lunedì 19 maggio 2014

LA FONTANA,ORA SCOMPARSA, DI VIA AQUILANI


Anticamente in Via Giorgio Aquilani a Maderno esisteva una fontana, ora scomparsa, della quale, però, è rimasta una traccia consistente in una nicchia nel muro alla base della quale si trovava la fontana, alimentata da una sorgente proveniente dalla sovrastante collina.
            Questa era la strada Regia, l’unica che a quel tempo conduceva nel paese di Maderno ed era chiamata “Arco”, prima che divenisse Via Aquilani. Il nome di Arco gli fu attribuito perché nella stessa via, dove ora c’è il condominio “Speranza” vi era l’abitazione della facoltosa famiglia Monselice. Questo edificio, un tempo, era collegato con la dogana a lago e con il sottostante porticciolo con un cavalcavia a forma di arco.
            La fontana, oltre che per gli abitanti della zona, serviva anche all’abbeveraggio degli animali che trainavano carri agricoli o carrozze per trasporto persone, come quelle della diligenza Mazzoldi che dal
1843 esercitava il trasporto persone da Gargnano a Brescia e viceversa. Questo servizio durò fino agli inizi del ‘900, quando – dopo la costruzione della strada provinciale a lago-  dal 1901 cominciò a transitare, per la prima volta, il tram proveniente da Brescia.
            Attualmente la fonte “Arco”, che prese il nome della via dove scendeva, esiste ancora e l’acqua della stessa viene scaricata nel lago tramite un tubo.
            Quando nel 1944 venne costruito, poco distante dalla fonte, il rifugio antiaereo, a causa del brillamento di numerose mine l’acqua cessò e, probabilmente, prese una diversa direzione. Dopo alcuni anni però riprese nuovamente a sgorgare come prima.

19/05/2014                                                                                                               Andrea De Rossi



                                              

domenica 20 aprile 2014

ANTICHI AFFRESCHI RITROVATI IN VIA GARIBALDI A MADERNO



Nel 1960 il proprietario di uno stabile situato a Maderno in Via Garibaldi, un tempo chiamata  Via dei Broli superiori, svolgendo dei lavori di ristrutturazione, scoprì sotto gli intonaci delle stanze dei bellissimi affreschi del tardo '300 e '400, parte dei quali molto sciupati.  La sig.ra Egle Bottura in Branduini, ora scomparsa, amante di cose antiche, ne fotografò buona parte e condusse poi personali ricerche per individuare l'autore
e per conoscere a chi appartenesse lo stemma araldico, rappresentante una rana o un rospo, dipinto sulla vela dell'argonauta e sul drago. La stessa riuscì a scoprire che gli affreschi erano di Altichiero, veronese, nato a Zevio e operante nel Veneto nella seconda metà del secolo XIV. Questo pittore, la cui produzione costituì l'espressione locale del più ossequioso omaggio all'opera di Giotto, maggior protagonista del '300 italiano, lavorò in prevalenza a Padova dove gli sono attribuiti due cicli di affreschi: uno della Cappella di S.Giacomo (ora S.Felice) nella stessa chiesa del Santo, l'altro nell'oratorio di S. Giorgio e sul sagrato della stessa chiesa .
Anche a Verona lasciò tracce di sè con gli affreschi della Cappella Cavalli in Sant' Anastasia e con altri recentemente scoperti nel Castelvecchio e a lui attribuiti.Gaetano Panazza, nel vol.I° degli Atti del congresso Internazionale promosso dall'Ateneo di Salò nel 1964, confermando la notizia del ritrovamento degli affreschi, così afferma: "Discorso a sè meriterebbe il ciclo degli affreschi cavallereschi scoperto  qualche anno fa in una casa in rovina a Maderno ed ora, strappati, nella villa Candiani in Brianza: a cavallo fra il '300 ed il '400 si ricollegano da un lato ai cicli di affreschi cavallereschi e profani di Avio e delle altre località del Trentino, e dall'altro riecheggiano motivi e forme a grande altezza di stile da Altichiero."

                                                                                                            Andrea De Rossi

          

