sabato 19 settembre 2015

VOLUME SULLA VILLA ROMANA DI TOSCOLANO


Il 12 settembre 2015 il Sindaco di Toscolano-Maderno ed il Soprintendente per l’Archeologia della Lombardia Filippo Maria Gambari, hanno presentato presso la sala consigliare un interessantissimo e ponderoso libro storico, di oltre 300 pagine con numerose fotografie, sulla villa romana di Toscolano, redatto dalla Dott.ssa  Archeologa Elisabetta Roffia, ex dirigente presso il Ministero per i Beni e le attività culturali, e da altri collaboratori. Il volume è stato realizzato dal Comune di Toscolano-Maderno e dalla  Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia. e finanziato dalla Regione Lombardia e dalla Fondazione Cariplo ..
 Lo stesso è suddiviso nei seguenti argomenti:
1) Rinvenimenti archeologici nel territorio di Toscolano-Maderno di Lisa Cervini;
2) La villa in località Capra. Storia del sito e degli scavi di Elisabetta Roffia. Qui vengono ricordati i primi scopritori di queste rovine come Marin Sanuto nel 1483 e lo storico locale Notaio Claudio Fossati che nel 1893 pubblicò il primo volumetto su queste rovine;
3) La villa di Roffia, Simonelli, Solano,Bugini,Folli, Ridolfi, Sacchi, Rinaldi, Bianchi e Tosini;
4) Oggetti d’uso di Ridolfi, Facchinetti, Invernizzi;
5) Le indagini scientifiche di Bugini, Folli e Castiglioni;
6) Le fasi di vita dell’edificio e la sua analisi di Elisabetta Roffia;
7) Marco Nonio Macrino e i Nonii Arrii di Francois Charisson e G.Luca Gregori
8) Toscolano: dalla Villa alle Chiese di Monica Ibsen
9) Gli interventi di valorizzazione dell’area archeologica di Anna Brisinello

Nello stesso volume sono allegate tre interessanti tavole:
Tavola I –Planimetria del settore A
Tavola II -          “             “          B
Tavola III -         “    generale con indicazione delle fasi edilizie:.

Così, dopo tanti anni, abbiamo a disposizione un volume che contiene tutte le notizie riguardanti questo prezioso patrimonio archeologico esistente a Toscolano.
            Il volume è stato stampato dalla litografia NOVALITO di Carpenedolo (BS) nel luglio 2015 per conto delle EDIZIONI ET di  Milano.

                                                                                                         





giovedì 17 settembre 2015

LE PRIME STAMPERIE A TOSCOLANO NEL XV E XVI SEC.




