martedì 6 ottobre 2015

SCUOLA SERALE PROFESSIONALE A MADERNO NEL 1927


Dal gennaio 1927 una scuola serale professionale fu istituita a Maderno, a cura del DopoLavoro locale, lanciata, fra gli altri,dal sig. Mario Gaioni che riguardavala meccanica, l’edilizia, la falegnameria e la decorazione. Gli Ingegneri Luigi Dubbini e Andrea Visioli vi sovrintendevano e si occupavano anche di ottenere finanziamenti da ditte locali come la      Cartiera, la Tessitura Serica, l’Oleificio Sociale Benacense, la Banca S.Ercolano di Maderno ed i sigg. Visintini..
Insegnanti furono i fratelli Giovanni e Fermo De Rossi. Il primo (mio padre) insegnava “ornato” ed il secondo disegno tecnico.La Scuola era frequentata da circa 40 allievi provenienti anche dai paesi vicini come Gardone e Gargnano.
Inizialmente la sua sede fu il Palazzo Gonzaga, poi furono usati i locali dell’ex Municipio in piazza a Maderno, ed infine quelli dell’Istituto Benamati dove si trovavano le scuole elementari. Purtroppo, con l’inizio dell’ultima guerra, quest’interessante iniziativa cessò la sua attività e non trovò,successivamente, persone che la sostennero o che capirono la sua utilità pratica e sociale.
Dal Giornale del Garda dell’11novembre 1929, si apprende che il giorno precedente fu inaugurata nel Palazzo Gonzaga la mostra dei lavori di disegno eseguiti dagli allievi. Ai più meritevoli, che qui sotto sono elencati, furono distribuiti premi consistenti in libretti di risparmio sui quali vi erano depositate modeste somme, ma che avevano però un notevole significato d’apprezzamento del lavoro svolto.
I° Corso
1° premio a Perini Giovita (edilizia) e Giovanelli Giuseppe (ornato)
2° premio a Tomasi Giuseppe (ornato) e Bertoldi Aldo (edilizia)
3° premio a Bertasio Bortolo (edilizia) e Ferrari Sigismondo (ornato)
4° premio a Bottura Natale (fabbri) e Pellegrini Battista (edilizia)
2° Corso
1° premio a Cappa Leone (edilizia), Pazzoli Giuseppe (ornato) e Bentivoglio Elio (falegnami)
2° premio ad Andreoli Pasquale (ornato) e Beretta Angelo (edilizia)
3° premio a Pilati Fausto (fabbri)
3° Corso
1° premio a Giovanelli Adolfo (ornato)
2° premio a De Rossi Fausto (ornato)
3° premio a Zuradelli Aldo (ornato
4° premio a Benini Bruno (ornato)
5° premio a Sinibaldi Rocco (ornato)
Nello stesso anno ed in quelli successivi altri concittadini molto conosciuti per essersi affermati nelle loro attività lavorative, hanno frequentato con profitto questi corsi.
Ne ricordiamo alcuni, che purtroppo ci hanno lasciato, fra i quali Costante Marsadri e Vasco Belloni di Maderno, Savino Zuradelli e Adolfo Giovanelli di Toscolano