domenica 2 marzo 2014

MADERNO NEL 1500




        Ovviamente non esistono fotografie che ci riproducono i nostri centri in quei tempi lontani. Ma una minuziosa, attenta e analitica descrizione ci viene fornita  dagli scrittori rivieraschi Silvan Cattaneo e Bongiani Gratarolo nel libro “Salò e la sua riviera” pubblicato nel 1745 nel quale vengono descritte le dodici giornate di visita nei centri gardesani nel  1533.
            In compagnia del Conte Fortunato Martinengo di Brescia, e altri amici, fu organizzata una gita in barca  per visitare tutti i centri del Garda, partendo da Salò verso Riva e spostandosi poi sulla costa orientale per ritornare poi al punto di partenza, dopo dodici giorni. La descrizione dei luoghi visitati giorno per giorno ci fa rivivere la bellezza della natura che il Garda godeva in quei tempi.
            Ciò che ci interessa in questa descrizione è la visita al centro di Maderno. che viene deliziosamente descritto nella seconda giornata del loro viaggio intorno al lago, Parlando di Maderno viene scritto: “… giungemmo al lido di Maderno, ove smontammo in terra tutti di bella brigata, e pervenuti sulla piazza ivi vicina, ci ponemmo alquanto a passeggiare con il Conte nostro. riguardando il bello, vago, e meraviglioso sito di Maderno, il quale giace in cotesta forma situato, e posto. Maderno è Castello nobile, del quale una parte è posta sul lido del Benaco in una piaggia che dalle radici del Monte si estende fin alle chiarissime sue acque, ed un'altra parte và verso il colle salendo, dov’è la maggior parte delle abitazioni molto belle, ed ornate con giardini amenissimi di cedri, aranzi, e limoni, da fontane quasi tutti irrigati, abitato da uomini gentili, e nobili, li quali ancor tengono dell’antica e generosa civiltà di Benaco Cittade, della quale Maderno era un de più belli, ed ornati Borghi, riguardante verso mezzo dì, e parte a occidente, ma nel più vago, e dilettevole angolo di tutto il lago, e di un’aria divinissimo, e si sente un miglio lontano l’odore meraviglioso di què fiori e frutti, ch’esce da què deliziosi giardini per il che stupidi, e quasi fuor di noi, stavamo vedendo un sì raro, e degno sito.”
La visita alla chiesa romanica è così descritta: “entriamo in una Chiesa antica contiguo alla piazza, quale è la loro Parrocchia sotto il titolo di S.Hercolano, già tempio antico d’ Apolline, dove entrati e dette alcune nostre brevi orazioni in ringraziare l’Altissimo Iddio nostro di tanti, e si gran benefizi verso noi, ci poniamo dappoi a riguardare il tempio, avendo già mandato innanzi Mercurio alla stanza a procacciare che ‘l desinare all’ora consueta fosse apparecchiato nel giardino, il quale luogo il giorno innanzi già avevamo appostato: vedemmo nel detto tempio alcuni volti sotterranei, dove l’Oracolo dava li risponsi, nel qual luogo ora è la sepoltura del predetto S:Hercolano, e molte cose antiche vi si possono vedere molto curiose; vero è che la maggior parte si è dissipata, e guasta e dalla nuova religione, e dal tempo. Vi è tra le altre cose antiche su un canton del detto tempio un Phetonte scolpito in un sasso precipite, e rovinoso, esempio raro, e notabile alli disubbidenti figlioli ed a quelli, che  troppo si confidano nelle proprie forze; vi sono alcuni Epitaphi e colonne, ma lunga storia avrei, e forse noiosa, e rincrescevole da narrare, volendo ridire ciò, che a noi parve in quel delizioso luogo degno di considerazione, di riverenza e di memoria.”
            Riferendosi al castello già trasformato in palazzo della magistratura viene affermato:”Vicino alla piazza vi è un Palagio anch’esso antico, e quasi tutto in rovina avvegnachè anco si abiti in una parte così malagevolmente per lo Presidente, o com’essi dicono Vicario del luogo, del quale considerando noi la qualità del sito, li fondamenti, le stanze reali ben intese, e comode, la grandezza delle sale, loggie, e cortili da muri alti. E da peschiere, (che invece di fossi servivano) artificiosamente circondato, appresso dè quali eranvi (per quello che facilmente veder si puote) orti amenissimi, e spaziosi giardini, che ancor delle loro mura parte ne rimangono in piedi…”
