martedì 15 luglio 2014

PERSONAGGI CURIOSI E ILLUSTRI DI GAINO



Fra le numerose ed interessanti pubblicazioni di storia locale, lo storico toscolanese Avv. Donato Fossati, discendente di una delle famiglie più in vista della riviera, nato a Toscolano il 6.10.1870 e morto a Salò il 14.8.1949, pubblicò anche due volumi riguardanti “Storie e leggende”. Durante la sua carriera rivestì numerose cariche pubbliche e per ultima quella di Sindaco di Salò, dal 1945 al 1946.
Nel vol.I°, fra le altre, vi è compresa la storia dell’astrologo di Gaino che lo stesso Fossati ebbe la possibilità di conoscere in quanto frequentava a Gaino una casa di amici, denominata “Selve” perché anticamente era circondata da boschi di conifere. La stessa casa, nell’800 era appartenuta al colonnello Pietro Grisetti, reduce dalle campagne napoleoniche a fianco di Gioachino Murat e poi affiliato alla carbonerie. In questa villa ospitale conobbe anche artigiani e contadini dai quali apprese varie vicende familiari, avvenimenti del passato e giudizi su persone e fatti. In particolare il Fossati si sofferma su quella di Giacomo Zucchelli, da tutti chiamato “astrologo”.
Giacomo Zucchelli, sessantenne, dimorante in un  abituro (bugigattolo) appollaiato su un dosso al di sopra della frazione di Cussaga, reminescenza longobarda da Cuz (prestazione agraria) dove lavorava un po’ di magra terra bastevole alla sua esistenza; aveva militato in gioventù nella Guardia di Finanza quando questo corpo era inviso alle popolazioni, (i militari erano chiamati spadasì). Aveva l’ingrato compito di reprimere il contrabbando esercitato su larga scala in Riviera da dove i contrabbandieri due volte la settimana in poche ore, sorpassata la montagna di Vesta allora linea di confine con l’Austria e calati a Bollone in Valle di Vestino, ritornavano carichi di tabacco, di zucchero e specialmente di alcool, che con rilevante lucro rivendevano ai produttori d’acqua di cedro.. Era scapolo, vegeto e arzillo il vecchio milite della foresta, pronto di favella e arguto filosofo nei giorni di buona luna, ma in altri si sentiva colombrio, così si esprimeva,voleva dire imbronciato, taciturno e in preda a melanconia e allora rimaneva tappato in casa; aveva la passione o meglio la mania della scienza astronomica e la testa rimpinzata di empirismi, di formule e di cabale e dalla osservazione delle stelle alla quale si dedicava ogni notte serena anche d’inverno sedendo sul tetto della casa, munito di un cannocchiale  dell’epoca di Galileo, strologava, secondo la sua espressione, il tempo e gli uomini, voleva dire che prediceva le vicende atmosferiche e prevedeva le fortune e i malanni delle famiglie dei mortali: astronomo dunque e astrologo.
Molti si facevano giuoco del buon Zucchelli, ma altri prendevano per buona moneta le sue stravaganti profezie esposte con serietà e convinzione tra un viluppo di frasi e di parole o misteriose o incomprensibili: diceva che la sua migliore confidente era la luna sempre arrendevole e compiacente che le stelle parlavano al suo orecchio fischiando, che gli astri non sempre rispondevano e altre consimili scioccherie, ma non si apriva intorno ai suoi metodi per interpretare le varie fischiate, le confidenze e gli atteggiamenti benevoli od ostili delle sue divinità celesti, riluttante sempre a dare l’oroscopo del Fossati, quando un giorno finalmente lo prese  in disparte e, a voce bassa, gli comunicò che Giove ripetutamente interpellato non aveva mai risposto e che Venere sgarbata e iraconda l’aveva coperto di contumelie parecchie volte, che però da altre captazioni aveva assodato che avrebbe avuto vita lunga, carriera politica, sfortuna in amore, disgrazie nella famiglia e molti figli.
Era un pazzoide sempre tranquillo e innocuo il povero solitario astrologo, né il manicomio lo prese, come molti prevedevano, morì ai settant’anni in una rigida primavera, di polmonite doppia, vittima delle sue veglie notturne, sereno e rassegnato, persuaso di salire a tener compagnia ai profeti suoi predecessori e di meritare il premio del Paradiso.
Lo stesso Fossati ricorda però che Gaino diede i natali anche a personaggi che si resero notevoli anche nel campo degli studi, fra i quali ricorda il Prof. Don Giuseppe Avanzini(1753-1827) docente all’Università di Padova e matematico illustre, due altri omonimi Michele del secolo XVII e Filippo noto bibliotecario a Padova nel XVIII secolo, i Conti Delay ambasciatori, scrittori, amici di imperatori oltreché industriali intraprendenti, i due Cristoforo Pilati protonotario (uno dei 7 grandi ufficiali del Regno di Sicilia e primo Segretario del Re) e visitatore apostolico il primo, amico di S.Carlo Borromeo e naturalista-geologo il secondo, morto in Brescia nel 1805, Sansoni Bortolo latinista, oratore, scrittore e distinto pittore, il Prof .Pietro Zaniboni docente a Padova e romanziere, il Dr. Prof. Gio Battista Salvadori medico chirurgo (1853-1928), il Ten.Gen.le Gazzurelli (1837-1914) noto per la sua campagna d’Africa e da ultimo  il Prof.Ferruccio Zaniboni, figlio del precedente, insegnante di lettere al liceo classico di Brescia, poeta e fine
scrittore.