sabato 3 ottobre 2015

SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN VALLE DELLE CARTIERE




            Nella Valle delle Cartiere, circa sei secoli fa, oltre a numerose fucine per la lavorazione del  ferro già esistenti,chiamate allora “ferrarezze”, sorsero le prime cartiere che, nel corso dei secoli successivi, aumentarono  fino a raggiungere nel Seicento il numero complessivo di 160, occupando così ogni piccolo angolo della valle. Il motivo fu uno solo: lo sfruttamento dell’energia idraulica del torrente Toscolano.
            Quando, invece, verso la fine dell’Ottocento fu disponibile l’energia elettrica, gli opifici incominciarono a diminuire e agli inizi del Novecento, quando quasi tutte le cartiere esistenti nella valle erano divenute di proprietà Maffizzoli, questi ritennero economicamente più conveniente per i rifornimenti di materia prima e per lo smercio del prodotto finito, di trasferire la loro attività a Toscolano in località “Capra” costruendo un grande stabilimento. L’energia elettrica per il funzionamento dello stesso era prodotta dalle officine elettriche delle Camerate e delle Garde.
            Fino al 1874, data di costruzione delle gallerie e della strada di accesso, gli opifici della valle si potevano raggiungere attraverso tortuosi sentieri che scendevano da Gaino. Le centinaia di persone, uomini e donne, che lavoravano nelle fabbriche, per abbreviare il percorso, erano costretti a percorrere il pericoloso “sentiero delle assi” posto fra la seriola ed il letto del fiume. Il sentiero prese questo nome perché, per raggiungere le varie cartiere poste alcune sulla riva destra ed altre su quella sinistra del torrente, furono poste delle assi di legno che avevano la funzione di piccoli ponticelli.
            Fino al 1928, epoca in cui i comuni di Maderno e Toscolano si unirono in un solo comune, il torrente faceva da confine fra gli stessi fino oltre Maina superiore. Da qui il confine abbandonava il torrente e saliva direttamente verso il monte Pizzocolo.
            Dopo l’abbandono della valle da parte dei Maffizzoli, la stessa è caduta in un grave stato di degrado e la vegetazione ha completato l’opera, ragione per cui – da qualche anno – un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova, diretti dal Prof. Brogiolo verso la fine dell’estate si sono ritrovati nella valle per riportare alla luce i resti di una antica cartiera in località “Gatto”, che si trova presso il ponte in pietra che si collegava con Luseti crollato nel 1939.
            Terminato questo lavoro gli stessi ricercatori si sono spostati nel 2006 sulla strada fra Maina superiore e Vago per scavare sui resti di una piccola cartiera risalente al Cinquecento.
            I lavori di scavo hanno dato esiti clamorosi. Dopo aver asportato la numerosa vegetazione  e la terra che copriva i resti di questo opificio, sono venuti alla luce alcuni piccoli locali. In uno di questi sono state trovate, da una parte, n.6 vasche rettangolari scavate in un unico blocco di pietra e, dall’altra di fronte a queste un altro masso intero di pietra con diversi fori tutti delle stesse dimensioni nei quali venivano installati dei pestelli di legno o “folletti” che, azionati dall’energia idraulica di un canale che scorreva di fronte al piccolo stabile, battevano violentemente, come martelli, gli stracci posti nelle vasche di fronte riducendoli ad una poltiglia. Questa, dopo essere stata pressata ed asciugata, veniva trasformata in fogli di carta. In un locale attiguo è stato rinvenuto un piccolo forno costruito in pietra e mattoni che doveva servire a far bollir la colla necessaria per impermeabilizzare la carta onde evitare che l’inchiostro non si trasferisse nel retro del foglio. In questi locali sono stati rinvenuti anche numerosi attrezzi dell’epoca, che saranno collocati nel Museo della Carta.
            Tali importanti reperti sono stati recintati e, in seguito, si dovrà pensare ad eseguire le opere necessarie di conservazione degli stessi in modo che diventino un patrimonio culturale permanente a disposizione del pubblico.


venerdì 2 ottobre 2015

NEL 2000 DEMOLITA ANTICA CARTIERA



La più antica cartiera di Toscolano presso il ponte vecchio dopo la cessazione dell’attività della cartiera Vetturi avvenuta alcuni anni fa, (siamo ora nel 2000) sta ora scomparendo per far posto ad un nuovo edificio. (IL MUNICIPIO)
            Da un documento datato 17 ottobre 1381,( ben 619 anni fa!) del Notaio Bonaventura Belloni di Gaino, che stabiliva l’uso dell’acqua del torrente Toscolano fra le comunità di  Maderno e Toscolano per il funzionamento delle industrie cartarie, si desume, infatti, che in quell’anno la  cartiera era gestita dai Bellintani di Volciano.
                        Prima di giungere agli ultimi proprietari Vetturi, l’edificio passò nel corso dei secoli dai Bellentani ai Bonfadini, Benaglia, Setti, Grazioli, Monselice, Zuanelli, Andreoli e  rag.Maffizzoli.
            Fra i  proprietari e gestori che maggiormente si distinsero per l’intensa attività bisogna citare gli Zuanelli associati con i Fioravanti i quali la detennero dal XVIII fino alla metà del XIX secolo. Essi possedevano navi proprie con le quali fornivano la carta di loro produzione nei vari porti del Mediterraneo. Originari di Toscolano, non avevano soltanto questa cartiera. Dai dati catastali del 1720 risultava che fossero proprietari anche di altre cartiere e precisamente: due alla Religione, una a Luseti, una a Canneto, una alla Quattro Ruote, una in località Lupo e una in Maina. Anche quelle di Andrea Maffizzoli furono prima, di loro proprietà. Riuscirono ad associarsi ad alcune combinazioni commerciali volte a potenziare meglio le loro esportazioni e per questi loro meriti  in campo economico entrarono nelle fila dell’aristocrazia dominante in quel tempo
            Di questa importante famiglia , è rimasto il  palazzo, cioè l’attuale ex casa Franceschini-Ragozzi al ponte di Toscolano sulla cui facciata, in alto, si può ancora adesso ammirare lo stemma di famiglia (una  Z ”Zu” con una freccia che infila tre anelli). Lo stesso tipo di stemma, ma in pietra, lo troviamo sul bellissimo portale del palazzo a Messaga, ora  trasformato in condominio, ove risiedeva un altro ramo della stessa famiglia imparentato con i Conti Fioravanti di Salò, passato poi ai Bertera e per ultimo a Fontana.