Dalla piazza il gruppo osserva sul colle sovrastante una casetta (l’attuale villa del Serraglio,in quel tempo dei padri Serviti. Poi continua:”….vedemmo alzando gli occhi prima M.Girolamo, il quale ce la dimostrò il primo, e poscia noi altri sul colle, che su la piazza  riguarda, una piccola stanza con loggie, e  giardini così di fuori riguardando, che più poco di un gettato di pietra vi è, o di arco poggiando in su, che ne pareva non aver giammai veduta la più bizzarra, imperciocchè a quelli, che la mirano stando sul luogo, dove noi eravamo, ed anco a quelli, che  d’indi in barca passano da vicino pare, che sia attaccata al Monte con il filo, o con la cera, e che si stia ora per ora per cadere ruotando in un fascio fin su la riva del lago.”
Per visitarla salgono sulla collina: “…così passo passo per la malagevole salita ancorchè breve del sentiero erto, e faticoso giungemmo alla stanza alla quale pervenuti entrammo primieramente in un bel giardinetto piano, e molto più spazioso, e largo di quello che ci pareva stando sul lido del lago, dentro al quale eravi un limpidissimo fonte, nel qual riguardando,e veggendolo chiaro, ed  anche sendo alquanto riscaldati per l’erta salita del Monte ci lavammo tutti le mani. E la fronte, e rinfrescati ragionando, ridendo, e motteggiando come si vuole, entrammo nella bellissima casetta, alla custodia della quale vi dimorava un povero lavoratore, il quale tantosto, che veduti n’ebbe, cortesemente ci si fece incontro. e tutta ne la dimostrò volentieri, abitazione veramente molto più agiata, e comoda di quello credessimo rispetto alla frettezza del sito con camere abbastanza, ed ornate assai, ed una loggia riguardante quasi tutto il Benaco, sotto a piedi della quale con l’occhio discorrendo fin al lido non si vede altro. Se non un boschetto folto , e confuso insiene di lauri, mirti, e ulivi, e più abbasso poi giardini di cedri , aranzi, e limoni, appresso de’ quali al detto lido vicino sono di bellissime, e comode finestre e con chiarissime, e copiose fontane, che i giardini, e orti loro irrigando bagnano, luogo veramente degno di somma riverenza, e di ammirazione…”
Dopo aver ringraziato il custode, si dirigono presso una vicina chiesetta (La chiesetta di S.Pietro annessa a Villa Caprera e demolita agli inizi del 1900): “…ci dirizzammo per un’altra via pur per l’istesso colle verso l’altro capo di Maderno, la quale è la diritta per andare a Toscolano, dove puoco lontani andati vedemmo una Chiesa, e Monastero di Frati neri sotto il titolo di S.Pietro Martire, nella quale entrati e  rendute le dovute grazie al Signore, vedemmo anco dappoi in un tratto tutto quel Monastero (dei Padri Serviti)  quale veramente (avendo riguardo all’angustissima capacità del sito) è assai bello, e comodo pieno di belli arbori, e fruttiferi, e attorniato, com’è anco la Casetta innanzi descritta, di grandi, e ombrosi allori, e da ulivi infiniti, ed uscendo da quello per discendere verso Maderno, che giù abbasso era…”
In breve giungono ad una casa circondata da un bellissimo giardino di limoni, certamente trattasi del Palazzo Brunati-Bulgheroni: “….sulla porta della quale ritrovammo Mercurio tutto allegro, e ridente, che ci aspettava, e dentro entrati fummo con lieto volto accolti al Patron del luogo, il quale subito ci condusse in un bellissimo giardino, là dove sotto un vago pergolato di Cedri (allor di fiori, e frutti nuovi, e vecchi adorno, e carico) era nobilmente apparecchiata la tavola, nel qual luogo sì meraviglioso odore sentivasi, che a noi tutti pareva esser tra le più nobili, e più preziose spezierie, che mai nacquero in oriente; onde senza altro indugio lavatici ci ponemmo a sedere, e con esso noi il Patron del giardino, e quegli anco, che accompagnayi ci avea, e con festevoli, e dolci motti con ottime vivande, e vini delicatissimi fu dato convenevole ristoro all’anima, ed al corpo, ad un medesimo tempo ci furono portati in tavola nel principio del desinare due piatti di fichi molto eccellenti, e due altri d’uva ben matura, e buona con alcuni persichi di meravigliosa grossessa, le qual frutta cii aveva  fatto recare il Padron del giardino insieme con alcuni fiaschi di vino bianco, e vermiglio ottimo, e prezioso prodotto da que’ felicissimi colli; Mercurio avea poi provveduto di Carpioni, e d’altri buoni pesci in abbondanza, di maniera, che desinammo da Imperatori…”
Terminato il pranzo il gruppo si avviò verso Toscolano:
                                                                                                                          Andrea De Rossi