scrittore.

martedì 8 luglio 2014

UN TUFFO NEL PASSATO DI MADERNO



Nel corso dei secoli tutto, o quasi, è cambiato. Il nostro modo di vivere, le nostre abitudini, e la maniera di affrontare i problemi economici ed amministrativi.
Per rendersene conto è abbastanza consultare i documenti dell’archivio storico del comunedi Maderno relativi al periodo dal XV al XVIII secolo, che lo storico Guido Lonati trascrisse su un volume edito nel 1927 per rendersi conto in che modo venivano risolti allora i problemi del comune. Dal 1400 al 1800 ho scelto le più interessanti disposizioni emanate dal comune di Maderno, fra le quali ve ne sono alcune strane e curiose, che non sarebbero certo applicabili al giorno d’oggi da parte di una Amministrazione pubblica.
            Iniziamo quindi dal 1469:
1469    Il paese era allora eminentemente agricolo. Tanto è vero che durante la vendemmia si dava la licenza al Vicario (Giudice) di sospendere le udienze al banco civile. Era in vigore il divieto di cominciare il raccolto dell’uva prima dell’8 settembre;
17.8.1469  Viene introdotta la festa di S.Bernardo con pene varie per gli inadempienti.
Analoghe sanzioni venivano applicate a chi non rispettasse la festa dei SS.Sebastiano, Rocco, Pietro Martire e Antonio da Padova, dei sette Fratelli, dI S.Giuseppe, del Nome di Gesù, nel primo giovedì di maggio, del Venerdì Santo, diS.Macario e della Santa Croce;
5.4.1470    I forestieri possono venir accusati senza bisogno di prova o testimonianza, dietrosemplice giuramento di un originario;
24.6.1476  Che le meretrici vengano espulse da Maderno;
17.6.1480  Che ogni abitante possa, dietro giuramento, accusare chi vìola il riposo festivo;
19.7.1495  Dono di una colonna della Parrocchiale (Basilica romanica) ai monaci di S.Pietro
Martire (ancora esistente a Villa Caprera);
2.7.1497    Che sia edificato un ponte in muratura sul fiume tra Maderno e Toscolano;
22.4.1522  Si sanzionavano delle pene severe per chi non intervenisse alle rogazioni;
11.3.1554  Che al Monastero di S.Caterina sia versato il livello di olio per il fondo di Vesegna;
26.5.1560  Che venga costruito sui monti una casa di ragione pubblica per ripararvi e custodirvi
il bestiame (a S.Urbano);
1.5.1568    Che venga riparata la chiesa di S.Urbano per le rogazioni;
4.7.1574    Elezione di due persone, una per suonar le campane in occasione del maltempo, e
l’altra ad espellere i cani dalla chiesa;
17.4.1575  Che avanti all’arca di S.Ercolano arda in perpetuo una lampada;
16.1.1606  Che venga concesso ad un eremita di ritirarsi presso la chiesetta di S.Martino;
28.10.1606 Progetto di costruire un canale d’acqua per uso del Duca di Mantova;
16.8.1610  Che sia collocato un leone in pietra nella colonna in piazza;
25.9.1611  Che venga fatta la pala nella chiesa di S.Urbano;
3.3.1613    Che venga costruita una “quadrata” (banchina) davanti alla colonna di S.Marco per