Già dal 1300 a Toscolano ebbe inizio la prima attività dell'industria cartaria in località "Camerate".Queste fabbriche ebbero uno sviluppo enorme tanto che nel XVI secolo coprirono interamente tutto il territorio adiacente il torrente "Toscolano" unitamente a numerose officine e ferriere.
            Verso la metà del XV secolo venne inventata da Gutemberg la stampa con caratteri mobili che, dopo alcuni anni, si diffuse anche in Italia.
            E fu proprio la convenienza economica di avvicinare le nuove tipografie ai luoghi di produzione della carta (materia prima per questa attività) che facilitò la loro installazione a Toscolano.
            Fu il Sindaco di Toscolano e consigliere  della Magnifica Patria, Scalabrino Agnelli, abitante nella frazione Messaga di Toscolano, proprietario di alcune cartiere, che chiamò presso di sé,intorno al 1478,  un celebre stampatore,  GABRIELE di PIETRO da TREVISO, già noto per le sue bellissime edizioni stampate a Venezia, Brescia ed Udine dal 1472 al 1478.
            In considerazione appunto della sua abilità tipografica, i frati domenicani della "Religione" di Toscolano lo convinsero poi a trasferirsi nel loro Convento con i suoi torchi. Fino al 1480 riuscì a pubblicare una mezza dozzina di libri, in bei caratteri romani. Ad un certo momento venne arrestato ed imprigionato per un mancato pagamento di un vecchio debito, probabilmente contratto quando era ancora a Venezia. La sua pena venne poi ridotta a 4 mesi, grazie all' autorevole intervento del suo sostenitore Scalabrino Agnelli.
Avvilito e dispiaciuto lasciò Toscolano per Brescia dove sopravvisse per poco tempo.
            Per oltre 30 anni nessun libro fu più stampato a Toscolano.
            Soltanto nel 1519 giunse a Toscolano lo stampatore PAGANINO PAGANINI, di origine bresciana (Cigole) che aveva svolto la sua attività a Venezia fino al 1485 e, successivamente, presso i frati dell'isola del Garda, accompagnato dal figlio ALESSANDRO che già svolgeva simile attività con la stessa competenza del padre.
            Secondo Donato Fossati , abitò e svolse il suo lavoro in Toscolano, prima in contrada del Porto e poi, dopo le sue seconde nozze con Cristina figlia di Francesco Fontana di Cecina, si trasferì in questa frazione che è poco distante da quella di Messaga dove aveva operato Gabriele di Pietro parecchi anni prima.
            Dal 1519 AL 1538 i PAGANINI pubblicarono a Toscolano ben 43 opere, tutte dettagliatamente elencate da Donato Fossati (Benacum - Storia di Toscolano - 1941) il quale affermò di conservare gelosamente nella sua Biblioteca queste opere giuntegli attraverso i suoi avi, oltre a due stampate a Venezia e un'altra di Gabriele di Pietro.
            Pare che i Paganini possedessero una cartiera a Maina in Valle delle Cartiere
            Le opere dei Paganini erano volumi a formato ridotto:tascabile, come si direbbe oggi.  Furono stampate con cura e adornate di interessanti xilografie, di iniziali incise, di cornici come il "BURATO" che nelle sue tavole riproduce modelli di ricami e di stoffe (burati).
            Anche Ugo Baroncelli, grande esperto in questo campo, nel suo volume del 1964 elenca e commenta tecnicamente queste edizioni stampate a Toscolano e afferma, tra l'altro, che la Biblioteca Queriniana di Brescia possiede questo prezioso volume,(il Burato) donatogli a suo tempo da Luigi Lechi.
            Lo stesso autore affermò che Paganino Paganini avrebbe stampato per primo, in caratteri arabi, una edizione del CORANO che gli costò anni di lavoro e notevoli sacrifici economici, ma nessun esemplare di questa opera si sarebbe salvato perché sembra che tutte le copie siano state distrutte per ordine dell'autorità pontificia di quel tempo. Ricordò anche che il figlio Alessandro custodiva in Toscolano i caratteri usati per la stampa di questo volume.