  


TOSCOLANO NEL 1500




Sempre continuando a ricavare le notizie dal volume “Salò e la sua Riviera” pubblicato nel 1743 dagli scrittori Silvan Cattaneo e Bongiani Gratarolo che descrivono  le dodici giornate di visita ai centri del Garda, vediamo ora la descrizione di Toscolano, dopo quella di Maderno, nella terza e quarta giornata del loro viaggio.
            Terminato il pranzo a Maderno, il gruppo si avviò verso Toscolano e viene così descritto: :”… c’inviammo verso Toscolano, il quale non è più di un mezzo miglio discosto da Maderno, sito estremamente bello, e quell’istesso, che è anco Maderno, eccetto, che quello riguarda verso il mezzodì, ed occidente, e questo mezzodì, ed oriente, ambi due in un’istesso piano rotondo circondato dal lago, e dal monte, diviso solamente da quel fiume, che già sommerse la bella Città di Benaco, ci ponemmo in via, dico, così passo passo, tanto che giungemmo al ponte di esso fiume per una via ombrosa, e piana chiusa da i lati di siepi di Lauri, e pomi granati, cosa molto vaga da vedere il Ponte di pietra, lungo un gran spazio, e di un’arco solo con mirabil architettura, e con grandissima spesa nobilmente fabbricato ci  intertenne una buona pezza riguardandolo…. Passato il ponte entrammo nella Terra, dove il più bello della Città di Benaco già soleva essere, divisa in due grandissimi Borghi, negli quali sono stanze magnifiche, e comode, con belli, ed adorni giardini abitate da assai nobili, ed onorati uomini, de’ quali la maggior parte sono Mercatanti molto industriosi, e cortesi: sono sopra esso fiume molti edifizi da carte, e fucine da ferro, Molini, ed altre colonne antiche di porfido, e d’altre forte di pietra viva poco innanzi ritrovate in un giardino sepolte, ed alcune lastre grandi di marmo finissimo, molti pezzi di statue antiche, ed altre cose somiglianti in diversi luoghi tutte dimostrantici di quanto pregio, e stima esser dovesse questa prima ricca, e superba, ma poi disavventurosa, ed in felicissima Cittade.  Giunti all’altro Borgo, tra i quali poca distanza vi è, ma più onorato assai del primiero, dove è anco la Piazza con una Chiesa antica ( già Tempio di Nettuno) al capo di essa sotto il titol di S.Antonio, entrammo in detta Chiesa, nella quale poco dimorati, ecco che nell’uscir vedemmo un Epitaffio, o sia iscrizione molto antica sotto un Pilastro, e per le lettere, che in quello scolpite erano, molto nobile monumento de’ romani Imperadori a què tempi forse edificatori della gran  Cittade…..(detta chiesetta fu demolita nel 1930)…”
Essendo l’ora tarda si avviarono verso l’albergo che gli avrebbe ospitati, e così  affermano:”…L’ora era tarda, e tempo ormai da ridurci a desinare… c’inviammo verso l’albergo per noi apparecchiato il quale sul lido del lago è posto vicino a due Chiese delle quali quella, che è a lui contigua, è detta la Chiesa di Toscolano, l’altra vicina si chiama S.Maria Benaco Chiesa molto frequentata da popoli propinqui per li grandi e stupendissimi miracoli che la Reina de’ Cieli si degna ivi di dimostrare a quelli però, che con umili, e devote supplicazioni ne’ loro infortuni, e disavventure con cuor sincero l’addimandano. Entriamo primieramente in quella maggiore, la quale visitata devotamente pervenimmo poscia all’altra, e fatto ‘l somigliante salutando la Vergine Madre del Signore, e nel ritorno riguardando poi come si suole ne’ luoghi per innanzi più non veduti, vediamo, che dove or è l’altare di detta Nostra Signora, era già un altare antico, dove sacrificare chi soleva al gran Giove Ammone, perché sopra esso vi è ‘i suo simulacro in forma d’Ariete in quattro colonne con una lastra grande sopra postavi, nel cui mezzo evvi un gran buco in forma di camino con l’Ariete sopra, il quale riceveva tutti gli odori, e suffumigi delle Vittime, che già anticamente afferivano li Benacensi al detto gran Giove, dè quali quest’era un de suoi più famosi, e celebrati Tempi; l’altra Chiesa era ancor essa Tempio antico a Bacco…”
Terminato di visitare le Chiese, si diressero verso l’albergo per ristorarsi: “…parlando il Conte già arrivato sulla porta dell’albergo nostro entrò nella bella stanza e noi altri appo lui, e quivi veggendo Mercurio, ed il Perugino lietissimi travagliarsi nelle faccende della Cucina, ed il Prete insieme (probabilmente per albergo intendevano la dimora del Prete) qual ci si fece incontro con un viso lieto, e ridente, e con accoglienze tanto amorevoli, che più non si potrebbe scrivendo narrare, ed appresso veggendo anco la tavola apparecchiata sotto una bella loggia, che sopra un vago, e dilettevole giardino riguarda, ed ogni cosa di erbucce odorose, e di bei fiori di cedro ed altre sorte seminata, avanti, che il caldo sorgesse, volle (portate primieramente le vivande in tavola) che ci ponessimo  mangiare; e questo con festa fornito, avanti, che altro si facesse, alquante canzoni, e madrigali belli, e leggiadri cantati furono, ed insieme anco suonato per una buona pezza, poscia chi andò a dormire nelle camere a ciò apparecchiate dal discreto nostro Siniscalco, e chi a giuocare a scacchi, e chi a passeggiare per le vaghe ombre del dilettevole giardino, quale era bello, e copioso di arbori, e frutti così di cedri, aranzi, e limoni…”
Al termine del pranzo il Prete li volle accompagnare sopra una collina (probabilmente a Pulciano). “…allora il Prete avviatosi innanzi, disse, di volerci condurre sopra un collicello vicino, dietro al quale evvi una valletta molto ombrosa per molti, e grandi allori, e copiosissima di belle fontane…”
Giunta l’ora di cena ritornarono al loro albergo ed al termine del pasto iniziarono a cantare soavi canzoni.

