lasciando la strada statale e  curvando all’altezza del ponte di Toscolano, in corrispondenza  del bivio per il paese di Gaino, si imbocca la via  per la valle percorsa dal torrente Toscolano, le cui acque  impetuose avevano per secoli resa possibile la fiorente
attività cartaria. Da subito i colori si fanno più discreti,  gli azzurri e i blu cobalto del lago lasciano il posto ai verdi  ombrosi della fitta vegetazione, cambiano i profumi e si  viene accolti dal silenzio, accarezzato dal gorgoglio del torrente che scorre in basso e pozze turchesi
. Già all’ingresso della valle spuntano dal verde i ruderi di un’antica cartiera in rovina. Ci troviamo nel sito di  Garde, il cui nome, come altri toponimi simili di orgine  germanica, suggerisce il “luogo di osservazione”, o la  “postazione di controllo” e di fatto ci si trova all’imboccatura  della valle. E’ possibile arrivare con la macchina
fino ad un poco lontano spiazzo parcheggio, ma in realtà  la passeggiata , sia a piedi che in bicicletta è deliziosa  e poco stancante. Per chi non disdegnasse un mezzo di  trasporto un po’ pittoresco è anche a disposizione un  trenino, che partendo da Maderno fa raggiungere il  sovrastante Museo della Carta.
L’imboccatura della valle esordisce con una ripida e  spettacolare forra, una spaccatura violenta fra i rossi e  fitti strati rocciosi di scaglia lombarda, che denuncia la  straordinaria forza erosiva del torrente che per secoli si è  fatto strada tagliandola, per andare poi a riversarsi a  lago, trasportando quei detriti che via via sedimentandosi  hanno creato la solida penisola su cui si estendono
Toscolano e Maderno, due centri un tempo autonomi, geograficamente  divisi dal corso del torrente, che dal 1928 si
sono fusi in un unico comune.
Oggi la portata dell’acqua è stata grandemente ridimensionata
dalla diga di Ponte Cola in Valvestino, ed anche la  cascata adiacente la forra, pur rimanendo spettacolare per  la sua verticalità, non scende più con l’impetuosità di un  tempo.
La strada che va salendo prosegue in pigre curve e poca
pendenza ,addentrandosi a tratti in alcuni stretti tunnel,  strappati alla montagna dall’evidente fatica di braccia e  picconi e che alla fine della loro fresca ombra fanno riemergere  nella liquida luce verde dei pendii cosparsi di aerei  capelvenere, di lussureggianti felci e della rara pinguicola,  una delle poche piante “carnivore” dei nostri ambienti, che  in questo luogo , grazie al costante stillicidio che la irrora e  all’ambiente riparato, trova un ideale habitat.
La strada fu realizzata fra il 1871 e il 1878, per iniziativa
di alcuni proprietari delle cartiere, e favorì il raggiungimento
degli stabilimenti per coloro che vi lavoravano e  li dovevano raggiungere dalle frazioni circostanti. Prima  che fosse percorribile, infatti, si potevano utilizzare solo  dei fortunosi camminamenti, fra cui il cosiddetto “sentiero  delle assi”, costituito di aerei ponticelli, sospesi a tratti  fra le due rive del torrente, molto pericolosi nei periodi  di gelo in quanto privi di qualsiasi sponda o protezione.
Superato lo spiazzo parcheggio della località Quattroruote  - il cui toponimo denuncia la passata presenza di  una cartiera dotata di quattro ruote idrauliche, documentata  già nel Quattrocento - e sorpassata la località di  Lupo, che parimenti ospitava uno stabilimento coevo e il  cui nome deriva dall’antico avvistamento di lupi nella  zona- si arriva finalmente a quella che potrebbe essere la  meta della gita in valle, ovvero al Centro di Eccellenza di  Maina Inferiore ed al suo Museo della Carta, anche se il  percorso potrebbe continuare, a tratti scandito dai resti  delle antiche cartiere, alcuni ancora ostaggio della fitta  vegetazione, altri grandemente significativi, lungo il corso  del torrente.