            Il Fossati, nel suo “Benacum” ricorda che, prima della costruzione del ponte vecchio, avvenuta nel XVI° secolo, Maderno e Toscolano erano collegati da un ponte di legno costruito sui resti di un precedente antichissimo ponte romano che frequentemente veniva travolto dalle piene del torrente, situato a pochi metri più a monte. Al ponticello si accedeva soltanto per una viuzza che passava attraverso il portone d’accesso della cartiera che sta scomparendo. Tale strada rimase di uso pubblico sino agli ultimi anni della dominazione austriaca e, dopo la costruzione del ponte, servì per condurre ad abbeverare il bestiame e per le lavandaie.

giovedì 1 ottobre 2015

STATUTI RIVIERA BRESCIANA


Nella ricerca di notizie storiche locali, ho avuto la fortuna di trovare l’immagine della copertina usata degli Statuti della Riviera Bresciana ed, in questo caso, anche di quelli del comune di Polpenazze risalenti al 1620. Questo documento era in possesso di un amico, con il quale abbiamo in comune la passione per la storia locale, che mi ha gentilmente concesso di ricopiarla.
            In effetti, gli Statuti della Riviera bresciana furono stampati in lingua latina per la prima volta a Portese nel 1489/1490 dal tipografo Bartolomeo Zani. Successivamente, nel 1620, sempre in lingua latina, fu redatto dal cappuccino di Gazzane, Mattia Bellintani “Statuta Criminalia Riperiae Salodii”. Sulla copertina, che ho ritrovato, è raffigurata la SS. Trinità: il Padre, il Figlio con lo scettro e lo Spirito Santo rappresentato dalla colomba. A lato sta la Vergine  che contempla la SS. Trinità. Sotto vi sono inginocchiati: a destra il Cardinale S.Carlo Borromeo, Protettore di Salò; a sinistra S.Ercolano Vescovo, Protettore della Magnifica Patria ed al centro è posto il motto “Justitia e coelo prospexit” ( La giustizia ha guardato dal cielo). Più in basso la dicitura “Communitas Riperiae” (Comunità della Riviera) l’Ente che ha emesso gli Statuti, con l’immagine della Giustizia che nella mano destra tiene la spada ed in quella di sinistra la bilancia. Questi statuti furono stampati a Salò da Bernardino Lantoni, originario di Gazzane, richiamato a Salò dalla Magnifica Patria, (che gli fornì perfino un prestito) da Milano dove svolgeva la sua attività. Lo stesso Lantoni, nel 1626, ripubblicò gli Statuti in lingua italiana. Grande è stata la mia sorpresa quando ho notato che questa copertina riproduceva immagini di Santi mai trovate su documenti di carattere amministrativo.
            Per meglio comprendere il significato di questa stampa, in breve, è necessario ricostruire la storia di quei tempi, quando eravamo dominati dalla Repubblica veneta.
La Riviera occidentale del Garda, dopo le tristi vicende con i Visconti e gli Scaligeri, offrì la propria sottomissione alla Serenissima a condizione che gli fossero confermati alcuni privilegi, tra i quali l’indipendenza da Brescia, l’integrità del territorio e l’esenzione da oneri reali e personali. Fu il Doge Francesco Foscari che accolse queste richieste emettendo un Decreto in data 13.5.1426 contenente trentatre capitoli che, uniti ai trentotto concessi dallo stesso Doge il 19.12.1440, formarono la carta costituzionale dell’antica Patria di Salò che prese il nome di “Magnifica Patria”. Il suo territorio comprendeva 34 comuni divisi in sei Quadre: di Gargnano, di Maderno, di Salò, di Montagna, di Valtenese e di campagna, oltre ad otto piccoli comuni che però non facevano parte del governo. Polpenazze, quindi, apparteneva a quella di Valtenese. Dunque complessivamente 42 comuni, 174 villaggi e 60 mila abitanti. Si costituì così il consiglio della Patria che in un primo tempo si radunò a Maderno, poi definitivamente a Salò. Nella prima metà del XV° secolo la Magnifica Patria fu quindi un’entità amministrativa inserita nel sistema dello Stato veneziano vicino alle due unità confinanti di Brescia e Verona, motivo per il quale si rese necessario pubblicare gli Statuti. Questi, salvo lievi modifiche, durarono dal 1426 al 1797, anno della caduta della Serenissima e furono confermati dall’arcivescovo Giovanni Visconti. Inizialmente fu stabilito che il Capitano, che da Venezia era mandato a reggere la Riviera, doveva abitare un anno a Maderno e uno a Salò, ma questa norma durò poco tempo perché nel 1473 cessò tale consuetudine ed il Capitano si trasferì definitivamente a Salò, nonostante le opposizioni avanzate dai Madernesi. Questa decisione fu presa dal provveditore Antonio Contarini che, in seguito alla facoltà concessagli del governo, scelse definitivamente Salò.
   Ogni  comune appartenente a questa comunità ebbe poi dei particolari Statuti. Per quanto riguarda quello di Maderno non ne esiste più alcuna traccia, mentre furono pubblicati quelli di Tignale, Manerba, Soiano e Polpenazze.
   Il Consiglio Generale della Magnifica Patria, nell’adunanza del 6 luglio 1466 elesse patrono del territorio della stessa comunità S.Ercolano, obbligando a celebrare con festa di precetto l’annua memoria il giorno 12 agosto. Nel 1677 tale dedicazione fu sancita con Decreto del vescovo di Brescia Marino Giorgio e di quello di Verona Sebastiano Pesaro sotto la giurisdizione del quale appartenevano alcuni comuni della Valtenesi. Questa obbligazione cessò con la caduta della Repubblica veneta nel 1797.