TOSCOLANO 1500 - VISITA ALLA GROTTA





Sempre riferendomi alle notizie contenute nel volume “Salò e la sua riviera” l’ultimo giorno a Toscolano, il giovedì, il gruppo si alza di buon mattino e, dopo aver assistito alla Messa e ringraziato il Prete, viene così descritta l’ultima gita (questa volta in barca) a Toscolano per scoprire una strana grotta:
“…montammo in barca con la vettovaglia all’ordine, e ben accomodata nelle ceste. Il Prete donò al Conte nel partire due fiaschi grandi di buon vin bianco, e vermiglio, ed un canestro di fichi bellissimi, onde con letizia incredibile ci ponemmo al viaggio nostro, sempre a levante tenendo, lasciando a sinistra le rive del Benacense Toscolano. Posti dunque tutti a sedere a lor seggi, e così dimorando in festevole ragionamento, disse il Conte: Vorrei, che il nostro Padrone della barca ci dimostrasse qualche ombroso luogo da smontare, e da dimorarvi, poiché avremo desinato fin presso a vespro, per goder prima più lungamente questi dilettevoli siti, ed anco per poter mandare con più comodità innanzi a Gargnano luogo lungi da 3 a 4 miglia, il nostro Siniscalco a provedere di stanza, e parimenti della cena ancora: a cui il barcaruolo (il quale era un uomo di assai buon’aria, e di oneste maniere) riverentemente rispose dicendo: Signor mio, qui vicino vi è una grotta tanto grande e capace, che dentro agevolmente vi stariano a coperto venticinque uomini con li seggi attorno intagliati nel sasso, e luogo freschissimo vicino al lido ed anco ad un chiaro fonte, che dal monte discorre verso il Benaco. E chiuso d’ogni intorno da alberi grandi, ed ombrosi di maniera, che non potriasi starne, se non bene; porremo in mezzo a detta grotta una di queste tavole, che abbiamo in barca, ove potrassi desinare, e sopra ella giuocare, cantare e leggere, e ciò che a voi sarà in grado di fare per questo poco di tempo; dirimpetto a questo luogo un tiro di arco evvi una peschiera di Carpioni molto copiosa, e massimamente a questa stagione, e forsi vi trovaremo facilmente alcun barchetto di pescatori, per il che non potrete avere se non piacevole, ed utile diporto, veggendo li pescatori, e godendo insieme anco della loro cacciagione. Questo luogo lo addimandano il FICO, imperciocchè sull’entrata di cotesta spelonc, dicono che già vi solca essere un grandissimo fico, e d’incredibile bontà, e già diceami mio padre, qual’era anch’egli barca ruolo, send’io fanciullo, che molte volte è venuto con la sua barca quivi apposta alla stagionedei fichi, come ora è, solamente per mangiare, soggiungendo, che alle volte erano più di venti uomini, e che anco ne sovranzavano, e tutti delicatissimi, e buoni….onde apparecchiata nella ombrosa, e fresca grotta la tavola, e lavati, e rinfrescati al vicin fonte ci ponemmo a sedere alla meglio, che si potea e de’ servidori questi portando il pane, colui il vino, altri le pietanze mangiammo allegramente, essendosi con il cesto dei fichi coronato il fin della mensa”
Terminata questa sosta il gruppo si diresse verso Gargnano.
Ma questa grandiosa grotta dove si trovava esattamente?. Probabilmente nel tempo sarà franata scomparendo alla nostra vista, oppure sarà stata sommersa dall’aumentato livello del lago verificatosi nel corso dei secoli. o eliminata quando fu costruita la strada provinciale da Toscolano 
a Gargnano nl primo decennio del 1900.

a Gargnano nel primo decennio del 1900.