Il complesso risale al XV secolo e fu successivamente  ampliato fino ad assumere, alla fine dell’Ottocento la  fisionomia che l’ha caratterizzato fino alla chiusura della  sua attività, nel 1962. Vi erano annesse diverse abitazioni per i dipendenti e per il direttore della cartiera, oltre a  parti di servizio quale una portineria ed una cucina che  forniva una mensa agli operai. Nel 2001 iniziarono i lavori
di recupero dal degrado a cui l’abbandono l’aveva sottoposto,
e ad opera di un appassionato gruppo di volontari
dell’Associazione Lavoratori Anziani della Cartiera di  Toscolano, si promosse il ripristino dell’ intero complesso,  destinato ad ospitare il Museo della Carta, e si creò il  primo nucleo di quel tutt’uno che è giunto a meritare, fra  il 2005 e il 2007 la qualifica di” Centro di Eccellenza e  incubatoio di impresa dedicato alla filiera carta stampa”,  e nel 2008, assieme all’intera valle e a tutto il territorio
comunale, la denominazione di “Ecomuseo”, ovvero di  museo a cielo aperto, per preservare e trasmettere un patrimonio storico e ambientale di notevole valore.
Il percorso museale accompagna il visitatore lungo le  tappe della lavorazione della carta fin dai suoi esordi in  valle, dalla iniziale fase della cernita degli stracci, materia  prima di produzione dal Medioevo fino al’Ottocento,  quando si iniziò ad utilizzare la pasta di legno.
Dal momento che l’operazione non richiedeva particolare  forza fisica o abilità, veniva affidata alla manodopera
Storia di Toscolano-Maderno
femminile ed ai bambini – si poteva essere ammessi a
Gli stracci così sminuzzati venivano quindi immersi in  vasche di pietra colme d’acqua e calce, la quale aveva la  funzione di sbiancare, di disinfettare e di accelerare il  processo di macerazione. Questo durava una ventina di  giorni e l’odore forte e pungente, assieme alle esalazioni  della calce, minavano rapidamente la salute di chi vi era  addetto.
Le vie respiratorie venivano gravemente intaccate,  tanto che raramente, chi lavorava in cartiera, a causa  anche della lunga sequela di ore di lavoro massacrante in  ambiente malsano e della generale malnutrizione, raramente  superava i 35, 40 anni di età. L’ambiente costantemente  umido inoltre, per l’uso dell’acqua in gran parte  delle fasi della lavorazione, causava ulteriori disagi.
Era d’obbligo per esempio l’uso di zoccoli aperti in  punta, perché l’umidità costante avrebbe altrimenti  infettato con muffe e funghi i piedi dei lavoratori, i quali  erano per questo invitati ad asciugarsi spesso con gli stracci  che in cartiera non mancavano. E trattandosi di tessuti  sicuramente settici, le patologie si dovevano fatalmente
moltiplicare.
Dopo la macerazione gli stracci venivano posti in  vasche dette “pile” fatte di legno o pietra e quindi pestati  con grossi magli in legno, mossi da una ruota idraulica  posta all’esterno dell’edificio. I magli si alzavano e
abbassavano,  battendo ritmicamente sugli stracci macerati fino  a ridurli in una pasta fine e densa, detta “pistò” , che  veniva messa successivamente a decantare in vasche di  pietra. Il rumore prodotto dai magli , amplificato dai bassi  locali in cui si trovavano doveva essere assordante,  soprattutto se pensato moltiplicato per tutte le cartiere  che contemporaneamente svolgevano il loro lavoro, tanto  che la valle veniva chiamata “la valle del rimbombo”, e  le prime guide turistiche del luogo, edite a metà
dell’Ottocento, veniva descritta come “un orrido bizzarro di
un estetico meraviglioso”, ma si parlava anche di un  “cupo rumoreggiar di tuono”.
La poltiglia di stracci veniva poi versata nelle “tine”,
ampi recipienti di legno a forma circolare, presso le quali  iniziava il lavoro più specializzato nel processo di
fabbricazione  della carta, svolto ad opera dei mastri cartai, o  “lavorenti”, che creavano il foglio vero e proprio, pescando  la poltiglia con una forma di legno. Accanto a lui un  “ponitore” estraeva successivamente il foglio ottenuto  per adagiarlo su un feltro che ne avrebbe assorbito l’acqua  in eccesso. Questi operai specializzati godevano di  rispetto e prestigio, all’interno della filiera, e spesso si  tramandavano l’arte di padre in figlio, quando non erano  i soli a ricevere un salario,dal momento che i vari operai  lavoravano praticamente solo per garantirsi il minimo  sostentamento alla vita.
Tutte queste operazioni, assieme a quella successiva  della torchiatura dei fogli intercalati dai feltri, per toglie-
re più acqua possibile, venivano svolte in locali detti
“fondaci", situati nei piani inferiori delle cartiere e disposti in  sequenza, in modo da ottimizzare il lavoro e che, a causa  del continuo utilizzo dell’acqua, quindi dell’umidità costante,  dovevano essere malsani, maleodoranti e freddi in  inverno, in cui gli operai lavoravano in condizioni estreme.