sabato 19 settembre 2015

VOLUME SULLA VILLA ROMANA DI TOSCOLANO


Il 12 settembre 2015 il Sindaco di Toscolano-Maderno ed il Soprintendente per l’Archeologia della Lombardia Filippo Maria Gambari, hanno presentato presso la sala consigliare un interessantissimo e ponderoso libro storico, di oltre 300 pagine con numerose fotografie, sulla villa romana di Toscolano, redatto dalla Dott.ssa  Archeologa Elisabetta Roffia, ex dirigente presso il Ministero per i Beni e le attività culturali, e da altri collaboratori. Il volume è stato realizzato dal Comune di Toscolano-Maderno e dalla  Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia. e finanziato dalla Regione Lombardia e dalla Fondazione Cariplo ..
 Lo stesso è suddiviso nei seguenti argomenti:
1) Rinvenimenti archeologici nel territorio di Toscolano-Maderno di Lisa Cervini;
2) La villa in località Capra. Storia del sito e degli scavi di Elisabetta Roffia. Qui vengono ricordati i primi scopritori di queste rovine come Marin Sanuto nel 1483 e lo storico locale Notaio Claudio Fossati che nel 1893 pubblicò il primo volumetto su queste rovine;
3) La villa di Roffia, Simonelli, Solano,Bugini,Folli, Ridolfi, Sacchi, Rinaldi, Bianchi e Tosini;
4) Oggetti d’uso di Ridolfi, Facchinetti, Invernizzi;
5) Le indagini scientifiche di Bugini, Folli e Castiglioni;
6) Le fasi di vita dell’edificio e la sua analisi di Elisabetta Roffia;
7) Marco Nonio Macrino e i Nonii Arrii di Francois Charisson e G.Luca Gregori
8) Toscolano: dalla Villa alle Chiese di Monica Ibsen
9) Gli interventi di valorizzazione dell’area archeologica di Anna Brisinello

Nello stesso volume sono allegate tre interessanti tavole:
Tavola I –Planimetria del settore A
Tavola II -          “             “          B
Tavola III -         “    generale con indicazione delle fasi edilizie:.