venerdì 28 febbraio 2014

MIO PADRE LAVORO' NELLA VILLA DEL DUCE A GARGNANO NEL 1943




            Da alcuni anni la nota Villa Feltrinelli di Gargnano che ospitò Mussolini e la sua famiglia durante il periodo della R.S.I. è stata trasformata in un lussuoso albergo, divenendo questo luogo un tassello importante della nostra storia.
        La notizia mi ha rammentato che mio padre, un tempo noto pittore-decoratore della zona,fu “chiamato” ad eseguire alcuni lavori urgenti di pittura nella suddetta villa.
        Lo conferma anche un documento in mio possesso (che qui sotto riporto) datato 4 novembre 1943 rilasciato appunto a mio padre, Giovanni De Rossi, (indicato erroneamente in Rossi sul permesso) dal Comando Militare tedesco di Gargnano e controfirmato da Renato Tassinari, Segretario particolare del Duce. Si tratta di un permesso speciale scritto in tedesco ed italiano valido fino al giorno 6 dello stesso mese, per entrare nella Villa Feltrinelli di Gargnano a scopo di lavoro dove dal 10 ottobre era ospitato il Duce e la sua famiglia.
            Erano trascorsi appena venticinque giorni dall’arrivo di Mussolini, da poco liberato dai tedeschi dalla prigione del Gran Sasso, quando la mattina del 4 novembre 1943 si presentò a casa mia un Ufficiale tedesco del Comando situato alla Villa Mimosa in località Bornico di Maderno (individuato poi per il sig.Dieme che, dopo la fine della guerra, si trattenne a Maderno con la moglie fino alla sua morte). Con modo gentile, ma con altrettanta fermezza ed autorità, ordinò a mio padre di recarsi immediatamente alla Villa Feltrinelli di Gargnano, per effettuare urgenti lavori. Le pareti esterne della villa erano state da poco ridipinte mimetizzandole con colori scuri affinchè l’edificio sfuggisse all’attenzione dei velivoli anglo-americani. Solo successivamente si erano accorti che erano rimaste escluse le cornici esterne delle finestre le quali, essendo molto chiare, risaltavano ancor più di prima e quindi si dovevano renderle meno evidenti.
            Mancando allora qualsiasi mezzo pubblico o privato, mio padre fu subito caricato su un mezzo militare tedesco e portato a destinazione superando così facilmente tutti i vari posti di blocco italiani e tedeschi che si trovavano sulla strada.
            Nel giro di due giorni svolse il lavoro affidatogli sotto la diretta sorveglianza dei soldati tedeschi adibiti alla sorveglianza di Mussolini.
            Nonostante mio padre fosse pittore decoratore non poteva in quel momento permettersi di rifiutare le sue prestazioni. D’altra parte erano già parecchi anni, data la grave crisi economica, che per poter lavorare era divenuta una fortuna quando  gli si presentava la possibilità di fare l’imbianchino.
            Le cose erano diverse negli anni ‘20 e ‘30 quando per moda e per passione i benestanti amavano decorare le loro ville internamente ed esternamente.
            Ne sono tutt’ora a testimonianza alcuni suoi lavori. A MADERNO l’ex Palazzo Bianchi (ora Hotel Golfo) che venne decorato esternamente in graffito , l’Hotel Milano, la Villa Sirenella di Via Aquilani, la casa ex Vezzoni in Piazza , il soffitto della sala  da pranzo dell’Hotel Maderno dove risaltano i limoni, principale prodotto locale di un tempo, e le porte interne di Villadele, quando era ancora un Albergo di lusso., ed altri ancora cancellati dall’incuria e dal tempo.Quelli dell’Hotel Milano e della ex casa Vezzoni sono  invece stati recentemente restaurati.
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A Gavardo prestò la sua opera, tuttora visibile, alla Casa di Riposo “La Memoria”, divenuta ora Ospedale, poi  in un altare della Parrocchiale e la facciata di una villa  che si trova sulla statale poco distante dal centro.
            Egli lavorò anche in alcune sale del Castello Sforzesco di MILANO e nell’interno della Cattedrale di S.Lorenzo a LUGANO..