     Senonchè nel Gennaio 1992 è stato presentato all'Ateneo di Brescia il volume "ALESSANDRO PAGANINO 1509-1538" dell'editrice padovana Antenore (stampato già nel 1990) dalla stessa autrice ANGELA NUOVO la quale ha annunciato il ritrovamento, dopo 450 anni di ricerche, di una copia del CORANO stampata in arabo a Venezia, e non a Toscolano, da ALESSANDRO  PAGANINI tra il 1537 e il 1538. Il ritrovamento,  avvenuto casualmente nella Biblioteca dei Frati Minori di S.Michele di VENEZIA durante altre ricerche, ha smentito coloro che ritenevano che l'opera non fosse mai neppure stata stampata. L'autrice ha dichiarato che è uno dei libri più belli ed un capolavoro tipografico tutto in arabo, senza una sola riga o data in altri caratteri e nel suo volume ne riproduce alcune pagine fra le quali quella contenente il visto del Vicario del Sant’Ufficio di Cremona.
     Con questa notizia viene ristabilita la verità sulla presunta eliminazione di questo libro da parte dell'Autorità Ecclesiastica,tesi che era stata sostenuta anche dal Cardinale Querini. Anzi,come si è detto, sul volume ritrovato, si trova addirittura una nota di Arcangelo Mancasula, vicario del Sant'Uffizio di Cremona.
     La sparizione della edizione del Corano di Paganini, secondo gli studi dell'autrice, fu invece dovuta al fatto che i volumi furono inviati tutti sul mercato arabo e turco, ambienti nei quali lo si ritenne sacrilego perché la loro religione proibiva all'infedele e all'impuro di toccare il testo considerato sacro e di conseguenza anche il fatto di stamparlo. Si presume quindi  che la distruzione delle copie del Corano avvenne sul posto per i suddetti motivi. Nelle biblioteche orientali non si ebbe infatti mai traccia di alcuna copia.
            Fu per Alessandro un fallimento anche economico che pesò notevolmente sulla sua attività, tanto più che non riuscì, come sperava, nemmeno a trovare l'acquirente dei costosi caratteri arabi.
            Dalla lettura del citato volume si viene a sapere che i Paganini, già dal 1505, avevano a ­Toscolano una fabbrica di carta che serviva alle loro necessità di lavoro a Venezia.
            Il loro trasferimento a Toscolano fu quindi dovuto a ragioni economiche e commerciali. La carta prodotta a Toscolano era trasferita a Venezia imbarcandola su appositi natanti che, attraversando il lago, raggiungevano la sponda veneta e di lì con altri mezzi raggiungeva Verona per essere nuovamente imbarcata tramite l'Adige ed il Po per raggiungere la capitale della Serenissima, senza dover uscire dal suo territorio.
            Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto da Donato Fossati, Angela Nuovo ha accertato che Cristina Fontana non era la seconda moglie di Paganino e nemmeno era figlia di un Fontana Francesco di Cecina, bensì era la sua prima moglie nonchè la figlia di Francesco della Fontana, di origine tedesca, che in effetti si chiamava Franz Renner, pure lui stampatore a Venezia.
            Paganino Paganini morì verso la fine del 1538, dopo che il figlio Alessandro, contro la sua volontà, ebbe stampato il Corano e nel suo testamento dispose che il suo corpo venisse sepolto nella Chiesa di S.Maria del Benaco di Toscolano alla quale lasciava tre ducati per opere di riparazione e dieci ducati alla Società del Sacratissimo Corpo di Cristo della stessa Chiesa, così come risulta dal testamento rintracciato dalla Nuovo.
            E' da ricordare, infine, che alcune edizioni dei Paganini furono dedicate a Isabella Gonzaga, a Francesco Corner Procuratore di San Marco ed al Cardinale Giulio de' Medici.
            Nel 2008 al Museo della Carta,in Valle delle Cartiere, vi fu un’interessante esposizione di 54 volumi dei Paganini (vedasi mio blog alla voce: Esposizione volumi dei Paganini), gentilmente concessi in comodato dalla Biblioteca Queriniana di Brescia e dalla Fondazione Ugo da Como  di Lonato.