Così, dopo tanti anni, abbiamo a disposizione un volume che contiene tutte le notizie riguardanti questo prezioso patrimonio archeologico esistente a Toscolano.
            Il volume è stato stampato dalla litografia NOVALITO di Carpenedolo (BS) nel luglio 2015 per conto delle EDIZIONI ET di  Milano.

                                                                                                         





giovedì 17 settembre 2015

LE PRIME STAMPERIE A TOSCOLANO NEL XV E XVI SEC.




Già dal 1300 a Toscolano ebbe inizio la prima attività dell'industria cartaria in località "Camerate".Queste fabbriche ebbero uno sviluppo enorme tanto che nel XVI secolo coprirono interamente tutto il territorio adiacente il torrente "Toscolano" unitamente a numerose officine e ferriere.
            Verso la metà del XV secolo venne inventata da Gutemberg la stampa con caratteri mobili che, dopo alcuni anni, si diffuse anche in Italia.
            E fu proprio la convenienza economica di avvicinare le nuove tipografie ai luoghi di produzione della carta (materia prima per questa attività) che facilitò la loro installazione a Toscolano.
            Fu il Sindaco di Toscolano e consigliere  della Magnifica Patria, Scalabrino Agnelli, abitante nella frazione Messaga di Toscolano, proprietario di alcune cartiere, che chiamò presso di sé,intorno al 1478,  un celebre stampatore,  GABRIELE di PIETRO da TREVISO, già noto per le sue bellissime edizioni stampate a Venezia, Brescia ed Udine dal 1472 al 1478.
            In considerazione appunto della sua abilità tipografica, i frati domenicani della "Religione" di Toscolano lo convinsero poi a trasferirsi nel loro Convento con i suoi torchi. Fino al 1480 riuscì a pubblicare una mezza dozzina di libri, in bei caratteri romani. Ad un certo momento venne arrestato ed imprigionato per un mancato pagamento di un vecchio debito, probabilmente contratto quando era ancora a Venezia. La sua pena venne poi ridotta a 4 mesi, grazie all' autorevole intervento del suo sostenitore Scalabrino Agnelli.
Avvilito e dispiaciuto lasciò Toscolano per Brescia dove sopravvisse per poco tempo.
            Per oltre 30 anni nessun libro fu più stampato a Toscolano.
            Soltanto nel 1519 giunse a Toscolano lo stampatore PAGANINO PAGANINI, di origine bresciana (Cigole) che aveva svolto la sua attività a Venezia fino al 1485 e, successivamente, presso i frati dell'isola del Garda, accompagnato dal figlio ALESSANDRO che già svolgeva simile attività con la stessa competenza del padre.
            Secondo Donato Fossati , abitò e svolse il suo lavoro in Toscolano, prima in contrada del Porto e poi, dopo le sue seconde nozze con Cristina figlia di Francesco Fontana di Cecina, si trasferì in questa frazione che è poco distante da quella di Messaga dove aveva operato Gabriele di Pietro parecchi anni prima.
            Dal 1519 AL 1538 i PAGANINI pubblicarono a Toscolano ben 43 opere, tutte dettagliatamente elencate da Donato Fossati (Benacum - Storia di Toscolano - 1941) il quale affermò di conservare gelosamente nella sua Biblioteca queste opere giuntegli attraverso i suoi avi, oltre a due stampate a Venezia e un'altra di Gabriele di Pietro.
            Pare che i Paganini possedessero una cartiera a Maina in Valle delle Cartiere
            Le opere dei Paganini erano volumi a formato ridotto:tascabile, come si direbbe oggi.  Furono stampate con cura e adornate di interessanti xilografie, di iniziali incise, di cornici come il "BURATO" che nelle sue tavole riproduce modelli di ricami e di stoffe (burati).
            Anche Ugo Baroncelli, grande esperto in questo campo, nel suo volume del 1964 elenca e commenta tecnicamente queste edizioni stampate a Toscolano e afferma, tra l'altro, che la Biblioteca Queriniana di Brescia possiede questo prezioso volume,(il Burato) donatogli a suo tempo da Luigi Lechi.
            Lo stesso autore affermò che Paganino Paganini avrebbe stampato per primo, in caratteri arabi, una edizione del CORANO che gli costò anni di lavoro e notevoli sacrifici economici, ma nessun esemplare di questa opera si sarebbe salvato perché sembra che tutte le copie siano state distrutte per ordine dell'autorità pontificia di quel tempo. Ricordò anche che il figlio Alessandro custodiva in Toscolano i caratteri usati per la stampa di questo volume.