venerdì 17 gennaio 2014

VALLI DELLE CARTIERE E DELLE CAMERATE

Strada ingresso alla Valle Cartiere









I centri di Maderno e Toscolano sono separati dal torrente Toscolano che, proveniente dal Monte Caplone, in Valvestino, dopo aver percorso oltre venti chilometri, attraversa le Valli delle Camerate e delle Cartiere per poi sfociare nel lago, al centro di un vasto promontorio. Salvo casi eccezionali, dovuti alle forti e persistenti precipitazioni, il torrente si è ora ridotto ad un modesto ruscello alimentato da alcuni piccoli affluenti laterali che s’inseriscono dopo lo sbarramento della diga di Valvestino, costruita negli anni Sessanta del ‘900 dalla Società Valdarno (in quell’epoca non vi era ancora la nazionalizzazione delle industri elettriche). Fu in queste valli che diversi secoli fa s’installarono numerosi opifici per la fabbricazione della carta e la lavorazione del ferro, proprio per sfruttare l’energia idraulica del Toscolano.
In passato il torrente fu quindi un importante ed indispensabile fornitore d’energia idraulica che serviva le numerosissime industrie, non solo cartarie, installatesi nelle valli nel corso degli anni con conseguente impiego di numerosa manodopera.
Per dare un’idea di come questo stretto corridoio fosse coperto in ogni angolo da opifici che sfruttavano al massimo la forza idraulica, basti pensare che nel Seicento, epoca, tra l’altro, nella quale ha avuto inizio un lento, ma inarrestabile declino di queste attività, funzionavano una cinquantina di cartiere nelle quali trovavano lavoro oltre 500 operai.
I resti della prima cartiera, quella di Garde s’incontrano a poche centinaia di metri dall’ingresso della valle, mentre quelli di numerose altre si snodano fino alla località Covoli, salvo quelli dello stabilimento di Maina inferiore i cui resti sono stati completamente recuperati e restaurati per accogliere il “Centro di eccellenza”, che è stato inaugurato ufficialmente il 2 giugno 2007.
I pochi resti degli opifici rappresentano quindi una testimonianza del passato e riassumono secoli di storia, cultura e vita. Sono sparsi nelle diverse località il cui nome è ricordato solo nelle vecchie mappe. Iniziando dall’ingresso della Valle delle Cartiere troviamo: Garde, Quattro Ruote (la località richiama il numero delle ruote che la fabbrica di carta esistente aveva per muovere i magli che trituravano gli stracci), Lupo, Maina di sotto.o Macallé.
            Proprio in questo stabilimento abbandonato fin dal 1962, che stava andando in completa rovina nel quale nei secoli scorsi si sono avvicendati valenti fabbricatori di carta come i Delay, i Veronese, gli Hell, gli Emmer, i Bianchi-Maffizzoli, i Donzelli ed, infine la cartiera di Toscolano dei Marchi. Dopo la cessione dell’intera valle al comune, avvenuta nel 1990, il Comune ha deciso di trasformare la  vecchia fabbrica in un Museo grazie ad un finanziamento Europeo di 6 milioni di Euro: E’ sorto così un “Centro di eccellenza”  dedicato alla filiera carta-stampa, diventando uno dei più grandi Musei italiani del genere, L’inaugurazione è avvenuta il 2 giugno 2007, dopo 665 giorni lavorativi, alla presenza di numerose autorità. Il nuovo edificio ha una volumetria di 14.000 mc. Ed è distribuito in cinque corpi di fabbrica per una superficie complessiva di circa 3000 mq..
            Negli anni successivi è stato aggiunto un reparto speciale nel quale sono state esposte, in otto contenitori, n.256 immagini d’epoca di Toscolano-Maderno e diversi manifesti e proclami esposti nel corso dell’ultima guerra che lo scrivente ha donato all’Amministrazione comunale
Più avanti si trova Maina di sopra (dove esiste solo il malridotto “palazzo” della famiglia Maffizzoli, proprietaria di diverse cartiere), Vago, Caneto, Gatto, Luseti, Lume, Covoli e Camerate. La maggior parte si trovava sul territorio di Toscolano, in quanto fino al “palazzo Maffizzoli” il confine con Maderno era segnato dal torrente. Poi, la linea di confine non faceva più riferimento al torrente, ma in linea d’aria saliva dritta fin sopra la cima del Monte Pizzocolo.
Per meglio apprezzare l’abilità e la tenace volontà di chi ebbe il coraggio di far sorgere nelle valli tutte queste industrie, non bisogna dimenticare un particolare importante. Le industrie si trovavano in sostanza “rinchiuse” nella Valle delle Cartiere in quanto la strada d’accesso con relative gallerie fu costruita solo nel 1872 a cura di sette imprenditori cartai e dal Comune di Toscolano quando, purtroppo, lo sviluppo di queste attività era in netto calo. Prima, la valle si poteva raggiungere a soltanto a piedi per mezzo di uno stretto e pericoloso sentiero chiamato “delle assi” che s’inerpicava sulla ripida roccia dove poi fu costruita la strada. La fornitura della materia prima alle industrie e lo smercio del prodotto finito avvenivano con carri agricoli, attraverso stradine che collegavano sia Pulciano che Gaino con la valle. Possiamo immaginare quindi con quali difficoltà si svolgevano i trasporti.
Nel XV secolo gli opifici situati alle “Camerate” erano posseduti dalla famiglia Camarattis, dai quali prese appunto il nome la località. Nel secolo successivo ne divennero proprietari gli Assandri, di Gaino, soprannominati Delay, le cui officine fornivano bombe, ancore e catene alla Serenissima, dalla quale ricevettero numerose benemerenze e furono anche insigniti del titolo nobiliare nel 1690 col doge Morosini. Gli Assandri, chiamati ormai Delay, cedettero le loro fabbriche ai Bottura di Gardone Riviera. Questi, nel 1801, le cedettero ai Visintini della “Religione” di Toscolano.