                                          Paganino e Alessandro Paganini fecero, viva Benaco
                                                             (così interpretato dal Lechi)

giovedì 11 giugno 2015

CARTIERA DI MAINA INF. IN VALLE CARTIERE ED IL RICORDO DI MIA MADRE






Siamo alla fine dell’800 - inizi del ‘900, quando ancora la cartiera di Maina inferiore chiamata anche Macalè (dal 2007 trasformata in Museo della carta) si trovava in territorio di Maderno  e i  due comuni erano ancora separati. . Il  confine era delimitato dal torrente Toscolano dalla sua foce e sino alla località di Maina superiore, poi  saliva direttamente fino alla cima del monte Pizzocolo. Quindi le cartiere esistenti oltre Maina superiore e fino alla foce del torrente che si trovavano a destra (scendendo)  erano in territorio di Maderno, mentre quelle sul lato opposto e oltre Maina superiore in quello di Toscolano.
            Nel periodo citato in premessa e fino al 1912 la cartiera di Maina inferiore o Macalè fu diretta da Bianchi Tullio proveniente da Pisogne il quale sposò la zia di mia madre, Belloni Luigia.
            Diversi furono i proprietari o gestori di questa antica cartiera prima che venisse – dopo la costosa operazione  di ristrutturazione  - trasformata in Museo  e ora dato in comodato dal Comune alla Fondazione della Valle delle Cartiere. Intorno al 1700 questo opificio fu di proprietà della famiglia Assandri, originaria della frazione Pulciano, che poi assunse il cognome di Delay e che all’inizio del ‘500 conduceva alcune ferriere in località Camerate. Successivamente la proprietà dello stabilimento passò ai madernesi: Veronese nel 1811, Hell nel 1852, Emmer nel 1872, Nei primi anni del 1900 i proprietari divennero i Maffizzoli, poi i Donzelli ed, infine, i Marchi di Vicenza. Nel 1962 i Donzelli abbandonarono questo opificio che , lentamente, andò in rovina..
            Nel mio Blog su Toscolano Maderno ho citato diverse persone locali,  mi sono domandato, perchè non dovrei citare anche mia madre dalla quale ebbi varie notizie storiche locali e sul modo di vita di quel tempo ed in particolare sulla Valle delle Cartiere dove aveva vissuto alcuni anni.  Essa aveva solo cinque anni ed un fratellino di pochi mesi quando gli morì suo padre a 39 anni.. La madre, per vivere, era impegnata nel suo lavoro  e doveva  occuparsi di due figli per cui dopo qualche anno dovette affidare la mia futura madre, allora adolescente, alla zia, che non aveva figli e che viveva con il marito a Maina inferiore in una piccola abitazione annessa allo stabilimento (indicata con un freccia bianca nella foto in alto).
            Un particolare ricordo dell’adolescenza di mia madre durante la sua permanenza nella valle, che mi riferì più volte, fu  che alla sera veniva incaricata dallo zio di recarsi a Toscolano per l’acquisto del giornale che giungeva a tarda ora. Al buio assoluto e da sola, usciva dalle gallerie (allora non illuminate come ora), per giungere nel paese per l’acquisto del giornale. Pur prestandosi volenterosamente a questo incarico, non poté mai dimenticare la paura e l’ansia che l’opprimeva quando eseguiva ogni giorno questo incarico. Lo zio voleva tenersi aggiornato sugli avvenimenti, ma in quel tempo l’unico mezzo d’informazione era solo il giornale. che con i mezzi di quel tempo giungeva a Toscolano solo a tarda sera.

ANDREA DE ROSSI

                                                         
        





ANDREA DE ROSSI.

martedì 26 maggio 2015

VINCENZO BENDINELLI STRAORDINARIO ARTISTA MADERNESE



Il mio caro amico VINCENZO BENDINELLI, nato pochi anni dopo di me a Maderno il 20.7.1931 e scomparso a Cologno Monzese il 30.7.1997 dove abitava con la sua famiglia, è veramente un personaggio straordinario da ricordare per tutte le sue numerose attività e iniziative nel campo culturale ed artistico.
            Fin da giovanissimo si trasferì a Milano dove, inizialmente, lavorò come accordatore di pianoforti presso il negozio  della madernese sig.ra Luisa Castellini.
            Iniziò con la pittura e la poesia. Successivamente si laureò in Sociologia con una tesi di Parapsicologia.
            I principali giornali si sono occupati delle sue varie attività. Egli si qualificò sempre fra i primi nella cinquantina di concorsi letterari nazionali ed internazionali ai quali partecipò. Nel 1983 ottenne il premio della Cultura da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Numerose le mostre di quadri personali e collettive alle quali partecipò dal 1958 al 1987 nelle varie città d’Italia ed in Svizzera. Oltre a queste opere pittoriche, pubblicò parecchi volumi di poesie e di argomenti vari, fra i quali manuali d’ipnotismo, di radioestesia e di agopuntura.
            In circa trent’anni di lavoro pittorico ha svolto, come affermato dallo stesso,, la sua ricerca in modo totale, veramente d’avanguardia dal figurativo all’astratto, dall’arte visuale a esperienza POP (abbreviazione del termine inglese popular usato come termine generico per indicare  tutte le espressioni della cultura popolare) e queste ultime ben quattro anni prima che gli artisti americani presentassero le loro opere POP alla Biennale di Venezia del 1964.
            Il Comune di Cologno Monzese, dove egli risiedeva con la famiglia, nel 2005 ha organizzato presso una sala di villa Casati, una mostra dei dipinti più significativi e un’antologia di liriche dello stesso. L’inaugurazione è avvenuta il 7.10.2005 alla presenza del Sindaco di Cologno Monzese e di numerosi personaggi del mondo dell’arte e della cultura. In tale occasione la gallerista e critica d’arte Enrica Gamalero ha presentato le sue opere ed ha letto alcune sue poesie.
            E’ certamente un onore per il  comune di Toscolano-Maderno che questo “personaggio”, cresciuto in una modesta ed umile famiglia, con la sua intelligenza, creatività e costanza abbia saputo emergere e farsi un nome nell’ambiente artistico milanese.
                                                                           ANDREA DE ROSSI