     Senonchè nel Gennaio 1992 è stato presentato all'Ateneo di Brescia il volume "ALESSANDRO PAGANINO 1509-1538" dell'editrice padovana Antenore (stampato già nel 1990) dalla stessa autrice ANGELA NUOVO la quale ha annunciato il ritrovamento, dopo 450 anni di ricerche, di una copia del CORANO stampata in arabo a Venezia, e non a Toscolano, da ALESSANDRO  PAGANINI tra il 1537 e il 1538. Il ritrovamento,  avvenuto casualmente nella Biblioteca dei Frati Minori di S.Michele di VENEZIA durante altre ricerche, ha smentito coloro che ritenevano che l'opera non fosse mai neppure stata stampata. L'autrice ha dichiarato che è uno dei libri più belli ed un capolavoro tipografico tutto in arabo, senza una sola riga o data in altri caratteri e nel suo volume ne riproduce alcune pagine fra le quali quella contenente il visto del Vicario del Sant’Ufficio di Cremona.
     Con questa notizia viene ristabilita la verità sulla presunta eliminazione di questo libro da parte dell'Autorità Ecclesiastica,tesi che era stata sostenuta anche dal Cardinale Querini. Anzi,come si è detto, sul volume ritrovato, si trova addirittura una nota di Arcangelo Mancasula, vicario del Sant'Uffizio di Cremona.
     La sparizione della edizione del Corano di Paganini, secondo gli studi dell'autrice, fu invece dovuta al fatto che i volumi furono inviati tutti sul mercato arabo e turco, ambienti nei quali lo si ritenne sacrilego perché la loro religione proibiva all'infedele e all'impuro di toccare il testo considerato sacro e di conseguenza anche il fatto di stamparlo. Si presume quindi  che la distruzione delle copie del Corano avvenne sul posto per i suddetti motivi. Nelle biblioteche orientali non si ebbe infatti mai traccia di alcuna copia.
            Fu per Alessandro un fallimento anche economico che pesò notevolmente sulla sua attività, tanto più che non riuscì, come sperava, nemmeno a trovare l'acquirente dei costosi caratteri arabi.
            Dalla lettura del citato volume si viene a sapere che i Paganini, già dal 1505, avevano a ­Toscolano una fabbrica di carta che serviva alle loro necessità di lavoro a Venezia.
            Il loro trasferimento a Toscolano fu quindi dovuto a ragioni economiche e commerciali. La carta prodotta a Toscolano era trasferita a Venezia imbarcandola su appositi natanti che, attraversando il lago, raggiungevano la sponda veneta e di lì con altri mezzi raggiungeva Verona per essere nuovamente imbarcata tramite l'Adige ed il Po per raggiungere la capitale della Serenissima, senza dover uscire dal suo territorio.
            Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto da Donato Fossati, Angela Nuovo ha accertato che Cristina Fontana non era la seconda moglie di Paganino e nemmeno era figlia di un Fontana Francesco di Cecina, bensì era la sua prima moglie nonchè la figlia di Francesco della Fontana, di origine tedesca, che in effetti si chiamava Franz Renner, pure lui stampatore a Venezia.
            Paganino Paganini morì verso la fine del 1538, dopo che il figlio Alessandro, contro la sua volontà, ebbe stampato il Corano e nel suo testamento dispose che il suo corpo venisse sepolto nella Chiesa di S.Maria del Benaco di Toscolano alla quale lasciava tre ducati per opere di riparazione e dieci ducati alla Società del Sacratissimo Corpo di Cristo della stessa Chiesa, così come risulta dal testamento rintracciato dalla Nuovo.
            E' da ricordare, infine, che alcune edizioni dei Paganini furono dedicate a Isabella Gonzaga, a Francesco Corner Procuratore di San Marco ed al Cardinale Giulio de' Medici.
            Nel 2008 al Museo della Carta,in Valle delle Cartiere, vi fu un’interessante esposizione di 54 volumi dei Paganini (vedasi mio blog alla voce: Esposizione volumi dei Paganini), gentilmente concessi in comodato dalla Biblioteca Queriniana di Brescia e dalla Fondazione Ugo da Como  di Lonato.




                                          Paganino e Alessandro Paganini fecero, viva Benaco
                                                             (così interpretato dal Lechi)