la difesa delle acque e per il carico e scarico delle merci;
6.6.1614 Regalo di 6 zucchette di acqua odorifera e 6 vasetti di canditi di zucchero al Provv.
Gen.le Antonio Priuli;
7.4.1619    Supplica dei frati di S.Pietro Martire per avere materiale da fabbrica. Suppliche analoghe si incontrano numerosissime e si omettono per non annoiare;
31
13.8.1634   Vengono messe guardie per dar l’allarme in caso di assalto dei banditi; erano tenuti aprestar la guardia i capi famiglia tanto maschi che femmine (28.7.1652) poi i soli maschi (17.3.1659);
1635          Giorgio Cobelli (costruttore del palazzo Gonzaga) lasciava L.1300 per i poveri e 200 per la zucata del fiume;
18.2.1638   Riparazioni al ponte levatoio del portone;
16.1.1689   Per allontanare l’ira divina si inoltrava supplica al Provveditore perché proibisse le
feste pubbliche, cause inevitabili di scandali;
8.7.1728    Sistemazione della strada del Rovinato col concorso dei comuni di Toscolano,Gargnano, Tremosine e Limone;
10.8.1753  Che venga purificata la terra dai molti vagabondi che vi sono;
14.5.1783  Dono di una pianta di gelso da destinarsi alla fabbrica della parrocchiale. Allo scopo suddetto vien assegnato il frutto del podere del Dos del Fo (faggio);
11.9.1791  Vien concessa a Ercole Setti l’uccellanda sui monti comunali di Pura dietro obbligodi far celebrare due messe annue pel benessere del Comune;
6.12.1795  Condanna data a Pietro Alberti di pagar come multa una barca di pietra (s’intende colma di pietre) da destinare alla fabbrica della chiesa;
11.6.1797  Cristoforo Benamati presta del denaro al Comune per versarlo ai francesi eacquistare foraggio da fornire ai medesimi;
11.8.1800  Incanto dell’uccellanda del Monte Spino col 12% per la chiesa;
23.12.1801 Che le funzioni religiose comincino dopo l’aurora e finiscano prima del tramonto;
29.12.1802 Che venga proibita la festa detta della “Stella” o “Capanna” perché occasione di
scandalo.

Tutto questo avveniva alcuni secoli fa, ma ci siamo scordati che nella prima metà del 1900 anche nei nostri paesi esistevano i “famèi”? Chi erano costoro? Il nome deriva dal Latino “famulus” cioè servo, domestico, aiutante. I “famei” erano quei ragazzi, di giovane età, che venivano “ prestati” per collaborare in attività prevalentemente agricole ad altra famiglia benestante del paese o di un altro vicino. Dovevano mungere le mucche, portare il latte a destinazione, pascolare le capre, governare le galline, pulire la stalla. In cambio era assicurato loro il vitto e l’alloggio e, qualche volta, un modesto compenso in denaro. In questo modo le famiglie a cui appartenevano avevano una bocca in meno da sfamare. Il prezzo per loro era però molto alto.
Distacco dalla famiglia, umiliazioni e, qualche volta, maltrattamenti. Fortunatamente ora questa condizione è sparita! Usando termini attuali questa specie di “collaborazione” si dovrebbe chiamare semischiavitù.