Un quadro del Bendinelli



giovedì 14 maggio 2015

ALTRE NOTIZIE SUL PALAZZO GONZAGA DI MADERNO






Il Dott. Ghiselli di Gargnano fu uno dei tanti proprietari del palazzo Gonzaga di Maderno susseguitesi dopo l’estinzione della famiglia Gonzaga. Nel 1819, questi, forse perché infermo di mente, si mise alla ricerca di tesori che, si diceva, allora, fossero nascosti in qualche punto segreto del palazzo. Per  ritrovarli fece demolire i due terzi del palazzo, sul lato della chiesa romanica e, di conseguenza, distrusse numerosi capolavori pittorici, senza troppi ostacoli da parte della pubblica amministrazione. I relativi materiali di risulta, alcuni assai pregiati per qualità e lavorazione, presero differenti strade; una parte fu venduta, un’altra venne recuperata per costruire un giardino di limoni, gli stipiti andarono a sostegno degli ingressi interni della costruenda chiesa parrocchiale di Maderno e gli elementi più minuti furono incettati dagli antiquari del tempo oppure finirono in alcune case private a Maderno. Agli eredi del Ghiselli rimasero così tanti debiti per cui furono costretti a vendere il moncone rimasto del palazzo ai Zanetti i quali poi lo rivendettero al sig. Pietro Erculiani di Maderno che, nel 1894, lo rivendette all’inglese sig.ra Mary Colley Morice che, con animo appassionato, cercò di dare vita a quegli storici resti rimasti. Successivamente la proprietà passò al sig.Pietro Emmer di Maderno e questi, nel 1933, alla famiglia Gaoso.
            Tutte queste notizie sono state ricavate da un saggio dello storico locale Notaio Claudio Fossati  datato 1894 rinvenuto nell’archivio del marchese Giuliano Capilupi di Mantova unitamente alla lettera con la quale il Fossati indirizzò il testo alla sig.ra Mary Colley Morice la quale aveva richiesto notizie sulle origini storiche del palazzo dopo l’acquisto.. Documento che non risulta essere stato a conoscenza nemmeno dal figlio Donato che pure ha scritto anch’esso numerose notizie sui Gonzaga.
            Ora, ad integrare tali notizie sul palazzo Gonzaga di Maderno ci ha pensato il Prof.. Paolo Bertelli dell’Università degli Studi di Verona Dipartimento Tempo Spazio, immagine, Società /TeSIS) che ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere in quanto anche lui si interessa della storia dei Gonzaga. Risulta, infatti, che l’Università alla quale  appartiene nel 2014 ha organizzato un convegno dedicato a Marco Boschini (Venezia 1602-1678) scrittore, pittore, incisore, miniatore, già appartenente alla bottega di Palma il Giovane a Venezia e frequentatore del palazzo Gonzaga di Maderno dai cui proprietari ricevette l’ordine di incidere il disegno del palazzo madernese su una lastra di rame, ora non più rintracciabile. Da questo convegno uscì  un voluminoso libro “Marco Boschini. L’epopea della pittura veneziana nell’Eureopa barocca” a cura di Enrico Maria Dal Pozzolo con la collaborazione dello stesso Prof.Bertelli – Zel edizioni (pagine 463)...Fu negli anni in cui il Boschini frequentò il Palazzo Gonzaga di Maderno che il Duca Carlo II fece costruire un androne sotterraneo, detto poi “Serraglio degli uomini” che collegava il palazzo nuovo con la “Palazzina” chiamata poi “Serraglio delle Donne”.