Un po’ meglio andava ai piani superiori, dove i fogli  dopo la torchiatura venivano inviati per essere appesi ad
asciugare su specifiche rastrelliere, poste accanto a pareti  con ante di legno mobili, affinchè si potesse dosare l’afflusso  di aria, addattandosi al clima e alle stagioni.
Aria troppo calda avrebbe fatto accartocciare i fogli e  troppa umidità avrebbe tardato la loro asciugatura, rovinandoli.
Una volta asciutti subivano una nuova operazione,  la “collatura”, venivano cioè passati velocemente in  calderoni ricolmi di colla animale, che conferiva loro l’ impermeabilità necessaria a non fare sbavare l’inchiostro.
Dopo un’ulteriore asciugatura i fogli venivano lisciati  con l’ausilio di piccoli magli, infine impilati in precise  risme e una volta imballati erano pronti per essere trasportati  a fondovalle.
Alla cartiera di Toscolano si lega anche il nome di una  delle famiglie più note nel mondo della carta e della stampa  fra il Quattrocento e il Cinquecento, I Paganini. Originari  di un piccolo borgo della campagna bresciana, esordirono  nell’attività tipografico editoriale a Venezia, alla  fine del XV secolo. Il capostipite, Paganino Paganini aprì  poi bottega da solo, coadiuvato dal figlio Alessandro, il  quale mostrò presto una notevole abilità come disegnatore  e incisore di caratteri. Nel 1517 lasciarono la Laguna  e  trasferirono la loro attività a Toscolano. Si erano sempre  mostrati fieri delle loro origini, tanto da definirsi, in più  occasioni, “brixiensis”, ma più probabilmente avevano  considerato che trasferendosi direttamente sul luogo della  produzione della carta avrebbero abbattuto notevolmente  i costi. Alessandro fu un editore estroverso e ricco di
iniziativa,  tanto è vero che si distinse per l’invenzione del  “ventiquattresimo”, un formato di libro minuscolo, da  tenere in mano, a passeggio o durante gli incontri mondani,  che divenne grandemente in voga nelle corti dell’epoca,  in quanto conferiva distinzione, fungeva da ornamento  – un libro all’epoca era prezioso quasi quanto un  gioiello- e suggeriva raffinatezza e cultura.
Ma l’impresa senz’altro più spregiudicata e ambiziosa  di Alessandro Paganini fu l’edizione a stampa del Corano  in arabo, mai prima tentata in Occidente, e che segnò  anche, nel 1538, la fine della sua avventura tipografica.
Lo impegnò per parecchi anni, perché la realizzazione dei  caratteri fu complicata e onerosissima, ma disastrosa fu  l’accoglienza del Corano in terra islamica, ove si considerò  un sopruso che il sacro testo fosse stato riprodotto  meccanicamente a stampa, quando per secoli era stato  affidato alla sola riproduzione manoscritta. Pare inoltre  che fossero presenti parecchi refusi, che andarono a peggiorarne  l’accoglienza. La leggenda racconta che tutti i  volumi furono caricati su una nave, che una volta condotta  in alto mare fu affondata con tutto il suo sacrilego carico.
C’è chi aggiunge che anche Alessandro Paganini andò  ad accompagnare le sue disprezzate opere, ma non è dato  saperlo con certezza, fatto sta che forse solo per la delusione  del fallimento della sua iniziativa, di Alessandro si  persero tutte le tracce.
Queste le storie, comuni e personali che ebbero il loro  svolgersi nella Valle delle Cartiere.
Una storia che parla di imprenditorialità, in un luogo in  cui il progresso ha fatto le sue conquiste, e dove fra quelle  che oggi appaiono per lo più come rovine la vita è stata  fervida e operosa.
Ma più di tutto parla la storia di uomini, donne e bambini  che nei tempi più antichi dell’attività delle cartiere,
per garantirsi una sopravvivenza hanno camminato in bilico  sui sentieri delle assi, han tuffato le braccia fra gli  stracci e l’acqua perché dal loro lavoro uscisse qualcosa di  bello e nobile.
Tutt’oggi esiste a Toscolano Maderno una cartiera attiva  sulla riva del lago, che anche se la modernizzazione
non fa più risuonare col rimbombo dei suoi magli, costituisce
fonte di impiego per un largo bacino di lavoratori.


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