                                                                                   ANDREA DE ROSSI

martedì 1 luglio 2014

ALFREDO CATALANI A MADERNO ALLA FINE DELL'800



Il celebre musicista e compositore ALFREDO CATALANI, nato a Lucca nel 1854 e morto a Milano nel 1893, era affetto da tisi come lo furono il fratello e la sorella, per cui negli ultimi anni della sua vita venne a Maderno per due anni successivi per ragioni di salute. Fu ospite nell’antica Farmacia Podestini che in quel tempo era ubicata di fronte all’ex macelleria Vassalini in Via Benamati, come afferma Guido Lonati nel suo volume la Pieve ed il comune di Maderno. Le sue opere teatrali furono ELDA rappresentata a Torino nel 1880. Seguirono DEJANICE, EDMEA, LORELEY e WALLY (1892). Queste due ultime le ha certamente elaborate a Maderno, quando veniva per curare la sua malferma salute. Catalani, in punto di morte, raccomandò la sua Wally, ad Arturo Toscanini perché ne avesse cura. Toscanini diede perfino il nome di Wally ad una delle sue figlie.

                                                                          ANDREA DE ROSSI


UN MOTTO LATINO ALL'ESTERNO EX MUNICIPIO



Sul basamento del terrazzo sovrastante l’ingresso principale nell’ex Municipio di Toscolano Maderno, edificio già appartenente al Comm. Ettore Bianchi, vi è, o meglio vi era, una scritta color rosso che il tempo e le intemperie hanno quasi completamente cancellato. Le uniche due parole che si possono ancora leggere sono:NULLA e LINEA. Per ragioni di lavoro ho frequentato per oltre quarant’anni questo edificio, ma non ho mai saputo dare un senso a questa frase spezzata e mai nessuno mi ha saputo dare informazioni in merito.
In questi giorni una persona mi ha chiesto a quale motto si riferisce questa scritta pensando, data la mia lunga frequentazione dell’ambiente, che io lo conoscessi.
In mio aiuto c’è stata la moderna tecnologia. Infatti, usando Internet, è stato sufficiente che io digitassi sul computer la parola NULLA che, automaticamente, mi sono apparsi diversi motti in latino ed uno che terminava con LINEA, ed è proprio quello che cercavo.
Si tratta di una frase celebre in latino che afferma: NULLA DIES SINE LINEA che Plinio il Vecchio attribuisce ad APELLE, pittore greco del IV secolo a.C. che significa che non si deve lasciar passare giorno senza tratteggiare col pennello qualche linea. Esortazione che deve essere intesa come diligenza nel compiere il proprio lavoro senza cullarsi sugli allori e senza sprecare il tempo che deve essere utilizzato per realizzare il meglio di se stessi.
Molto probabilmente tale motto fu posto a suo tempo dal proprietario  Comm. Ettore Bianchi che per diversi anni fu Direttore della Cartiera Maffizzoli e ricoprì anche importanti incarichi amministrativi presso alcune grandi società di quel tempo, fra cui la Mondadori, prima di trasferirsi definitivamente a Dro (Trento). Allo stesso ed ai suoi due fratelli Emilio e G.Battista è dedicata la Via Fratelli Bianchi che prima si chiamava Via Orti a Maderno. A questa famiglia appartenevano anche Beniamino, Caterina, Silvio e Andrea.