In località Luseti, dove esistevano ben cinque fabbriche di carta, alle quali vanno aggiunte quelle dei centri vicini, nel XVI secolo la ricca famiglia Tamagnini, proprietaria di una cartiera a Lume, luogo poco distante, costruì una chiesetta dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, i patroni dei “gualchierai”, cioè degli operai addetti al funzionamento dei folli delle cartiere.
La rivoluzione industriale verificatasi verso la fine dell’Ottocento, con l’avvento dell’energia elettrica, portò progressi tali da rendere fuori mercato queste piccole fabbriche. Nel 1905 i fratelli Maffizzoli, proprietari delle più importanti fabbriche di carta della valle, a seguito delle nuove pressanti esigenze produttive e della necessità d’ampliamento e di ammodernamento tecnico, furono costretti a prendere la drastica decisione di trasferire la loro attività a Toscolano, in località Capra, dove, nel 1906, diedero inizio alla costruzione di un grande stabilimento, inaugurato il 19 marzo 1910.
Questa decisione segnò l’inizio della progressiva decadenza delle industrie cartarie nella Valle delle Cartiere, mentre in quella delle Camerate erano scomparse già dal secolo precedente. Nel 1904 gli opifici si erano ridotti a sette, di cui quattro appartenevano alla ditta Maffizzoli; negli anni successivi, sparirono completamente. Buona parte furono demoliti; degli altri si vedono pochi ruderi ingoiati dalla fitta vegetazione. L’addio definitivo a questa valle l’ha dato la cartiera delle Garde nel 1959 e per ultima quella di Maina inferiore (Macalé) nel 1961, che i Maffizzoli ed i loro successori mantennero attive fino al loro definitivo trasferimento nello stabilimento di Toscolano.
Per raggiungere, invece, la valle delle Camerate con automezzi occorre passare attraverso la frazione di Gaino. Nel giugno 2004, dopo parecchi decenni di chiusura, è stata ripristinata la passerella posta nella strettoia tra Luseti ed i Covoli dopo aver fatto lavori di messa in sicurezza; perciò, a piedi, dalla Valle delle Cartiere ci si può inoltrare per quella delle Camerate.
Visitando queste valli, ora divenute un sito d’archeologia industriale, ci s’immerge contemporaneamente anche in una particolare e florida vegetazione caratterizzata dalla presenza di numeroso capelvenere, la cui crescita sulle rocce è facilitata dalle infiltrazioni d’acqua che scende dall’alto, e di cipressi, olivi e lecci. Si tratta, insomma, di una passeggiata non solo culturale ma anche salutare in un ambiente non certo inquinato.
            Nel 2002  un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova, diretti dal Prof:Brognolo e dalla Dott.ssa Luisa Cervigni ha effettuato scavi archeologici in località “Gatto”, vicino al ponte in pietra che collega con Luseti crollato nel 1938 riportando alla luce i resti di un’antica piccola cartiera. Nel 2005 gli stessi si sono spostati sulla strada fra Maina sup. eVago per scavare sui resti di un’altra piccola cartiera risalenti al Cinquecento. Nel 2006 invece a Maina di mezzo. Quest’ultimi hanno dato esiti clamorosi..
. Dopo aver asportato la numerosa vegetazione  e la terra che copriva i resti di questo opificio, sono venuti alla luce alcuni piccoli locali. In uno di questi sono state trovate, da una parte, n.6 vasche rettangolari scavate in un unico blocco di pietra e, dall’altra di fronte  a queste un altro masso intero di pietra con diversi fori tutti delle stesse dimensioni nei quali venivano installati dei pestelli di legno o “folletti” che, azionati dall’energia idraulica di un canale che scorreva di fronte al piccolo stabile, battevano violentemente, come martelli, gli stracci posti nelle vasche di fronte riducendoli ad una poltiglia. Questa, dopo essere stata pressata ed asciugata, veniva trasformata in fogli di carta. In un locale attiguo è stato rinvenuto un piccolo forno costruito in pietra e mattoni che doveva servire a far bollir la colla necessaria per impermeabilizzare la carta onde evitare che l’inchiostro non si trasferisse nel retro del foglio. In questi locali sono stati rinvenuti anche numerosi attrezzi dell’epoca, che saranno collocati nel Museo della Carta.
            Tali importanti reperti sono stati recintati e, in seguito, si dovrà pensare ad eseguire le opere necessarie di conservazione degli stessi in modo che diventino un patrimonio culturale permanente a disposizione del pubblico.
Parlando della Valle delle Cartiere non posso fare a meno di ricordare mia madre che per alcuni anni abitò dagli zii presso la cartiera di Maina inferiore o Macallè (attuale museo della carta). La stessa rimase orfana del padre G.Battista quando ancora era una bambina e visse per un pò di tempo presso la zia Luigia Belloni che aveva sposato il direttore di questa cartiera, un certo Tullio Bianchi da Pisogne, il quale esercitò tale mansione per circa venti anni fino  alla sua morte avvenuta nel 1912.      In quel tempo, non esistendo ancora la radio le notizie si apprendevano solo dai giornali  i quali giungevano a Toscolano soltanto alla sera. Lo zio, volendo essere aggiornato su gli avvenimenti, la mandava in paese ogni sera per l'acquisto del giornale per cui doveva percorrere, al buio naturalmente, la strada per l'uscita dalla valle. Pur prestandosi con volontà, non poté  mai sopprimere la paura e l'ansia quando svolgeva tale incarico.

                                                                                              


La cascata che non c'è più