            E’ nel contenuto di questo libro che si viene a conoscenza che il Prof.Paolo Bertelli , dopo molte ricerche, è riuscito a rintracciare, presso la Biblioteca dell’Accademia dei Concordi di Rovigo forse l’unica copia esistente del prezioso volumetto di ventidue pagine che il Boschini scrisse nel 1661  in veneziano, riferentesi alle proprietà dei Gonzaga a Maderno con tutti i particolari, così intitolato “La regia terena de i dei ovvero Le delicie de Maderno –patrocinio del Serenissimo De Mantova umile tributo di Marco Boschini a quella Altezza.
            Da questo volumetto il Prof.Bertelli ha messo in evidenza molte cose interessanti,. su alcune sconosciute, altre già segnalate dallo storico Fossati, come la distruzione di due terzi del fabbricato da parte del Dott.Ghiselli che l’aveva acquistato dopo l’estinzione dei Gonzaga per la ricerca di un ipotetico tesoro.
            Quanto sopravvive ai nostri giorni, scrive il Prof.Bertelli, del complesso gonzaghesco di Maderno, benché splendido, non è che un ombra del monumentale succedersi di palazzi, palazzine, giardini, fontane e voliere che nel Seicento si configuravano come la maggiore residenza signorile dell’intero Garda.
            Fortunatamente l’attuale erede del vecchio palazzo, sig. Alessandro Gaoso, considerata l’importanza artistica ancora esistente nella parte di palazzo rimasta, sta  provvedendo al restauro di alcuni preziosi affreschi. Ricordo che al secondo piano vi è una sala che raffigura il Ratto di Ganimede, la cui foto viene. riprodotta in calce alla presente. Nel libro viene ricordato che l’edificio era di quattro piani fuori terra (più le cantine) con un’altana centrale posta al di sopra del “sitto della sala” e sormontata da un’aquila ducale in marmo.
            All’ingresso principale (allora quello verso il lago) con un portale e conci marmorei, si accedeva tramite una duplice scala a tenaglia, di fronte (verso l’attuale strada statale) vi era il giardino all’italiana   con balaustre marmoree sulle quali erano disposte statue e vasi.
            Tra i piani correvano quattro scale: una grande, due “private” ed una “lumaga” quest’ultima ancora esistente. Il palazzo era un ricettacolo di infinite stanze, logge e sale, di tal bellezza. Una descrizione più puntuale ci perviene dalle quartine di pag.10, quando il Boschini rammenta l’esistenza delle statue delle varie divinità fatte da celebri scultori. Nella fontana principale, nel mezzo del giardino, vi era una statua pregiata di Venere che zampillava acqua da ogni parte, realizzata dal noto scultore del tempo Francesco Agnesini, al quale i Gonzaga spesso si rivolgevano.
            Anche il “Serraglio” viene citato perché l’immobile che fu sempre chiamato “Palazzina”, in quel tempo, invece, era chiamato “Casino sopra il monte”... Era composto di due piani fuori terra più le cantine, con a fianco una grotta e diverse fontane alimentate da condotti sotterranei provenienti da Sernico (l’attuale frazione di Sanico). Accanto vi era una peschiera quadrata coperta di pietra viva ed una loggia su quarantaquattro colonne.