                                                                                                Andrea De Rossi

    

                                                                                              Andrea De Rossi

giovedì 5 giugno 2014

LO STATISTA GIUSEPPE ZANARDELLI E LA SUA VILLA A MADERNO



        Innamorato di Maderno lo statista Giusepppe Zanardelli (1826-1903) dopo aver acquistato il terreno in frazione Bornico di Maderno dal Conte Arrighi, nel 1888 vi costruì una grande villa , ora in concessione all’ANFFAS.
            L’edificio fu progettato dall’ architetto bresciano Antonio Tagliaferri ed i lavori terminarono nel 1892. Nel vasto parco che circonda la villa, si ammira una statua di marmo bianco denominata “La quiete”, opera del suo amico prediletto  scultore e pittore Ettore Ximenes (Palermo 1855- Roma 1926) lo stesso che decorò le pareti della villa  con numerosi affreschi. Nel vestibolo, in alto sulla parte destra, in una lunetta, è rappresentata la Legge. Nella sala centrale, quella che guarda verso il lago ed è collegata con una doppia scalinata con il giardino a lago, numerosi sono gli affreschi che adornano le pareti: il paese di Villa Carcina e la scena del ricevimento di Umberto  nel 1890, Gardone V.T., Iseo, Irma, Collio e Bovegno. Tutti ricordi della valle in cui lo statista visse. Sul soffitto, da una balaustra si affacciano tre personaggi che Francesco Bevilacqua, un parente che detiene cimeli e 128  lettere autografe dello statista, identifica negli amici:
-         Giovanni Quistini – Avvocato e parlamentare (1841-1913)
-         Federico Bagozzi – Impresario edile (1844-1898) proprietario della villa accanto (ex Bassetti) e che per lui aveva costruito un albergo a Collio. Il padre, invece, si era distinto nelle X giornate di Brescia,
-         Paolo Auriggi – Direttore de “La Provincia” giornale fondato da Zanardelli.
Sullo sfondo del soffitto domina il cielo con una rete per l’uccellagione. Pare che quest’ultimo riferimento sia dovuto esclusivamente al suo particolare gradimento della preda e non alla passione per la caccia, come si potrebbe presumere.
            Nella seconda sala troviamo, invece, affreschi del pittore bresciano Cesare Bertolotti (1854-1932) che rappresentano la pesca, l’olivo e la vendemmia. Nella sala di ricevimento, ancora opere di Ximenes riguardanti l’Amor pagano
Nel 1860 lo Zanardelli fondò il suo Giornale “La Provincia”, contrapposto alla “Sentinella” e più tardi alla “Voce del Popolo”. Nel 1876 fu nominato ministro del Lavori Pubblici del governo De Pretis, nel 1878 dell’Interno, dal 1881 al 1893 e nuovamente dal 1887 al 1891 al Ministero di Grazie e Giustizia. Durante quest’ultimo incarico legò il suo nome al Codice Penale varato nel 1890, che rimase in vigore nel Regno fino al 1925 e nel quale, per la prima volta in Italia, fu prevista l’abolizione della pena di morte. Fu anche Presidente della Camera dei Deputati dal 1898 al 1899 e Presidente del Consiglio dal 15 febbraio 1901 al 29 ottobre 1903, quando, per gravi motivi di salute, dovette rassegnare le dimissioni cedendo il posto a Giolitti. Infatti, dopo solo due mesi, morì per una grave malattia nella sua villa di Maderno.
            Negli ultimi momenti gli fu accanto la sorella Ippolita e per due giorni lo assistette anche Mons. Geremia Bonomelli Vescovo di Cremona a lui legato da affettuosa amicizia. Nonostante fosse stato tacciato più volte di anticlericalismo, nel libro dei morti della Parrocchia di Maderno, alle annotazioni, si legge: “Sacramentis munitus minimun” ed il Vescovo di Brescia Mons.Corna Pallegrini concesse per lui i funerali religiosi.
            Seguita da numerose personalità e gente comune la salma dello stesso fu trasferita  a Brescia e dopo una grande cerimonia religiosa fu inumata al Vantiniano. In quella occasione lo seguì anche la Banda Musicale di Maderno che suonò la marcia funebre predisposta espressamente dal Prof. Giuseppe Micaglio, Maestro della stessa Banda.
                                                                                                      Andrea De Rossi
                                                           