lunedì 13 aprile 2015

I GONZAGA A MADERNO NEL 1600

LA REGIA TERENA DE I DEI
OVVERO LE DELICIE DE MADERNO

Questo è il titolo del libro di cui intendo parlare oggi e che risale al 1661.
Claudio Fossati, il noto storico locale (1823-1895), in suo scritto che parlava dei Gonzaga, diceva, tra l’altro, “onde è che la palazzina congiunta per sotterranea strada al palazzo ducale di Maderno, fu per qualche tempo il teatro delle più turpi dissolutezze”. E qui richiamava un “secentista”, il “Boschetti” che cantò in versi dialettali veneziani “La Regia terena de i dei – ovvero – Le delicie di Maderno”. Da diversi anni sono alla ricerca di questo libro storico ma non l’ho trovato in nessuna biblioteca. Tramite un amico dell’Università di Verona ho saputo solo ora che la nota del Fossati contiene due refusi tipografici: il “secentista” citato non è Boschetti, bensì Marco Boschini e la data è 1661 e non 1660.
Sin dal 2013 ho aperto nel Web un Blog riguardante la storia di Toscolano Maderno con numerosissimi argomenti di storia locale (fino ad ora ha ottenuto oltre 33.000 visualizzazioni da tutte le parti del mondo). Fu così che ebbi la fortuna e l’onore di conoscere il Prof Paolo Bertelli dell’Università degli Studi di Verona – Dipartimento Tempo Spazio immagine Società (TeSIS), il quale, visti gli articoli sui Gonzaga a Maderno pubblicati sul mio Blog, mi mandò una e-mail considerando il mio lavoro assolutamente garbato e ben fatto. Mi informò che l’Università alla quale egli apparteneva aveva organizzato nel 2014 un convegno dedicato alla figura di Marco Boschini, (Venezia 1602-1678) scrittore, pittore, incisore, miniatore, e che secondo alcune fonti avrebbe frequentato anche la bottega di Palma il Giovane (ovvero l’autore del quadro, riproducente la Sacra Famiglia, che si trova nella chiesetta di S. Bartolomeo a Maderno). Proprio Boschini pubblicò il libro sopra indicato in versi e in veneziano. Da questo convegno è nato un ponderoso ed interessantissimo volume (464 pagine) dal titolo “Marco Boschini. L’epopea della pittura veneziana nell’Europa barocca” del quale mi è stata inviata una copia. All’interno è anche un saggio di .Paolo Bertelli con il titolo “Boschini e la villa di Maderno. Appunti sulla Regia terena de i dei” nel quale si parla dettagliatamente della villa Gonzaga di Maderno e dei suoi proprietari che si sono succeduti nel tempo. E viene pubblicata una foto che riproduce la sala del Ratto di Ganimede nel palazzo Gonzaga di Maderno.
Ritornando al Boschini, trascrivo qui di seguito due brani del suo poema in veneziano che si riferiscono alle proprietà dei Gonzaga a Maderno nel 1661.

In copia là dà l’Abondancia i fruti
Bei cedri, bei Naranzi, e bei limoni
E de tute le cose i rari, e i boni
Qua no ghe vuol fadiga i ghe ze tuti

                                                                              O delicia del Mondo e de Maderno
                                                                              Paradiso tereste apresso al Cielo
                                                                              E siben ti è vestito de mortal velo.
                                                                              Stago per dirte, Paradiso eterno.
Mi dimenticavo di far notare che il volumetto che Boschini scrisse nel 1661, rarissima pubblicazione di 22 pagine, è praticamente introvabile, ma ne esiste almeno una copia, quella utilizzata da Paolo Bertelli, conservata presso la Biblioteca dell’Accademia dei Concordi di Rovigo.
            Il Prof. Bertelli, autore di numerosi libri storici, mi ha voluto gentilmente inviare anche il suo nuovo libro “Immagini sovrane. La Mostra Iconografica Gonzaghesca del 1937” (432 pagine) nel quale oltre a descrivere la grande esposizione sui ritratti dei Gonzaga, tenuta nel 1937 nel Palazzo Ducale di Mantova, parla anche della villa dei Gonzaga a Maderno con numerosi interessanti particolari.
                                                                                                       ANDREA DE ROSSI