lunedì 19 maggio 2014

LA FONTANA,ORA SCOMPARSA, DI VIA AQUILANI


Anticamente in Via Giorgio Aquilani a Maderno esisteva una fontana, ora scomparsa, della quale, però, è rimasta una traccia consistente in una nicchia nel muro alla base della quale si trovava la fontana, alimentata da una sorgente proveniente dalla sovrastante collina.
            Questa era la strada Regia, l’unica che a quel tempo conduceva nel paese di Maderno ed era chiamata “Arco”, prima che divenisse Via Aquilani. Il nome di Arco gli fu attribuito perché nella stessa via, dove ora c’è il condominio “Speranza” vi era l’abitazione della facoltosa famiglia Monselice. Questo edificio, un tempo, era collegato con la dogana a lago e con il sottostante porticciolo con un cavalcavia a forma di arco.
            La fontana, oltre che per gli abitanti della zona, serviva anche all’abbeveraggio degli animali che trainavano carri agricoli o carrozze per trasporto persone, come quelle della diligenza Mazzoldi che dal
1843 esercitava il trasporto persone da Gargnano a Brescia e viceversa. Questo servizio durò fino agli inizi del ‘900, quando – dopo la costruzione della strada provinciale a lago-  dal 1901 cominciò a transitare, per la prima volta, il tram proveniente da Brescia.
            Attualmente la fonte “Arco”, che prese il nome della via dove scendeva, esiste ancora e l’acqua della stessa viene scaricata nel lago tramite un tubo.
            Quando nel 1944 venne costruito, poco distante dalla fonte, il rifugio antiaereo, a causa del brillamento di numerose mine l’acqua cessò e, probabilmente, prese una diversa direzione. Dopo alcuni anni però riprese nuovamente a sgorgare come prima.

19/05/2014                                                                                                               Andrea De Rossi



                                              

domenica 20 aprile 2014

ANTICHI AFFRESCHI RITROVATI IN VIA GARIBALDI A MADERNO



Nel 1960 il proprietario di uno stabile situato a Maderno in Via Garibaldi, un tempo chiamata  Via dei Broli superiori, svolgendo dei lavori di ristrutturazione, scoprì sotto gli intonaci delle stanze dei bellissimi affreschi del tardo '300 e '400, parte dei quali molto sciupati.  La sig.ra Egle Bottura in Branduini, ora scomparsa, amante di cose antiche, ne fotografò buona parte e condusse poi personali ricerche per individuare l'autore
e per conoscere a chi appartenesse lo stemma araldico, rappresentante una rana o un rospo, dipinto sulla vela dell'argonauta e sul drago. La stessa riuscì a scoprire che gli affreschi erano di Altichiero, veronese, nato a Zevio e operante nel Veneto nella seconda metà del secolo XIV. Questo pittore, la cui produzione costituì l'espressione locale del più ossequioso omaggio all'opera di Giotto, maggior protagonista del '300 italiano, lavorò in prevalenza a Padova dove gli sono attribuiti due cicli di affreschi: uno della Cappella di S.Giacomo (ora S.Felice) nella stessa chiesa del Santo, l'altro nell'oratorio di S. Giorgio e sul sagrato della stessa chiesa .
Anche a Verona lasciò tracce di sè con gli affreschi della Cappella Cavalli in Sant' Anastasia e con altri recentemente scoperti nel Castelvecchio e a lui attribuiti.Gaetano Panazza, nel vol.I° degli Atti del congresso Internazionale promosso dall'Ateneo di Salò nel 1964, confermando la notizia del ritrovamento degli affreschi, così afferma: "Discorso a sè meriterebbe il ciclo degli affreschi cavallereschi scoperto  qualche anno fa in una casa in rovina a Maderno ed ora, strappati, nella villa Candiani in Brianza: a cavallo fra il '300 ed il '400 si ricollegano da un lato ai cicli di affreschi cavallereschi e profani di Avio e delle altre località del Trentino, e dall'altro riecheggiano motivi e forme a grande altezza di stile da Altichiero."

                                                                                                            Andrea De Rossi